Cultura & Società

Don Aldo Mei nel 1932 scrisse di essere disposto a tutto per il Signore

Le Beatitudini proclamate da Gesù, sul Monte, sono il programma della vita cristiana, il giovane chierico Aldo Mei le assunse, trascrivendole sul suo quaderno di vita spirituale e commentandole in riferimento alla sua personale esperienza. Le scrive con inchiostro rosso, ad evidenziarne l’importanza, contrariamente alle altre pagine dove adopera l’inchiostro nero o il lapis, a conclusione del corso di esercizi spirituali che annualmente si tenevano in Seminario. Le sottoscrive «In nomine Domini» il 28 ottobre 1932.

Le beatitudini non seguono la logica umana, sempre accondiscendente verso scelte comode e di facile compiacimento. La logica di Dio è diversa: non indulge al successo, all’esaltazione del proprio io, alla brama del potere o della ricchezza, ma indica un percorso di sequela in salita, lungo una via stretta, che l’uomo non può percorrere con gli zaini ripieni delle proprie ricchezze e certezze. Nel primo step del cammino Gesù richiede la povertà, la spoliazione del cuore. Vuole che lo spazio più profondo del nostro essere uomini, sia pienamente libero per accogliere Lui vero ed unico bene assoluto. La sequela richiede uno sforzo, una fatica, una rinuncia, per entrare in una dimensione di vita spiritualmente più alta; non è sufficiente un’attrazione di un momentaneo entusiasmo emotivo, ma uno scavo profondo, nel quale lo «spirito», il cuore, viene messo a nudo.

La povertà di spirito è la vera e propria dimensione dell’uomo, riconoscendo la quale è possibile entrare nella comunione con il Creatore. «Chi sei tu? Chi sono io?», pregava S. Francesco sul Monte della Verna. Il Serafico Padre davanti alla santità di Dio confessava la sua povertà di spirito scoprendosi «Vilissimo vermine». Per raggiungere la perfezione, all’uomo di Dio serve una grande umiltà, necessaria per essere un buon servitore dell’Amore. E al vero amante di Dio e degli uomini occorre quindi un sacrificio più grande, senza il quale non esiste vero amore. La sequela può apparire accattivante e ragionevole, ma quanto più ci si avvicina alla vetta del Monte è richiesta la virtù della perseveranza per stare sulla Croce, additata dalla filosofia del mondo come una follia, ma al contrario è sapienza per coloro che amano Dio. Soltanto i veri discepoli seguono Gesù fino alla morte di Croce. Dietrich Bonhoeffer, pastore luterano, martire del nazismo, commentava: «Il regno dei cieli irrompe per loro (gli apostoli), che vivono semplicemente nella rinuncia e nelle ristrettezze per amore di Gesù. Nella povertà essi sono eredi del regno dei cieli. Il loro tesoro è nascosto nel profondo, essi lo hanno nella croce. Il regno dei cieli è loro promesso in una gloria visibile, e fin d’ora è donato loro nella perfetta povertà della croce.

Qui le beatitudini di Gesù si distinguono completamente dalle caricature che se ne danno in forma di programmi sociali-politici. Anche l’Anticristo chiama beati i poveri, ma non lo fa per amore della croce, nella quale è racchiusa ed è beata ogni povertà, ma proprio con l’intento di toglier di mezzo la croce, grazie a un’ideologia politico-sociale. L’Anticristo può chiamare cristiana questa ideologia, ma proprio per questo è il nemico di Cristo». Il linguaggio duro del sacrifico, i verbi di volontà e la coniugazione degli imperativi morali, che troviamo negli scritti di don Aldo, (solo in questo brano ricorre per otto volte voglio) dimostrano la sua ferma volontà nella sequela Christi, nella «croce» del sacerdozio. Lo sforzo che mette per entrare in una dimensione di vita più alta, per un servizio di lode a Dio e di carità verso il prossimo, fa tutt’uno con la volontà e il desiderio di una conoscenza più vicina, più vera, più intima del Signore, che concretizza nel tempo del seminario nell’ascolto e nello studio della sua Parola, poi nella fedeltà agli impegni del ministero. Don Aldo, il mite pastore di Fiano, fin da giovane chierico dimostra con i voti che scaturiscono dalle beatitudini, di essere disposto a perdere tutto, perché già tutto possiede nel Signore: «Deus meus et omnia!».

Conosce solo la forza della rinuncia e del sacrificio personale. Le sue armi furono la preghiera e la supplica: tutto attese dalle mani del Padre, e non si stancò mai di bussare, insistentemente, alla porta della Sua infinita misericordia, perché l’uomo nuovo potesse rinascere dalla grazia dello Spirito, ed entrare nell’eterna beatitudine.

Le beatitudini (Mt 5): dal Diario Spirituale di don Aldo Mei ritrovato nel 2012

«Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum».

Voglio essere pellegrino sulla terra – Tutto mi deve servire per raggiungere il mio termine Dio – la mia patria il cielo. Non amerò ne libri, ne vestimenti, ne comodi perché niente all’infuori del peccato è di mia assoluta proprietà.

«Beati mites, quoniam ipsi possidebunt terram».

Voglio usare bontà con tutti, ma specialmente con quelli che meno mi vanno a genio – Vigilerò sui sentimenti di gelosia per trasformarli in atti di cristiana carità.

«Beati, qui lugent, quoniam ipsi consalabuntur».

Voglio tenermi nell’abbiezione di tutti accettando serenamente e possibilmente con gioia le umiliazioni e ricordando di non avere niente che non abbia ricevuto e di essere da me solo fango – debolezza – miseria, Voglio corrispondere meglio che in passato al dono della Croce visibile.

«Beati, qui esuriunt et sitiunt iustitiam, quoniam ipsi saturabuntur».

Voglio in ogni evento vedere Dio – guardare a Lui, attendere tutto da Lui – Desidererò con frequenza il Paradiso dove saranno ricompensati i minimi dolori dell’esilio, cristianamente sopportati.

«Beati misericordes, quia ipsi misericordiam consequentur».

Voglio far scendere la divina misericordia su tante povere anime specie infedeli – con preghiera fervente e frequenti sacrifici – Dedico a ciò il sacrificio della attenzione e della diligenza nella scuola.

«Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt».

Voglio essere tutto – solo – sempre di Dio – Quando dovrò lasciare il Seminario rinnoverò l’offerta di questa vita a Dio.

«Beati pacifici, quoniam filii Dei vocabuntur».

Voglio essere sempre calmo e tranquillo, soprattutto nelle circostanze più preoccupanti perché sempre fisso in Dio – In particolare voglio essere sereno e tranquillo nel resistere alle tentazioni dei sensi.

«Beati, qui persecutionem patiuntur propter iustitiam, quoniam ipsorum est regnum caelorum».

Voglio perseguitare me stesso reprimendo e sradicando le cattive inclinazioni specialmente la Superbia e l’Accidia – starò all’erta per cogliere ogni occasione di mortificazione – la mortificazione di fatti deve essere la mia penitenza.

Nell’esame particolare di ogni giorno vedrò la fermezza nel combattere l’accidia adoperandomi all’attuazione di questo programma che si riassume nel motto «Deus meus et omnia!»

«In nomime Domini». 29 ottobre 1932. Ch. Aldo Mei