Cultura & Società

CRUSCA: MANCANO FONDI, APPELLO PER ACCADEMIA IN CRISI

Accademia della Crusca in crisi, mancano i fondi. Per la più antica custode della lingua italiana i conti non tornano più. A raccogliere l’allarme e a girarlo alle istituzioni competenti sono il deputato Gugliemo Picchi, eletto all’estero ma fiorentino di origine, e Dario Nardella, presidente della commissione cultura di Palazzo Vecchio. Il primo con un’interrogazione parlamentare, il secondo con una lettera agli onorevoli e senatori di Firenze. Borse di studio al minimo storico, ferma la pubblicazione di nuovi studi, impossibilità di acquistare libri, precariato diffuso con contratti di collaborazione al massimo trimestrali, cinque dipendenti in tutto e attività accademica che si svolge solo su base volontaria, un ammanco di 250 mila euro per completare i programmi 2007 e un debito di circa 3 milioni di euro nei confronti del Demanio, proprietario della sede. Questa ad oggi la situazione dell’Accademia, come avverte la sua vice presidente Nicoletta Maraschio. “Negli ultimi due anni – spiega la professoressa – più che fare ricerca cerchiamo di far quadrare i conti per non scomparire. Cerchiamo finanziamenti presso privati, sponsorizzazioni ma non è più possibile continuare in queste condizioni. E’ indispensabile un aumento della dotazione ordinaria e risolvere quanto prima la questione relativa alla nostra sede, la Villa Medicea di Castello di proprietà del Demanio”. Attualmente l’Accademia può contare su tre finanziamenti ordinari: 220 mila euro l’anno circa dal ministero per i Beni culturali, 32 mila euro dalla Regione Toscana e 17 mila dal Comune di Firenze. I progetti speciali sono sostenuti dal Cnr e da privati come Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Associazione amici della Crusca e Fondazione San Paolo di Torino. “Confidiamo nell’otto per mille – continua Maraschi – che resta comunque una toppa. Per uscire dalla crisi occorre rivedere i fondi per la gestione ordinaria che da sola ci porta via ogni risorsa: riscaldamento, portierato, manutenzione, servizi base. I fondi vanno via per questo e per la ricerca ci resta ben poco. Speriamo che le istituzioni ci vengano incontro – conclude -. Qui è a rischio la storia culturale del nostro Paese”. (ANSA)