Cultura & Società

Islam e cristianesimo oltre ogni pregiudizio

di Romanello Cantini

Ci sono molti pregiudizi, alcuni noti altri meno, che stanno alla base delle ondate di violenza contro i cristiani di questo periodo in Iraq e più in generale nel mondo arabo. Quello più evidente e duro a morire è che non ci possono essere arabi che non siano musulmani e quindi un arabo cristiano è uno straniero se non un nemico o una quinta colonna.

Una ventina di anni fa Nasrallah, l’arcivescovo melchita di Pargi, raccontava che non era riuscito a convincere di essere un arabo e insieme un cristiano non un musulmano qualunque, ma addirittura un ex-ministro degli esteri tunisino. D’altra parte la identificazione fra razza e religione è una delle caratteristiche del nazionalismo puro in qualsiasi angolo del mondo compreso il nostro. Fino a settanta anni fa anche in Italia si insegnava a scuola che una nazione è un insieme di individui che hanno la stessa razza, la stessa lingua, la stessa cultura e la stessa religione. E se nel mondo islamico per alcuni la identificazione obbligatoria fra arabi e musulmani avviene per fanatismo, spesso la stessa confusione avviene per semplificazione anche fra i cristiani e si ignora che sia esistita una civiltà araba prima di Maometto così come si dà per scontato che da sempre musulmani e cristiani siano stati cani e gatti.

Esiste invece una civiltà araba che si è diffusa attraverso i regni di Petra (Giordania), Palmira (Siria) e Hira (Iraq) molto prima della apparizione del Profeta e un mondo arabo che si è convertito al cristianesimo quasi cinque secoli prima di convertirsi all’islamismo. Furono i cristiani che diffusero in questa vasta area il monoteismo e la lingua araba che sostituì l’aramaico e gli scribi cristiani di Hira elaborarono quei caratteri dell’alfabeto arabo con cui più tardi sarebbe stato scritto il Corano. Il vescovo Paolo di Samosatra fu un arabo cristiano che nel terzo secolo ricoprì la carica di grande elemosiniere della famosa regina di Palmira, Zenobia.

In genere anche nel nostro mondo si ritiene che i rapporti fra cristiani siano stati un ininterrotto cozzare di spade e di scimitarre come ai tempi delle crociate e si ignora che tanto più si risale all’indietro e ci si avvicina all’islamismo delle origini e alla età della rivelazione del Profeta tanto più i rapporti fra arabi cristiani e arabi musulmani sono di rispetto, di accordi reciproco, di collaborazione.

I cristiani della Mezzaluna Fertile, soprattutto se nestoriani e monofisiti, al momento della conquista araba si dimostrarono spesso disposti ad andare incontro ai nuovi padroni in odio a quella che ritenevano la oppressione della dominazione bizantina e dell’impero sassanide. Sarajun, un arabo melchita consegnò Damasco (635) al condottiero musulmano Khaled Ibn Al Walid e trattò le condizioni di resa che promettevano ai cristiani «sicurtà per la loro vita, la loro proprietà e le loro chiese». Secondo la tradizione Sofronio, il vescovo di Gerusalemme, trattò con il califfo Omar la resa della città (638), gli andò incontro a cavallo e poi gli fece da guida e lo scortò dentro le mura.

Almeno fino all’arrivo dei Mamelucchi che fra l’altro non erano arabi e che si impadronirono dell’impero musulmano alla vigilia delle crociate non c’è quasi mai traccia di persecuzione nel mondo arabo contro i cristiani nonostante alcune condizioni di minorità loro riservate, così come in genere non c’è traccia di animosità dei cristiani nei confronti dei musulmani. Anzi in genere i cristiani tendevano a sottolineare la libertà lasciata ai cristiani in fatto di fede religiosa in confronto alle continue intrusioni degli imperatori bizantini con la lotta verso le varie eresie. Michele Siriano, uno storico cristiano scriveva ancora nel XII: «I califfi non si sono mai impicciati di professioni di fede e non hanno mai perseguitato nessuno per questo motivo a differenza di quel che facevano i greci». Ci potevano essere cristiani persino a corte. Secondo la tradizione la moglie del califfo Moawiya (661-680), il fondatore della dinastia ommyade, era cristiana. Cristiani erano spesso anche i funzionari dei primi califfi e San Giovanni Damasceno (675-749) fu ministro delle finanze.

E durante il califfato ommiade e abasside la libertà culturale di cui poterono fare uso i cristiani nel mondo arabo fu tale che oggi potrebbe sembrare addirittura temeraria e provocatoria. Nella enorme produzione letteraria arabo cristiana di questo periodo poterono apparire opere di apologetica della propria religione in aperto confronto con l’islamismo. Alla fine del VII secolo fu pubblicata la immaginaria discussione pro-cristiana del nestoriano Timoteo, katholikos di Bagdad, con il califfo al Mahdi. Nel XI secolo il nestoriano Ammar al Basri contestò le accuse musulmane al cristianesimo e fu diffusa quella apologia dello pseudo- Kindi che confutava l’Islam in un modo che apparve così persuasivo dal punto di vista cristiano che fu tradotta in latino da Pietro il Venerabile nel XII secolo.

La libertà culturale e religiosa dei cristiani nel mondo islamico diminuì solo quando al dominio dei califfi arabi di Damasco prima e di Bagdad poi si sostituì il dominio dei Turchi Ottomani. Ad oscurare la presenza dei cristiani fra gli arabi ha contribuito nella seconda metà del secolo scorso da un lato lo schieramento del mondo occidentale identificato con la cristianità a fianco di Israele e dall’altro lo schieramento progressivo del nazionalismo arabo con il mondo comunista. Ma proprio nella nascita del nazionalismo arabo nel secolo scorso i cristiano-arabi hanno avuto un grande ruolo.

«Il risveglio del mondo arabo», cioè il testo fondamentale del nazionalismo arabo, fu opera nel 1905 di un cristiano libanese. I tre grandi giornali egiziani, «Al Ahram», «Al Makattar», «Al Hilan» furono fondati da famiglie cristiane rispettivamente cattolica, protestante, ortodossa. Negli Anni Quaranta un cristiano, Michel Alfak, fu cofondatore, insieme al musulmano Salah ed Din al Bitar, del Baas, cioè del più importante partito socialista del mondo arabo che avrebbe governato fra gli altri la Siria e l’Iraq.

Per fortuna questa tradizione e questa rilevanza dei cristiani arabi non sembrano completamente dimenticati nemmeno oggi nonostante le violenze di questi anni e di questi mesi. Ad esempio Iyad Allawi, il leader del Blocco Iracheno che contende all’attuale premier Al Maliki la guida dell’Iraq si è ripetutamente e pubblicamente pronunciato per la difesa e la rivalutazione di questo ruolo anche se oggi appare patrimonio di una piccola minoranza.