Cultura & Società

Teatri del sacro: don Maffeis (Ucs), arte che «non è passata di moda»

Una rassegna la cui ricerca «attorno alla verità e alla bellezza dell’uomo» assume ancor più importanza nell’anno del Convegno ecclesiale di Firenze sull’umanesimo. In un’epoca culturale «fortemente segnata da una povertà di risorse economiche a disposizione», il responsabile del Servizio Cei ha sottolineato come questa sia «una delle poche esperienze culturali che mette a disposizione risorse per diffondere il teatro»; anzi, quest’edizione ha «le stesse risorse messe in campo la prima volta» e il suo sviluppo è «frutto di una grande attenzione nell’utilizzo delle risorse», nonché «di una grande generosità delle persone che vi operano». Raggiunti i più lontani dalla Chiesa, «affascinati da questa ricerca», ora la sfida – ha concluso Sozzi – è «far crescere la spendibilità di questi testi anche all’interno della comunità ecclesiale: annunciare il Vangelo oggi significa mettersi seriamente di fronte ai molteplici linguaggi, e quello del teatro è da sempre vivo, efficace, capace di trovare uditori e protagonisti molto attivi tra i giovani».

«Crediamo nel teatro, come forma di arte e di espressione che non è passata di moda, anzi è più necessaria di prima, in un contesto umano che ha bisogno di valorizzare e promuovere la capacità di comunicare in modo immediato ed efficace». Lo ha scritto don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per le comunicazioni sociali e presidente della Fondazione Ente dello spettacolo, in un messaggio. «Ci siamo perché ci crediamo», esordisce Maffeis: crediamo «nell’attualità e nella potenza della sacra rappresentazione come patrimonio di cultura da salvaguardare e come forma di evangelizzazione da riscoprire; «crediamo nella valorizzazione del tessuto urbano di una città (specie se magnifica come Lucca) che costituzionalmente si presta ad essere palcoscenico, ma crediamo pure nella forza dirompente della condivisione popolare di momenti culturali alti». «Crediamo – aggiunge – in una comunicazione a tutto tondo, che anche nell’ambiente digitale (come accadrà grazie al laboratorio di ‘social media story telling’) può rilanciare e diffondere il fascino e i valori degli spettacoli messi in scena». «Crediamo – conclude – nei sogni. Degli attori, dei registi, degli autori. Specie se giovani. Perché un mondo che non fosse più capace di sognare e di produrre arte… sarebbe veramente un mondo triste».