Cultura & Società

ARTE: IN MOSTRA IL CROCEFISSO ATTRIBUITO A MICHELANGELO

Una scultura piccola ma possente nella sua bellezza, perfetta nei particolari del corpo, il turgore della pancia, il profilo delle scapole, del costato e dei muscoli delle braccia tese e inchiodate alla croce. Per gli esperti che l’hanno studiato a lungo – una decina d’anni – il Cristo Crocifisso ligneo che da domani fino al 4 settembre, in prima visione assoluta, sarà in mostra nel museo Horne di Firenze, per qualità artistica e perfezione anatomica non può essere che di Michelangelo. Un Michelangelo giovane – l’opera sarebbe stata realizzata intorno al 1495 dall’artista ventenne – che rivela tuttavia una grande sapienza anatomica, assimilata attraverso un’assidua pratica di dissezione. Gli esperti che hanno esaminato il piccolo crocifisso in legno di tiglio (alto 41,3 cm), sottoponendolo alla Tac hanno scoperto che Michelangelo – se l’attribuzione è corretta – ebbe un ripensamento durante l’opera. La testa del Cristo, che Michelangelo volle raffigurare ormai morto, era inizialmente troppo poco inclinata e non in concordanza con il realismo di un corpo morto attaccato con i chiodi alla croce. Quindi – come ha indicato l’analisi del legno – l’artista resecò il collo e lo ricongiunse al corpo con l’inserimento di una zeppa a cuneo dello stesso legno portando la torsione della testa fino al limite massimo della sua escursione.

Il Crocifisso è di proprietà di un antiquario torinese, Giancarlo Gallino, che lo acquistò da una famiglia fiorentina. L’ha esaminato un gruppo di studiosi, Giancarlo Gentilini (università di Perugia), Umberto Baldini (Firenze) e Luciano Bellosi (università di Siena), affiancati per lo studio del legno, per gli esami anatomici e per la Tac da Marco Fioravanti, Massimo Gulisano e Pietro Antonio Bernabei.

«La certezza dell’attribuzione – ha spiegato Giancarlo Gentilini – è fondata su riscontri di carattere stilistico e non documentale: d’altra parte ci sembra naturale che un’ opera del genere, nata per un privato, sia subito scomparsa in una casa e mai esposta. Per noi è una certezza, anche nel suo confronto con altre opere del Michelangelo, come il Crocifisso di Santo Spirito, ma per rispetto del pubblico la presentiamo come una proposta di attribuzione e invitiamo altri esperti a valutarla».

Il Crocifisso di Michelangelo è esposto nel museo Horne insieme con altri due coevi, anch’essi di piccole di dimensioni, eseguiti presumibilmente nello stesso periodo da Baccio di Montelupo e da Giuliano da Sangallo. I due crocifissi sono stati sottoposti agli stessi esami «dimostrando che dei tre – ha spiegato il professor Baldini – solo quello di Michelangelo denuncia una eccezionale conoscenza anatomica». Non ha poi sorpreso gli studiosi il fatto che Michelangelo, dedito a imprese titaniche, si sia espresso in un piccolo crocifisso in legno. «Risulta storicamente assai plausibile – ha ricordato Giancarlo Gentilini – che al giovane Michelangelo, amico di Baccio da Montelupo, e come lui legato agli ambienti savonaroliani cui si deve la diffusione dei piccoli crocifissi, non dovettero certo mancare le opportunità di intagliare simili immagini che intorno al 1495 gli potevano essere richieste proprio dai suoi principali committenti: i frati di San Domenico a Bologna o Lorenzo di Pierfrancesco dè Medici». (ANSA).