Cultura & Società

Grosseto, è morto Giorgio Albertazzi, ultimo «imperatore» del teatro

Vicina fino all’ultimo istante «con amore – si legge ancora nella nota diffusa – la moglie Pia Tolomei di Lippa sposata davanti a  Valter Veltroni nel 2007 nella chiesetta sconsacrata di Caracalla quando lui aveva 84 anni e lei 48». Domani, comunica ancora la famiglia l’addio al maestro nella tenuta di famiglia alla Pescaia di Grosseto. «Non sarà un funerale, perché il maestro desiderava così, ma un saluto agli amici».

Nato a Fiesole il 20 agosto 1923, figlio di operai, raccontava di aver recitato sin da bambino a villa Tatti di Bernard Berenson, dove il nonno era «maestro muratore», poi a scuola per amore di una professoressa, quindi aderendo a una filodrammatica e così via. Ma la sua carriera iniziò nel dopoguerra, superato il triste episodio dell’adesione alla Repubblica di Salò nel 1943, iniziativa mai rinnegata che nel ’45 gli costò l’arresto e una condanna per collaborazionismo a due anni in prigione. Studente di architettura, dopo una piccola parte nello storico «Troilo e Cressidra» di Luchino Visconti, a Boboli, dal 1950 per due anni fece parte della compagnia del Teatro Nazionale di Guido Salvini e il suo primo ruolo importante fu ne «Il candeliere di de Musset». Il salto vero avvenne quando nel 1956, a cominciare da «Il seduttore» di Diego Fabbri, cominciò a far coppia con Anna Proclemer, sua compagna anche di vita, riuscendo per quasi un ventennio ad essere tra i protagonisti della vita teatrale, proponendo classici moderni (da D’Annunzio a Pirandello), sia che andasse alla scoperta di autori contemporanei (da Sartre a Moravia), sia che facesse notizia affrontando testi come «Dopo la caduta», dramma di Arthur Miller su Marylin Monro e con regia di Zeffirelli (1964) o facesse scandalo, con «La Governante» di Brancati e regia di Patroni Griffi, nel 1965. Le sue interpretazioni ne fecero un divo della Tv degli anni Sessanta, tra teatro e sceneggiati, da «L’idiota» del 1959 a uno storico «Dottor Jeckyll» del ’68 di cui firmò anche l’innovativa regia. Del tanto cinema (oltre 60 film) lo si ricorda come  protagonista di «L’anno scorso a Marienbad» di Alain Resnais (1961), con cui vinse un Leone d’oro.

L’opera che lo aveva consacrato sui palcoscenici  è «Memorie di Adriano», lo spettacolo trattodal romanzo della Yourcenar, con regia di Maurizio Scaparro, che aveva recitato nel 1989, quando aveva 66 anni, e che aveva continuato per anni con oltre mille repliche.

«Facendolo parlo anche di me – confessò quando compì 90 anni – Del resto sento molto la fine della bellezza che si consuma che percorre questo testo, che coglie il momento in cui l’armonia tra corpo e anima si rompe ed entrano in conflitto. A certe battute mi sono sempre davvero emozionato, perché mi toccano nel profondo e penso, cercando di tenermi fuori, a tutti coloro che ho visto invecchiare, alla perdita della giovinezza che ho amato tanto».

«Con Giorgio Albertazzi scompare uno dei massimi interpreti del teatro e del cinema italiano contemporaneo». Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Attore versatile e innovativo – aggiunge il capo dello Stato -, ha saputo unire nella sua lunga carriera tradizione e modernità. Le sue interpretazioni dei grandi classici restano una pietra miliare nella storia dello spettacolo. Albertazzi, che ha dedicato al teatro l’intera esistenza, è stato punto di riferimento e maestro per generazioni di attori e registi».

« La notizia ci rattrista profondamente – ha dichiarato il presidente del Consiglio regionale toscano, Eugenio Giani -. Dopo Paolo Poli, Firenze e la Toscana perdono un altro gigante del teatro».

«Il nome di Albertazzi – aggiunge Giani – è associato agli ultimi settant’anni della cultura e dello spettacolo in Italia. Alla moglie Pia de’ Tolomei ed a tutte le persone a lui vicine e care, vadano le più sincere condoglianze del Consiglio regionale».