Cultura & Società

Alimentazione, da Firenze una conferma: meno calorie, più salute

Meno calorie, più salute: restrizione calorica quale opzione terapeutica, ovvero dieta mediterranea e dieta chetogenica come mix vincente. È stato questo l’argomento attorno al quale hanno ruotato le tavole rotonde tenutesi in diversi prestigiosi atenei italiani con accreditamento E.C.M.e che ora vedranno la sessione conclusiva il 14 ottobre alle 9.00 a Firenze presso l’aula magna del Nic  – padiglione 3 – in largo Brambilla 3. Il «gotha degli studiosi» si riunisce questa volta per concludere il ciclo di eventi tirando le fila degli interventi precedenti. A questo prestigioso appuntamento finale interverranno  Antonino De Lorenzo, Laura Di Renzo, Giovanni Sorrenti, Gianfranco Liguri, Luigi Galli e Andrea Ungar. Le sessioni precedenti hanno coinvolto le Università degli studi di Roma Tor Vergata, Università degli studi di Roma Sacro Cuore, Università di Napoli Federico II, Universita della Calabria a Cosenza, l’Università degli studi di Catania, l’Università degli studi di Chieti «Gabriele d’Annunzio» e l’Università degli studi di Firenze.

Uno degli interventi più studiati e conosciuti per determinare un aumento dell’aspettativa di vita è rappresentato dalla restrizione calorica, uno stile nutrizionale che comprende una serie di interventi alimentari utili al benessere della persona.

In questo scenario ben si inquadrano due tipologie di dietoterapia presentate in ogni incontro: la prima basata sui dettami della Dieta Mediterranea italiana di riferimento, in grado di ridurre del 26% in 20 anni la mortalità per patologie cardiovascolari in conseguenza ad un aumento dell’indice di Adeguatezza Mediterranea (MAI) di 2,7 unità, la seconda su un protocollo proteico chetogenetico, per il suo ruolo nella lotta alle patologie degenerative, all’obesità e al sovrappeso.

Una dieta chetogenteica (VLCKD), caratterizzata da un quantitativo di carboidrati inferiore a 50gdie e da un apporto calorico ridotto, assicura, già nel breve periodo, un’importante calo ponderale per perdita di massa grassa. La carenza di glucosio determina produzione di corpi chetonici, i quali migliorano il tono dell’umore e sono capaci di agire sul sistema nervoso centrale inducendo un senso di sazietà grazie alla riduzione dei livelli di grelina.

Una alimentazione di questo tipo, quando prescritta e monitorata da uno specialista e protratta per un periodo limitato di tempo, garantisce alti profili di efficacia e sicurezza.

Questo particolare protocollo consente al paziente di perdere peso diminuendo la propria massa grassa, risparmiando, al contempo, la massa magra. I livelli di chetonemia rimangono ben distanti da quelli patologici, tipici ad esempio della chetoacidosi diabetica, attestandosi mediamente intorno a 0,33-0,72mML.

Gli effetti della chetosi alimentare sono ampiamente documentati e portano ad una maggiore respirazione mitocondriale, una maggiore produzione di fattori neurotrofici, una maggior produzione di glutatione e GPx, accanto ad una minor espressione di mediatori pro-infiammatori e di mediatori pro-apoptotici. Inoltre il quoziente respiratorio dei pazienti si attesta su valori inferiori a 0,70 a confermare che il substrato energetico utilizzato è costituito, prevalentemente, da grassi.

Gli effetti benefici non si limitano però alla perdita di peso ed il protocollo chetogenetico può essere considerato una «terapia metabolica» particolarmente utile in caso di dislipidemie, sindrome metabolica, e per gli esordi di diabete mellito di tipo 2.

Secondo Laura Di Renzo, professore associato della Sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, «per ottenere i risultati attesi e non incorrere in alcun nocumento, quale la perdita di massa muscolare che accompagna il calo peso, è necessario innanzi tutto individuare gli indicatori di efficacia della dietoterapia per poi personalizzare l’intervento sulla base del dispendio energetico, della composizione corporea, dei valori bioclinici e sulla genetica». «Negli ultimi decenni si è assistito a una transizione alimentare che rappresenta il fattore di rischio principale nell’insorgenza delle malattie non trasmissibili, soprattutto per quanto riguarda l’obesità, le malattie cardiovascolari, il diabete e alcuni tipi di tumore – ha spiegato De Lorenzo, direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata,   – Esiste quindi la necessità di affrontare tale problematica applicando i principi di una Medicina attiva, che sia predittiva, preventiva, personalizzata e partecipata (Medicina delle 4 P) anche in ambito nutrizionale. I processi infiammatori rappresentano uno dei fattori di rischio più importanti per l’insorgenza di molte malattie non trasmissibili e gli interventi che li contrastano ne possono determinare il rallentamento o la prevenzione, migliorando così la qualità della vita. Lo scopo del ciclo di eventi organizzati – ha concluso De Lorenzo – è quello di far luce su diversi aspetti della restrizione calorica e dare uno spunto di riflessione per il suo utilizzo nella nutrizione clinica».