Cultura & Società

Sorgenti di Lunigiana: acque limpide ma anche… no!

La Canicola incombe e il bisogno di refrigerio si fa sentire. Allora il pensiero corre all’ombra di un bosco o alla freschezza di qualche sorgente. Orazio aveva ben colto questo senso di afa che solo immergendosi nell’acqua sorgiva sembrava spegnersi. E riferendosi alla fonte Bandusia scriveva versi immortali: Te flagrantis atrox hora Caniculae / nescit tangere, tu frigus amabile / fessis vomere tauris / praebes et pecori vago (Te l’ora insopportabile della Canicola infuocata / non riesce a toccare, tu amabile frescura / ai tori stanchi per l’aratro offri e al gregge vagante). Versi tanto immortali, insieme a quelli del Petrarca sulle Chiare, fresche et dolci acque, che, appena si incontra un getto zampillante, magari percorrendo qualche itinerario montano, non si può non rigustarne tutta la «pregnanza semantica» che contengono, immutata, da secoli. Frigus amabile… amabile frescura, sollievo alla fatica e alla calura.

Tra le varie aree ricche di acqua, che assai raramente conoscono momenti di siccità, spiccano le valli a ridosso delle Apuane, e ai confini con l’Appennino Tosco Emiliano. La terra della Lunigiana, per intenderci, con i suoi borghi e i suoi millenari segreti.

Qui si trovano ancora «acque speciali», per la qualità dei minerali che le compongono e per la storia che racchiudono, spesso infarcita di aneddoti e curiosità. Un turista, amante della lentezza e avvezzo alla contemplazione della natura, potrebbe visitarne alcune, nell’estate torrida che ancora ci attende. Io son la dolce e pura / acqua che vien dal cielo, / onda che in nube e gelo, / si muta e trasfigura;/ la lucida e gioconda / acqua son io che terge e che feconda, scriveva Arturo Graf nella sua celebre «Fonte».

La prima, in questo viaggio «ideale», potrebbe essere quella che si incontra sul confine tra Toscana ed Emilia, lungo il Passo della Cisa. Reca un’insolita raccomandazione: «Rispetta la natura, non lordare». Sembra un vero e proprio programma di vita, un invito ad avere sempre rispetto del creato. Curioso quel verbo: «lordare» è voce forte, indica «insozzare l’ambiente», ed è molto di più che inquinare poiché suppone una partecipazione «morale» all’azione deturpante. Poco distante, a Montelungo, un piccolo borgo di stampo benedettino, si conserva «la fonte della Virtù». Così chiamata – raccontano gli abitanti del luogo – per il fatto che «cura i calcoli renali, ma – avvertono – non bisogna lavarsi denti: si potrebbero staccare improvvisamente». Chissà, la temperatura gelida o la composizione chimica dell’acqua unita a quella del dentifricio potrebbe causare qualche danno allo smalto dentale. E allora la «virtù» si trasformerebbe in beffa.

A pochi chilometri da Montelungo, sempre nella Alta Lunigiana, nei pressi di Cavezzana d’Antena, lunga un vecchio sentiero, ci si imbatte in un boschetto ameno, tra castagni e querce, attraversato dal potente «solfuro di idrogeno», il classico odore di «uovo marcio». Siamo arrivati alla sorgente dell’acqua solforosa: a significarne la presenza, una lunga ed inconfondibile striscia bianca che scende verso valle. Il getto esce abbondante: il sapore è amaro ma nessuno osa dubitare delle proprietà terapeutiche che custodisce. Del resto le «acque amare», furono ritenute «speciali» anche nelle civiltà antiche. Gli Ebrei le usarono come un’ordalia, per verificare l’innocenza o meno di un comportamento. In Numeri 5, 11-31 si racconta del rito, compiuto dal sacerdote, dell’acqua amara, per provare la fedeltà della donna accusata dal marito geloso.

Tra questa tipologia di acqua, non propriamente gradevole al palato, sempre in Lunigiana, va annoverata quella della «sorgente salata», in località Bergondola, vicino al paese di Groppoli. Non è facilmente accessibile: per giungervi occorre imboccare un sentiero che risale lungo il torrente. La fonte è riconoscibile dalla presenza di alcuni ruderi risalenti al XVIII secolo. I marchesi Brignole Sale avevano fatto costruire un «casino» – nel senso di piccola casa – per poter sfruttare al meglio le proprietà terapeutiche. Giovanni Targioni Tozzetti attribuiva a quest’acqua le stesse qualità lassative di quella di Montecatini e per questo, nel secolo scorso, fu anche imbottigliata. Si racconta che qui vi soggiornò, per curarsi, la contessa Maria Luisa, duchessa di Parma e Piacenza. Purtroppo oggi del viale alberato che conduceva direttamente alla casina, descritto dalle cronache dell’epoca, non resta che qualche sparuto tiglio. La boscaglia ha inghiottito, ineluttabilmente, tutto.

Anche nella celebre località di Equi Terme incontriamo un’altra sorgente sulfurea, conosciuta già ai tempi dei romani e che ha fatto illustre questo piccolo borgo, arroccato ai piedi delle Apuane, sotto le guglie imponenti del Pizzo d’Uccello. Il paesaggio è caratterizzato da profonde e strette valli che degradano dalle Apuane, con spettacolari fenomeni d’erosione: il «Solco di Equi», un piccolo canyon formato dal fiume Lucido, e le grotte in parte visitabili: la Buca e la Tecchia, abitata sin dal periodo preistorico dall’uomo di Neanderthal.

E sempre nella stessa zona, in prossimità del paese di Monzone, si trovano altre due fonti singolari: quella dell’«acqua nera» e quella dell’«acqua salata». Sono poste l’una di fronte all’altra, sulla riva destra e sinistra del torrente Lucido. L’acqua nera scaturisce da una nicchia scavata nei calcarei cavernosi e prima di gettarsi nell’alveo lascia una striscia limacciosa da cui, si presume, l’originale nome derivi. È ricca di sostanze alcaline. La «salata» è invece il frutto dell’azione dilavante sul salgemma e dell’acqua fossile di origine marina. Bere a queste sorgenti, ancorché il sapore non sia invitante, è come scendere nelle viscere della terra e cogliere qualche goccia del suo passato geologico.

Tra le acque più «dolci» va, invece, annoverata quella che si trova a Virgoletta, nel Comune di Villafranca. Fuori dalle mura del borgo, due mascheroni in marmo recano, da polle diverse, acque speciali: a sinistra quella più leggera e diuretica, a destra giunge quella calcarea e pesante. Alle fontane è legato un aneddoto: chi beve dalle bocche di marmo, prima o poi ritornerà in questo borgo.

Ad Aulla è rinomata la sorgente detta «la Camilla». Offre un’acqua freschissima che dona benefici contro la calcolosi, nei disturbi della digestione e dell’apparato urogenitale, nella cura della gotta e delle malattie del fegato. L’acqua della sorgente «Camilla» fu condotta ad Aulla verso la fine dell’’800, dalle Ferrovie dello Stato, e utilizzata per i propri cantieri della costruenda ferrovia Parma – La Spezia. Una targa in marmo, proprio sopra il rubinetto centrale, lo ricorda a chi si avvicina per bere.

Vicino a Licciana, lungo l’antica «via del sale», si trova il borgo di Varano. Apparteneva ai Malaspina di Olivola fin dal 1275. Sulla piazza si affaccia la Pieve di San Nicolò, originariamente romanica e poi più volte rimaneggiata nel cui interno è custodito un prezioso polittico datato 1394. Si racconta che nel 1411 certo capitano Rossi di Tavernelle, di ritorno dalla guerra nelle Fiandre, fece uccidere, nei pressi del cimitero, i marchesi Raffaele ed Alessandro Malaspina di Olivola colpevoli di aver violentato la sua bellissima moglie. Nella piazza del paese si trovano due vasche d’acqua, alimentate da un imponente getto… due come i marchesi uccisi. Chissà, forse un monito contro i malintenzionati.

Per finire in bellezza, si potrebbe arrivare, con non poca fatica, ma alla fine lo spettacolo ripaga ampiamente gli occhi e il cuore, alle sorgenti del fiume Magra, tra il Monte Borgognone e il Tavole, sopra Pontremoli. Soffermandosi sulle sponde dei vari «bozi», incastonati nelle rocce, davvero si comprende quanto scriveva Tiziano Terzani: «Il fascino [dei fiumi] è forse in quel loro continuo passare rimanendo immutati, in quell’andarsene restando, in quel loro essere una sorta di rappresentazione fisica della storia, che è, in quanto passa. I fiumi sono la Storia».