Arte & Mostre

La «Battaglia di Cascina» svela particolari inediti

Dopo l’enorme eco suscitata dall’esposizione al Museo Horne di Firenze del «Crocifisso in legno di tiglio», che con una proposta attributiva dei più importanti studiosi è stato associato a un possibile lavoro di Michelangelo giovane, la «Battaglia di Cascina» disvela la sua storia: 500 anni dopo. Si tratta di nuove letture di preziosi documenti conservati al Museo della Fondazione Horne grazie alla lungimirante acquisizione di Herbert P. Horne nel lontano 1909. I documenti sono relativi ai Cartoni della «Battaglia di Cascina».

Documenti che, riletti dalla storica dell’arte Ludovica Sebregondi, portano finalmente una chiarezza significativa sulla vicenda della realizzazione dei Cartoni che Michelangelo approntò per la «Battaglia di Cascina» prevista per il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio.Il mese di settembre del 1504 fu straordinario per Firenze: l’8 il «David» fu «svelato» all’ammirazione dei cittadini e il 22, esattamente cinquecento anni fa, Michelangelo ottenne dalla Università dei Tintori la concessione della Sala nella quale avrebbe lavorato ai Cartoni della «Battaglia di Cascina». Tommaso Soderini, Gonfaloniere a vita dal 1502, volle infatti legare il proprio nome a grandi imprese artistiche: oltre al «David», la decorazione della Sala del Maggior Consiglio, il principale organo consultivo repubblicano. Fu deciso di rappresentare nella Sala di Palazzo Vecchio, poi trasformata da Vasari e nota come Salone dei Cinquecento, episodi di guerre combattute dal Comune fiorentino: la battaglia di Cascina contro i Pisani del 1364 e la battaglia di Anghiari contro i milanesi avvenuta nel 1440.

Le opere furono commissionate entrambe a Leonardo. Ma Soderini si rese ben presto conto che il genio di Vinci, impegnato anche nel progetto per la deviazione delle acque dell’Arno, non aveva tempo per realizzare entrambe le opere. E Soderini commissionò allora a Michelangelo la «Battaglia di Cascina».

Appena 15 giorni dopo che il «David» era stato mostrato ai fiorentini (8 settembre), venne deliberata l’assegnazione da parte dell’Università dei Tintori della grande sala dello spedale dove Michelangelo lavorò per i Cartoni della grande opera da realizzare a Palazzo Vecchio: «Item addì 22 di settembre 1504 fu concessa per corpo d’arte auctorità a’ Capitani di concedere alla Signoria /o/ a Michelagnolo Buonarroti dipintore la sala grande dello spedale durante el tempo de dicti capitani». Nel documento c’è tutta la relazione che corre tra la grande impresa dei Cartoni michelangioleschi per la «Battaglia di Cascina» e l’Università (cioè confraternita di mestiere) dei Tintori, che fu alla base pratica della realizzazione dell’opera. Il grande complesso che ospitò Michelangelo occupa una vasta superficie fra via dei Malcontenti e via Tripoli, e recentemente è stato acquisito dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

Perché fu scelta proprio la Sala dei Tintori? Sicuramente perché si trattava di un ambiente immenso (circa 24 metri x 10, come ha potuto stabilire l’architetto Ulisse Tramonti, che ha individuato nell’antico edificio, poi completamente ristrutturato, l’area che occupava la grande sala) e poi era poco frequentato, come si addiceva alla riservatezza di Michelangelo.

Nel marzo 1505 Michelangelo fu chiamato a Roma da Giulio II: si può affermare che avesse quasi terminato i Cartoni, ma la «Battaglia di Cascina» rimase allo stato di cartone e non fu mai realizzata ad affresco.

Leonardo cominciò a lavorare alla realizzazione della Battaglia di Anghiari sulla parete della sala di Palazzo Vecchio sperimentando una tecnica nuova, che determinò da subito il deterioramento del dipinto.

I Cartoni, ammirati e copiati, furono consumati dalla curiosità generale e dall’uso dei copisti, e delle due Battaglie sono rimasti alcuni disegni e poche copie eseguite da artisti del tempo.

«Mentre che stettero in pie’ furono la Scuola del Mondo», afferma Benvenuto Cellini. I due cartoni, colossali, furono per anni al centro dell’attenzione: le dimensioni, il significato civico, la novità della forma espressiva, la qualità straordinaria del disegno, la potenza delle figure colpirono l’immaginazione dei tanti artisti che accorrevano ad ammirarli.

Fra essi Vasari ricorda Aristotele da San Gallo, Ridolfo del Ghirlandaio, Francesco Granacci, Baccio Bandinelli, Alonso Berruguete e ancora Andrea del Sarto, il Franciabigio, Iacopo Sansovino, il Rosso, Maturino, il Tribolo, Iacopo da Pontormo e Perin del Vaga. I nuovi documenti e la individuazione della localizzazione della sala permettono una lettura che fa luce su una vicenda a tutt’oggi incerta e confusa e che porta a una rilevantissima conoscenza storico-artistica del grande genio fiorentino.