Cultura & Società

Mass media e internet. Studio CàFoscari: smontare bufale online non le batte

I tentativi di smontare in modo sistematico le notizie pseudoscientifiche o false che circolano sul social network Facebook «sono inutili o addirittura controproducenti». Lo afferma Fabiana Zollo, ricercatrice post-doc all’Università CàFoscari di Venezia che, insieme ad un team internazionale guidato da ricercatori italiani, ha realizzato uno studio sul debunking analizzando l’attività su Facebook di 54 milioni di utenti nell’arco di cinque anni, da cui ha tratto un articolo pubblicato sulla rivista scientifica «Plos One».

Lo studio ha rilevato che «i post di debunking stimolano commenti negativi, non raggiungono il pubblico complottista oppure lo fanno reagire nel senso opposto a quello sperato», spiega Zollo. Lo studio ha analizzato i post, i like e i commenti pubblicati su 83 pagine Facebook di carattere scientifico, 330 pagine complottiste e 66 pagine dedicate al debunking, scoprendo che sul social network «esistono due distinte comunità che non entrano in contatto tra loro e dialogano all’interno di una cassa di risonanza che non fa altro che rafforzare le loro tesi di partenza».

La diffusione della disinformazione, insomma, «è dovuta alla polarizzazione degli utenti, ma anche alla crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni e all’incapacità di capire in modo corretto le informazioni», continua la ricercatrice. Pertanto «il debunking e l’attacco frontale ai complottisti non sono antidoti al propagarsi di fake news».

Una possibile soluzione, piuttosto, potrebbe essere «l’uso di un approccio più aperto e morbido, che promuova una cultura dell’umiltà con l’obiettivo di abbattere i muri e le barriere tra le tribù della rete».