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VOLTO SANTO, STORICI LUCCHESI CONTESTANO LA SCOPERTA DELLA MAETKE

Il Volto Santo continua a non avere pace. Due mesi fa la sovrintendente di Arezzo Anna Maria Maetzke aveva annunciato la clamorosa scoperta di un documento che proverebbe che il Volto Santo conservato nel Duomo di Sansepolcro sarebbe l’antico crocifisso ligneo venerato dai lucchesi che nel 1179, dopo averlo sostituito con una copia, lo vendettero ai frati biturgensi.

La notizia, accolta con scetticismo e sorpresa a Lucca, viene oggi autorevolmente contestata da un gruppo di studiosi, tra i quali il presidente dell’Istituto storico lucchese, Antonio Romiti, il direttore dell’Archivio di stato di Lucca, Giorgio Tori, il direttore dell’Archivio arcivescovile, mons. Giuseppe Ghilarducci, e il direttore della biblioteca statale Marco Paoli. Secondo gli studiosi lucchesi il documento, del quale la Maetzke non ha ancora rivelato la collocazione, «è pieno di errori che ne mettono in dubbio l’autenticità».

Il testo, conosciuto finora solo attraverso il catalogo della mostra «La bellezza del sacro» in corso ad Arezzo fino al 23 febbraio 2003, attesta la «cessione avvenuta il 4 giugno del 1179 del Cristo Tunicato di Lucca ai frati del Borgo di Arezzo – così si chiama anche oggi Sansepolcro – per settanta denari d’argento».

Dal punto di vista paleografico, il professor Armando Petrucci, docente di Paleografia presso la scuola Normale di Pisa, ha definito l’atto ritrovato dalla Maetzke, almeno stando alla sua riproduzione sul Catalogo, «un falso grossolano, per molti elementi: la forma praticamente di tutte le lettere, inconfrontabile con la tarda Carolina della seconda metà del XII secolo; l’uso del puntino sulla i, che in Italia compare solo nel XV secolo, le abbreviazioni inusitate, la datazione con l’indicazione sbagliata».

Ancora più severo l’attacco mosso dagli studiosi lucchesi in merito alla collocazione del documento, che la soprintendente non ha mai reso nota, annunciando che sarebbe stata pubblicata negli atti di un convegno sul Volto Santo tenutosi ad Engelberg nel settembre 2000. «Ci siamo messi in contatto con il professor Andreas Meyer, che cura la pubblicazione degli atti del convegno in questione – ha dichiarato Antonio Romiti – ed egli ci ha spiegato di aver posto alla soprintendente lo scorso 15 novembre come termine ultimo per comunicargli l’esatta collocazione del documento. Per quella data però – ha proseguito Romiti – la Maetzke ha comunicato a Meyer che la collocazione del documento era, genericamente, la parola “archivio” e questa indicazione, del tutto insufficiente, ha convinto Meyer a togliere dalla pubblicazione degli atti del convegno la parte dell’intervento della Maetzke in cui si fa riferimento al documento».

Romiti ha aggiunto di «non comprendere perché la sovrintendente di Arezzo tenga nascosta un’informazione così fondamentale e non indichi in quale archivio o in quale luogo il sedicente documento sia conservato. E anche se il documento non fosse un falso clamoroso, non rappresenterebbe comunque alcun elemento di prova: come tutti possono verificare leggendo il catalogo della mostra aretina, l’atto non contiene alcun riferimento né al Volto Santo di Lucca né a Lucca. Siamo quindi di fronte ad un’interpretazione assolutamente priva di fondamento scientifico e totalmente fantasiosa».

Intanto ad Arezzo Anna Maria Maetzke replica a quanto sostenuto da Lucca e «conferma che il documento lucchese esiste e che non ci sono motivi per pensare che non sia valido». Conferma inoltre che il documento ritrovato è «una prova ulteriore che si va ad aggiungere ai risultati del restauro eseguiti dalla Soprintendenza aretina sul Volto Santo di Sansepolcro. Il restauro – infatti – prosegue la nota della Soprintendenza aretina – ha confermato che si tratta di una scultura di epoca carolingia, con un’oscillazione cronologica tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo e che quindi il Volto Santo di Sansepolcro è il più antico fino ad oggi conosciuto».