Cultura & Società

Le feste di Capodanno e della Circoncisione

Fissata al 25 dicembre la data del Natale, cade necessariamente dopo otto giorni la festa della Circoncisione, secondo quanto dice Luca (II, 21): «Dopo otto giorni dalla nascita, al termine dei quali doveva essere circonciso, venne imposto al bambino il nome di Gesù com’era stato chiamato dall’angelo prima ancora che fosse concepito nel seno materno».

Ciò seguiva la legge mosaica (Genesi XVII, 13) che prevedeva nell’ottavo giorno dalla nascita la cerimonia per cui un neonato veniva riconosciuto figlio di Abramo entrando a far parte del popolo eletto. Ciò fu il segno del patto di alleanza tra Dio e Abramo (Genesi XVII, 6-12): «Tutti i vostri maschi saranno circoncisi. E voi circonciderete la vostra carne in segno d’alleanza tra voi e me». Era una cerimonia cruenta che non doveva avvenire necessariamente nel tempio: si poteva svolgere anche a casa dove toccava al padre imporre il nome al neonato e fare l’operazione consistente nel taglio doloroso eseguito intorno al membro del bambino e i teologi sostengono che quelle poche gocce di sangue sparso sarebbero bastate a redimere il genere umano. Sul piano simbolico è un segno dato pochi giorni dopo la nascita che il nel sangue sarebbe avvenuta anche la morte.

Il rito religioso era praticato da molti popoli: Egiziani, Arabi, Fenici; è conosciuto da popolazioni dell’Australia dell’America e dell’Africa. Dall’Antico Testamento deriva la connessione tra questa festa e la cerimonia dell’imposizione del nome. Dio infatti nel momento nel quale stabilisce il patto e impone la circoncisione cambia il nome ad Abramo (Genesi XVII, 5) e anche a Sara, stabilisce il nome di Isacco e anche in altri momenti fondamentali avviene la stessa cosa per cui dall’alto si stabilisce il nome: l’Arcangelo (Luca I, 13) a Zaccaria il nome Giovanni per il figlio promesso e Cristo muta in Pietro il nome di Simone nel designarlo capo della Chiesa (Matteo XVI, 17-18). Così l’Arcangelo Gabriele aveva designato il nome di Gesù e questo indusse all’istituzione di un’altra festa, che inizialmente Clemente VII concesse nel 1530 al solo Ordine Francescano, quella del Nome di Gesù.

Per opera di San Bernardino da Siena l’uso si diffuse per cui Innocenzo XIII la estese a tutta la Chiesa il 20 dicembre 1721, mentre Pio X provvide a trasferirla alla domenica tra il 2 e il 5 gennaio e nel caso in cui non ci sia domenica al due del mese stesso. Il Nuovo Calendario Liturgico ha posto in evidenza al primo di gennaio l’Ottava di Natale e vi ha collocato la Solennità della Santa Madre di Dio, ripristinando quella che forse è la prima festa mariana a comparire in Occidente, volta a celebrare la divina maternità di Maria. Evidentemente la festa del Capodanno, da quando Cesare stabilì l’inizio dell’anno civile alle calende di gennaio, stenta ad entrare in fase con l’anno liturgico, risentendo del suo stesso inizio perché il mondo pagano intese subito questa ricorrenza come una festa di allegria sfrenata: saturnali delle calende ridondanti di feste orgiastiche ed idolatre, riti del tutto antitetici allo spirito cristiano. Di conseguenza la nuova religione intese questo momento dell’anno come tempo dedicato alla preghiera, alla penitenza, al digiuno e all’espiazione. Lo spirito pagano tuttavia contagiava anche i cristiani e molti si lasciavano coinvolgere da chi seguiva gli antichi usi, creando problemi all’autorità religiosa e, se col tempo s’attenuò questo spirito materialistico, si può dire che in forme più tenui e diverse sia ancora presente nel mondo attuale il modo d’intendere la festa con cenoni luculliani, pranzi, veglioni, balli. Di fatto la  vita della festa religiosa è stata e resta tormentata.La festa nel corso dei secoliLa vecchia solennità religiosa della Circoncisione coincideva pressoché casualmente con il giorno in cui festeggiamo il Capodanno, ma consente qualche analogia come memoria del principio del tempo della Salvezza, come il segno d’inizio di un periodo di tempo che prende il nome proprio dal numero dell’anno che segue la nascita del Redentore e tante altre più sottili connessioni hanno trovato pensatori e poeti. Nella liturgia vi sono echi della festa civile tra i quali quello molto sentito ancora è l’uso di celebrare la sera di San Silvestro un rito con il canto del Te Deum di ringraziamento al Signore per il bene ricevuto dell’anno trascorso. In molti luoghi di scioglie alla mezzanotte il doppio a festa di campane per salutare l’anno nuovo, coincidente con una funzione religiosa. Nel primo millennio dell’era cristiana sia la circoncisione che l’imposizione del nome del Salvatore non furono oggetto di culto generale e solenne, pur essendo riconosciuti localmente, ma fu solo nel IX secolo che per la prima volta a Roma si iniziò a farne la commemorazione e a segnare nei calendari al primo giorno dell’anno la festa della Circoncisione, che fino ad allora era stata chiamata l’Ottava del Natale, senza che la liturgia facesse menzione al fatto che in tal giorno iniziava l’anno civile. Solo nel lezionario di Silos si trova segnato tale data con l’espressione Caput anni. Ben presto nello stesso secolo non si sa quale papa estese la festa della Circumcisio Domini prima a Roma e quindi a tutta la Chiesa. L’importanza della festa si avverte dalla considerazione del mistero d’amore che si compie nella cerimonia: Gesù, che in quanto Dio non aveva bisogno d’entrare mediante un segno nella schiera degli eletti, sottostà alla legge mosaica assumendosi come uomo il comune marchio della colpa, iscrivendo il proprio nome nella schiera dei peccatori condividendone il peso e la sorte.La circoncisione nell’arteIl tema non si presta molto a rappresentazioni illustrative e sfolgoranti. Anche come rito originario era un momento di religiosità domestica che si situava nell’intimità della famiglia, seppure di grande rilevanza per la legge mosaica. Entrata relativamente tardi tra le feste liturgiche la celebrazione non compare frequentemente nelle rappresentazioni e non sono molti i capolavori di pittura, scultura, poesia e musica che la riguardano. Ha assunto quindi un tono di generica cerimonia tradendo un po’ la fedeltà storica per assumere i contorni di altri riti come la Presentazione al Tempio, collocandosi tra le volte di una basilica sontuosa dove il rito si affida a sacerdoti maestosi, riccamente paludati che ricordano il Vecchio Simeone. Così la dipinge il Beato Angelico nell’affresco di San Marco a Firenze (nell’immagine); così anche Raffaello nel dipinto del Museo Vaticano e seguono lo stesso schema anche Filippo Lippi, il Mantegna, Tiziano, Rubens. La letteratura ha piuttosto evitato di trattare questo tema sia con rappresentazioni che con composizioni poetiche.La festa dell’inizio dell’annoOggi è facile intendesti sull’inizio dell’anno essendo stata stabilita la sua data civile, coincidente grosso modo con quella astronomica, del Capodanno, ma non era così quando un tempo ci si regolava sulla ricorrenza della venuta di Cristo sulla terra. L’anno liturgico inizia con l’Avvento, periodo di penitenza preparatorio al Natale, culminante nella novena, quindi la Natività segna il punto fondamentale dell’anno. Non vi è sintonia tra ciclo liturgico e anno civile: il periodo penitenziale dell’Avvento è un periodo di minore insolazione della terra, quindi corrisponde simbolicamente alle tenebre che coprono il mondo prima della venuta del Salvatore. Il Natale corrisponde al solstizio invernale, nel quale la luce «rinasce». Tuttavia seguendo la logica delle ricorrenze religiose l’inizio dell’anno poteva essere stabilito, secondo i luoghi, in due date diverse: ab Incarnatione: il 25 di aprile, festa dell’Annunciazione, oppure a Nativitate: il 25 dicembre, il Natale. Volendo iniziare in sintonia con l’evento della salvezza, il primo atto è certo l’Incarnazione di Cristo, ma poi è prevalsa la Natività. In Toscana il computo dalla Natività era usato a Pisa, mentre a Firenze e a Siena s’iniziava l’anno dall’Incarnazione.

Francesco II, con il decreto del 20 novembre 1749 uniformò l’inizio dell’anno nel calendario di tutto il Granducato e inoltre stabilì il computo del giorno da mezzanotte a mezzanotte (invece che da tramonto a tramonto) e adottò la numerazione delle ore di 12 in 12, invece che in 24. La festa religiosa della Circoncisione era comunque rimasta un po’ appartata rispetto alle altre grandi solennità che riguardano Cristo, oscurata nel sentimento popolare da quella civile che vanta culti profani molto antichi e usanze pagane. Gli antichi romani, che la sapevano lunga in fatto di baldorie, solennizzavano le Calende di Gennaio con festini, spettacoli licenziosi, danze sfrenate in onore di Giano al quale è dedicato il mese. Consolidatosi il Cristianesimo simili licenziosità cominciarono ad essere combattute e si tentò da parte delle autorità religiose e civili di limitare o reprimere almeno certi eccessi, ma inutilmente per l’ostinazione di coloro che confidavano nel principio per cui Chi ben comincia è alla metà dell’opera. Le cose, nonostante le calamità, le invasioni, le guerre, le devastazioni, le pestilenze non cambiarono molto e, come nel caso del Carnevale, o del tempo di San Martino, sembra che la furia di licenziosità e sfrenatezza si sia andata attenuando solo man mano che, con la civiltà industriale, l’intero anno cominciò a trasformarsi tutto quanto uno strisciante saturnale.

Lo scambio dei doniL’uso di fare doni, elargizioni, strenne nel mondo romano prese avvio dalla consuetudine di gratificare coloro che recavano servigi e prestavano la loro opera in una casa, non eccettuati gli schiavi. Questo divenne una vera e propria usanza di scambievole omaggio di regali, ricordini, pensierini e nella vecchia società dei consumi le feste natalizie erano diventate un andirivieni di sciarpe, borse, cappelli, guanti, libri, barometri, soprammobili e altre cose inutili escogitate nel mese precedente alle solennità. Si cominciava a Natale coi bambini, che poi incassavano sempre: a Capodanno, alla Befana e alle domeniche intrafestive, e per due settimane abbondanti si colpiva duro senza pietà, obbligando i malcapitati a ricambiare per non fare la figura dei taccagni. Per molto tempo è infuriata anche una mania dei biglietti d’auguri che richiedevano nottate di lavoro con inevitabili dimenticanze che erano offese da lavare col sangue.Strenne e biglietti di auguriÈ cosa comunque naturale che il primo giorno dell’anno nell’idea più comune debba essere un giorno felice per influenzare magicamente tutti quelli che sono destinati a venire e una maniera per farsi felici è scambiarsi dei regali in modo che un po’ tutti godano di gradevoli sorprese. Già l’antica usanza romana delle strenne nel periodo imperiale si era diffusa fino a diventare quasi un costosissimo obbligo reciproco a qualunque livello sociale. Le persone più avvedute si sono sempre limitate a donare oggetti indovinati per la persona, utili, desiderati e graditi. Tale era la lucerna di coccio o di bronzo che era uso donarsi a Roma, cosa utile, più o meno elegante che portava la scritta Anno novo fastum felix tibi sit: «Ti sia di portafortuna per l’anno nuovo». Spesso nella lampada c’era una Vittoria armata di scudo che indicava successo e vittoria sul male e sul freddo invernale, allora sovente causa di malattie e di morte. Sempre vi compariva il dio Giano con due facce, una rivolta al passato e l’altra all’avvenire, figura misteriosa del tempo dio di ogni porta, di ogni uscita e di ogni entrata. La lampada era l’oggetto ideale: destinato a stare accanto alla persona le ricordava costantemente il donatore, e tali vogliono essere le strenne che tendono ad accompagnare la vita di chi li riceve, senza essere necessariamente cose costose: un’agenda, un calendario, carta da scrivere, da lettere, una penna, un portafortuna, un portachiavi, un almanacco. Se non cedete a tutti questi sentimentalismi fate come quel signore settecentesco che ai suoi famigli non regalava mai nulla. Il primo dell’anno li radunava nella sala da pranzo, faceva gli auguri e diceva: – Andate pure, vi regalo tutto quello che mi avete rubato durante l’anno passato!L’almanacco, il lunario, l’agendaI biglietti d’auguri sono passati di moda da un pezzo, oggi sostituiti insieme alle cartoline, dalle speciali e-mail figurate, sonore, animate, opera spesso di civiltà lontane che richiedono laboriose interpretazioni. L’almanacco prima d’essere soppiantato dalla più professionale e squallida agenda conteneva più diffusamente notizie riguardo ai pronostici, la fortuna, giorni favorevoli e sfavorevoli, feste, fiere, mercati, notizie utili, tempi dei lavori agricoli e delle semine, scadenze, compleanni dei sovrani e loro genealogie: erano prodotti locali fortemente radicati sul territorio, caratteristica che tramonta man mano che avanza la globalizzazione, la quale esige uniformità, schematismo e soprattutto squallore, elemento fondamentale del fenomeno. Così le agende, per poter essere vendute in ogni angolo del mondo, vengono stampate in inglese senza segnalazione delle lunazioni, della levata e del tramonto del sole, senza indicazione delle eclissi, delle feste, delle ricorrenze dei santi, di giorni di festa civile e di tutti gli elementi che facevano del calendario, del lunario, dell’almanacco gli amici, i fidi compagni dell’anno, restando come depositi di riflessioni, avvenimenti, ricordi del tempo, dato che gran parte di quel che si vive presto si cancella.