Cultura & Società

Cutigliano: studenti ricordano famiglia Baruch sterminata ad Auschwitz

Lezione di storia particolare quella per 11 ragazzi di Cutigliano, sulla montagna pistoiese, che questo giovedì 7 giugno, insieme a due insegnanti della scuola media «Alcide De Gasperi», deporranno una «targa della memoria» presso un’abitazione, nel centro del paese, dove per alcuni mesi fra il 1943 e il 1944 visse una famiglia di ebrei livornesi, sefarditi, qui sfollati ai tempi delle leggi razziali: la famiglia Baruch.

Isacco e Cadina, marito e moglie, rispettivamente di 54 e 44 anni, con i quattro figli di età compresa fra i 24 e i 14 anni (Michele, Clara, Susanna, Marco) erano saliti a Cutigliano, da Livorno, per sfuggire alle leggi razziali. La mattina del 21 gennaio 1944 vennero convocati alla stazione dei Carabinieri e condotti nel carcere fiorentino delle Murate. Il 22 febbraio furono portati a Fossoli e quindi caricati su un carro bestiame verso Auschwitz. Da lì riuscì a tornare vivo soltanto il figlio Michele che, decenni dopo, ha scritto un breve diario oggi custodito a Livorno presso la biblioteca della comunità ebraica.

«Approfondendo la storia ebraica e le persecuzioni ai danni degli ebrei – scrivono gli 11 alunni di IIA della «De Gasperi» – abbiamo ricostruito, con i professori di religione e di italiano, la storia della famiglia Baruch e il 7 giugno deporremo presso l’abitazione in cui vissero a Cutigliano una targhetta della memoria in modo da ricordare la tragedia di questa famiglia». L’appuntamento, organizzato dalla scuola media e dal Gruppo di Studi Alta Val di Lima, è alle ore 11 di giovedì 7 giugno davanti alla vecchia pensione «Catilina» (ex negozio «Giannini» di Cutigliano) con i ragazzi e gli insegnanti Andrea Lottini (religione) e Gianna Tordazzi (italiano). Sono stati invitati l’amministrazione comunale di Abetone Cutigliano, rappresentanti della comunità ebraica e dell’istituto pistoiese della resistenza.

La testimonianza di Michele Baruch sul viaggio che portò alla morte tutti gli altri componenti della sua famiglia, porta crude testimonianze su cui i ragazzi di Cutigliano hanno potuto riflettere: il viaggio di dieci giorni verso Auschwitz («nel carro bestiame ci era stato dato un fiasco d’acqua e dei barattoli di marmellata e di pane»), l’arrivo nel campo (dovendo indossare «mutande pidocchiose appartenute a qualche altro deportato deceduto»), le lotte quotidiane per sopravvivere, il lavoro nel campo («portare pietroni sulle spalle o con un carrettone o portare via i cadaveri dalla baracche per condurli ai forni crematori») con il sottofondo musicale di una polka («Rosamunda»), il pranzo con brodaglia di rape, la scoperta della vera funzione di quella ciminiera («le cui fiamme uscivano dipinte di mille colori»), le torture, le uccisioni.

A febbraio 1945 il giovane Michele, unico sopravvissuto della famiglia, fu spedito a Buchenwald che di lì a poco fu liberato. Michele, ridotto a pesare solo 31 chili, conclude il suo diario, scritto molti anni dopo, con un appello. «Noi scampati lotteremo con tutte le nostre forze perché tutti si sentano fratelli e amici». Ed è anche in base a queste parole che i ragazzi di Cutigliano deporranno la loro targa per ricordare i coniugi livornesi e i loro figli: persone innocenti che avevano cercato scampo nella bellezza di Cutigliano.