Cultura & Società

Pasqua, la Festa delle feste religiose

di Carlo LapucciLa Pasqua può essere detta la madre delle feste religiose. Si può pensare che sia stata la prima a prendere una forma e a sistemarsi in una liturgia. Il ricordo della Passione e della Resurrezione di Cristo fu celebrato spontaneamente nelle ricorrenze annuali, dando luogo a riti che poi si sono diffusi e codificati nella Chiesa.

Il primo nucleo della celebrazione, forse fino dai tempi apostolici, fu la commemorazione del culmine dalla Passione, ossia i giorni venerdì e sabato, ponendo l’accento sul mistero e il dolore della vicenda e sulla parte più critica della Redenzione: il momento del dubbio, dell’esitazione, del disinganno: la scomparsa del Redentore e con lui di ogni speranza. In questo periodo veniva osservato il digiuno rigoroso e si ometteva il bacio della pace.

Naturalmente le fasi della Passio si aggiunsero progressivamente: il mercoledì si ricordò il vero inizio del Sacrificio, con la decisione delle autorità di liberarsi di Cristo. Quindi l’Ultima Cena, la preghiera nell’Orto degli Ulivi, l’arresto, il processo, la flagellazione, la coronazione di spine, la via dolorosa, la Crocifissione e la morte e la Resurrezione.

Verso la metà del III secolo si ha notizia che molti cristiani usavano rimanere nei sei giorni della Settimana Santa completamente digiuni. Le celebrazioni avvenivano nei vari luoghi in modi diversi e le zone dove prima presero forma furono l’Oriente e Gerusalemme. Si notano però molti elementi comuni, come l’uso di non celebrare il mistero eucaristico il venerdì e il sabato. Ben presto lo sviluppo della liturgia ebbe come centro Roma e la spontaneità cedette il posto alla riflessione e alla elaborazione.Non prenderemo in considerazione i problemi della cronotassi della Settimana Santa. Ad esempio l’Ultima Cena, la tradizionale cena pasquale, fu consumata, secondo i tre Vangeli sinottici da Cristo e i discepoli, la sera del giovedì, mentre Giovanni indica che la cena avvenne ante diem festum Paschae, il venerdì, vigilia del 15 nisan, festa ebraica della Pasqua. Tali problemi non sono molto rilevanti per comprendere questa settimana fondamentale per la storia della Salvezza. La dataPiù importante può essere invece conoscere la ragione per la quale, un evento che ebbe una data precisa nel suo determinarsi, debba essere celebrato secondo il verificarsi di un fenomeno celeste che muta di anno in anno, tanto che la Pasqua e tutte le feste che ad essa si collegano (Ascensione, Pentecoste) sono dette feste mobili. Con queste scorrono nei giorni anche il Carnevale e la Quaresima. La ragione forse più profonda, ma che poco è enunciata, perché sentimentale o psicologica, è che le feste nuove si strutturano sempre sulla base di quelle precedenti, seguendo il ritmo misterioso del Creato, voluto e impresso dall’Aeternus rerum Conditor, come sigillo primario della realtà. Ora la Pasqua è una festa di resurrezione, di ritorno della vita in ciò che era morto, di speranza e di vita: non può sottrarsi alla sintonia con la vicenda della natura che vede proprio nella primavera la ripresa del ciclo vitale. Questo momento, questa spinta nuova e prepotente l’uomo l’ha individuata come coincidente con la fase della luna di primavera, in particolare nel suo plenilunio.Le ragioni che hanno pesato nella discussione di questa data sono diverse, soprattutto il fatto che l’evento della Passione e della Crocifissione siano stati indicati nel momento della Pasqua ebraica, determinata dalla data lunare del 14 nisan. A questo si aggiunga l’esigenza di far cadere la festività, rispettando la circostanza nel calendario, nel giorno domenicale.

Le cose non sono così semplici e non furono nemmeno pacifiche nel trovare un accordo tra i sostenitori di una data fissa, come fu fatto per il Natale, altre chiese che seguivano la scadenza ebraica, altre ancora che usavano computi diversi nella determinazione dell’equinozio, ossia sulla data d’inizio della primavera, che per molti popoli segnava l’inizio del nuovo anno.

Dopo varie vicissitudini, il Concilio di Nicea (325), incontri e compromessi, si venne alla determinazione di celebrare la Pasqua nella domenica che segue il plenilunio posteriore all’equinozio di primavera.

Perciò la data della Pasqua può oscillare tra i termini estremi del 22 marzo, quando il plenilunio cade di sabato; e il 25 aprile quando il plenilunio viene il 18 di questo mese. Però una Pasqua altissima non è ritenuta propizia: Quando San Giorgio viene di Pasqua per il mondo c’è una gran burrasca. Quando Marcus Pasqua dabit totus mundus conquassabit.

Comunemente s’intende Pasqua bassa fino al 31 marzo: media, entro la prima metà d’aprile (centrale essendo quella che cade l’8 d’aprile), e alta se cade oltre tale termine (dal 16 al 25 aprile).

Un curioso calcoloL’astronomo danese Veen ha calcolato, riportando i termini al nostro calendario, che il plenilunio primaverile, così come indicato dalle scritture, si è avuto il 9 aprile del 33 dell’era cristiana e il 24 marzo dell’anno 29. Ora, tenuto conto che Cristo è vissuto 33 anni, che la notte dell’arresto di Cristo per essere processato, come dicono i Vangeli, faceva molto freddo tanto che nel cortile del Sommo Sacerdote era acceso il fuoco, tenuto conto delle condizioni climatiche della Palestina, e più probabile che l’evento sia stato nell’anno 29. Questo porterebbe a spostare a quattro anni prima la nascita del Signore e di conseguenza l’inizio dell’era volgare. Il senso della celebrazioneNella religiosità popolare si colgono soprattutto i momenti della Passione di Cristo dove la contrapposizione tra bene e male è forte ed evidente, dove il Redentore ripercorre la via dolorosa di ognuno verso la morte e la sperata vita eterna, con l’immedesimazione nella Madre, degli amici, nei discepoli. Sono stati colti profondamente il tradimento di Giuda, il tradimento di Pietro, la malvagità del potere, la codardia di Pilato, la brutalità delle pene e le figure come la Veronica, il Cireneo, il Buon Ladrone. Un’infinità di sacre rappresentazioni, preghiere, orazioni, devozioni come la Via Crucis, documentano la straordinaria e profonda partecipazione del mondo popolare alla vicenda della Redenzione. La rappresentazione è tanto presente nella mente comune che il nostro linguaggio è costellato da riferimenti come figure, detti, modi di dire e proverbi. Più difficile è cogliere come il mistero della Resurrezione sia stato tradotto nella rappresentazione popolare. Indubbiamente, mentre la Passione è permeata di realismo e facilmente comunicabile, la Resurrezione travalica nel soprannaturale e nella trascendenza. Direi che l’uomo semplice è arrivato dove poteva arrivare, fermandosi un attimo prima della vertiginosa ascesa di Cristo al Cielo. Peraltro anche l’uomo dotto non è andato molto più lontano.Dai simboli della festa si rileva che è stato colto soprattutto il mistero della rinascita, del rinnovamento, palpabile nella natura primaverile, percepibile nella realtà spirituale. La nuova vita, l’abbandono del peccato, il ritorno alla comunicazione, parte dalla pratica religiosa della confessione e della comunione pasquale, ma passa poi per altre manifestazioni, come le rappacificazioni delle liti, un tempo molto praticate. Da qui il concetto della pace con Dio, i segni della palma, dell’olivo, della colomba, del pasto consumato insieme nella famiglia.In passato era molto presente nella fantasia popolare il particolare della discesa di Cristo agli inferi, che enfatizzava proprio la vittoria di Cristo sulla morte e sul male. Dante lo testimonia facendo capire che questa discesa agl’inferi era la sua stessa strada, la strada simbolicamente percorsa da Ulisse, Enea, e deve essere sperimentata in nuce da qualunque uomo che, toccando il fondo del male, capovolge la sua visione della vita, risalendo verso il bene, come in un percorso iniziatico.Dante (Inferno IV, 52 e segg.) fa dire a Virgilio nel Limbo: Rispose: Io era nuovo in questo stato,quando ci vidi arrivare un Possentecon segno di Vittoria incoronato.Trassesi l’ombra del primo parente,d’Abel, suo figlio, e quella di Noè,di Moisè legista, e l’ubbidienteAbram Patriarca, e David Re;Israele col padre e co’ suoi nati,e con Rachele per cui tanto fe’,ed altri molti, e fecegli beati:e vo’ che sappi che dinanzi ad essiSpiriti umani non eran salvati.

Con la salvezza estesa anche a coloro che vissero rettamente prima della venuta di Cristo, si salda il ciclo intero della Redenzione universale che la tradizione estende in parte anche ai dannati per l’eternità. Infatti era credenza che nel giorno di Pasqua coloro che erano nelle pene dell’inferno godessero del riposo dei dannati, ossia della sospensione delle pene, per i meriti e la clemenza di Cristo. Questo tratto di amore e d’umanità non è trascurabile: l’umana bontà sarebbe tale da scavalcare i rigidi decreti eterni della condanna divina.

ProverbiChi di spada ferisce di spada perisce.Il mio regno non è di questo mondo.Lo spirito è pronto ma la carne è debole.Noli me tangere.Non sanno quello che fanno.Non si siede in tredici a tavola.Nos autem sperabamus.Se non vedo non credo.Quello che hai da fare fallo presto.Tutto è compiuto – Consummatum est. Modi di direAndare da Erode a Pilato.Bere l’amaro calice.Cadere sotto la Croce.Contento come una Pasqua.Dare il bacio di Giuda.Ecce Homo.Esser povero in canna.Essere al sizio.Essere povero in canna.Essere un Barabba.Essere un Calvario.Essere un Giuda.Essere una croce.Essere una Via Crucis.Far Pietro (negare la verità)Fare il Cireneo.Gridare Crucifige.Gridare la croce addosso.Impiccarsi a un fico.Lavarsene le mani.Pare un Venerdì santo.Passare dall’Osanna al Crucifige.Piangere amaramente.Portare la propria croce.Prima che il gallo canti…Rendere lo spirito nelle mani di Dio.Rimettere la spada nel fodero.Rinnegare la propria fede.Rinnegare tre volte.Stracciarsi le vesti.Sudar sangue.Tradire per trenta danari.Il digiuno e la tipica colazione del mattinoIl mattino di Pasqua era uso in diverse parti della Toscana andare alla messa di buon’ora tutta la famiglia. La massaia, che non avesse provveduto il Sabato Santo, portava un cestino, o un piccolo paniere, foderato con un ampio panno di lino ricamato, nel quale erano ben sistemate le uova, sulle quali di solito si aggiustavano come ornamento delle viole, fiore di questo periodo. Tutto veniva coperto dal telo con le cocche annodate leggermente. I piccoli gruppi familiari facevano la stessa cosa con un piatto, o un vassoio.Tornati a casa, magari riunendo anche qualche parente isolato, ci si disponeva davanti a una tavola apparecchiata, intorno a una colazione da definirsi sontuosa.Insieme al caffè, al latte, al tè e ad altre bevande calde, si serviva il vinsanto. Si offrivano diversi tipi di insaccati e salumi: prosciutto, finocchiona, capocollo, soprassata, salame, e i tipi diversi di questi alimenti che usano nelle varie zone. La tavola veniva arricchita secondo la fantasia e le disponibilità, talvolta anche con formaggi, o altro.Tipiche dell’Italia centrale sono le pizze al formaggio, torte salate che si servivano, oltre che durante la colazione, nelle varie occasioni conviviali di questi giorni. La pizza al formaggio si trova ancora nella Toscana meridionale, nell’Umbria, nelle Marche e nel Lazio. Assai diffusa era l’usanza di preparare dolci come le ciambelle e le torte, dette anche pizze di Pasqua. Pur essendo tutte simili nella preparazione, presentano nomi e caratteristiche diverse, secondo le località: a Rieti si trova la pizza di Pasqua, detta palombella, e altrove infinite varianti come la pizza di Civitavecchia, di Bracciano.Altre specialità pasquali sono ciambelle di lunga elaborazione dette anche ciambelle lesse, che non vanno a male, hanno un forte sapore d’anice, induriscono e possono durare mesi. Sono quasi scomparse per il sapore particolare non amato dalle nuove generazioni e per la difficoltà della elaborazione.Tra l’ingordigia dei bambini, la golosità dei vecchi, la fame degli altri diventava un mezzo festino che metteva qualche ipoteca sul pranzo di mezzogiorno.Quello che era ovunque presente era l’uovo sodo benedetto, riportato a casa dalla massaia dalla messa, ovvero già disposto in tavola in perfette piramidi. Era quello con cui si apriva la colazione e volevano i rigorosi, trattandosi di un gesto rituale, (si mangia per benedizione) che non si condisse, né con sale, né con olio o altro. Molti ragazzi approfittavano per prendersi diverse benedizioni, più quelle che arrivavano dalla massaia che teneva il conto dell’uova.Insieme stavano sul tavolo altri cibi che potevano essere benedetti, come le ciambelle particolari dette di Pasqua, il corollo, torte al formaggio che si consumavano anche coi salumi. In molti luoghi si usava, al posto del semplice pane il pane condito. Era un’usanza generale servire anche cibi di diversa provenienza, fatti da altre famiglie o portati da amici da altre località. Le ciambelle, ad esempio, si scambiavano tra una famiglia e l’altra come doni.L’usanza è pressoché scomparsa, insieme alle famiglie numerose, dove era celebrata come una festa. È venuta meno insieme all’uso del digiuno della Settimana Santa. Infatti era divenuto quasi un’abitudine digiunare il venerdì santo e il sabato, ma in molte zone si estendeva la pratica a cominciare dal lunedì santo. Era naturale che il ritorno dell’abbondanza sulla tavola costituisse una festa per gli occhi e per il resto.Si aggiunga anche il fatto che certi alimenti in molti periodi e luoghi scomparivano dalla mensa per tutta la quaresima, durante la quale non si mangiavano uova, carne, burro, latticini. Da qui l’usanza di benedire tutti i cibi che si servivano per la colazione pasquale, talché che la forma rituale mettesse una regola e moderasse il banchetto, in modo tale da non fare un saturnale e tutto fosse condito veramente dalla salsa di San Bernardo, ossia dall’appetito.L’uso della benedizione è rimasto per l’uovo, col quale si sono associati simboli della festa: il ritorno della vita, la rigenerazione.I simboli pasqualiL’uovo è forse il simbolo più conosciuto e il più comunicativo, tra i vari simboli che provengono dall’antica festa naturale collegata al ciclo lunare, quali il fuoco, l’acqua, la colomba, la campana, il cero. Questo mundi simulacrum ha, con la sua forma e la sua natura, la capacità di espandere il proprio simbolismo verso la sintesi filosofica più alta e divenire il segno della rigenerazione dell’uomo nella vita eterna. Scrive Sant’Agostino: «La speranza si paragona all’uovo: essa non ha raggiunto ancora lo scopo, così l’uovo è qualcosa ma non ancora un essere vivente».La colomba si collega all’uovo e così il nido con le uova schiuse. Ma la colomba è chiamata a ricordare la pace dopo il grande lavacro dal male della terra che fu il Diluvio, quando essa tornò recando in bocca un ramo d’olivo.Di molti cibi abbiamo già detto. C’è da aggiungere l’uso di mangiare nel pranzo l’agnello, ritualmente con erbe amare, da noi radicchio, ricordo della Pasqua ebraica e simbolo di Cristo.Un dolce rituale e simbolico del Centro Italia è il serpe. Anche questo è un segno di rigenerazione, in quanto è creduto immortale, cambiando annualmente la sua spoglia. Viene fatto con pasta di mandorle, naturalmente a forma di serpente, con occhi di pistacchi, la lingua di scorza di limone e picchiettato con anici o altro.L’acqua benedetta può ricordare il passaggio del Mar Rosso, evento collegato alla Pasqua ebraica. La campana è collegata all’annuncio della gioia della massima festa e all’uso di legare le campane durante la Settimana santa.Il cero, il fuoco sacro, l’acqua, il fonte battesimale, fanno parte della liturgia.Pasqua, la Festa delle feste religioseLa Resurrezione sulle tavole italiane