Dossier

Beni culturali: ruolo della Regione e rapporti con la Chiesa cattolica

Il settore dei beni culturali negli ultimi anni è stato interessato da novità legislative di rilievo, a partire dal D.lgs. 3 marzo 1998, n. 112, concernente il “conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni e agli enti locali”, passando attraverso il D.lgs. n. 490/99, Testo Unico in materia di beni culturali ed ambientali, sino a giungere alla modifica del Titolo V della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale n. 3/2001, la quale ha interessato direttamente, anche la materia dei beni culturali.

L’art. 148 del D.lgs. n. 112/98, nel definire i beni culturali, adotta una definizione unitaria che richiama alla memoria quella fornita dalla Commissione Franceschini del 1964 ed afferma che sono beni culturali “quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà così individuati dalla legge”.

I redattori del Testo Unico sui beni culturali ed ambientali, anziché riprendere la nozione unitaria coniata dal D.lgs. n. 112/98, ha optato per l’adozione di una definizione “normativa” (così definita dal parere del Consiglio di Stato), cioè una definizione basata sulla elencazione tipologica delle cose da annoverare tra i beni culturali.

La novità di rilievo, introdotta dal D.lgs. n. 112/98, concerne l’individuazione delle competenze statali relative alla tutela e di quelle regionali (concorrenti con quelle statali) sulla conservazione, gestione, valorizzazione e promozione e dalla definizione do queste ultime. Il predetto atto normativo colma una notevole lacuna presente nel nostro ordinamento assegnando un contenuto alle predette attività. Così l’art. 148, del Dlgs. n. 112/98 afferma che per tutela si intende “ogni attività diretta a riconoscere conservare e proteggere i beni culturali”, mentre la gestione indica “ogni attività diretta mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione”. Dall’esplicitazione definitoria relativa alla gestione si vede come quest’ultima sia preordinata, attraverso la predisposizione di un efficiente organizzazione, a garantire, oltre alla protezione e valorizzazione, anche la fruizione dei beni culturali.

La fruizione del patrimonio culturale è aspetto di estrema delicatezza ed importanza, poiché concerne l’accessibilità e la formazione per i singoli individui di una conoscenza culturale su quei beni classificabili come patrimonio dell’umanità di appartenenza non solo pubblica (Stato, Regioni, Enti locali), ma anche di soggetti “religiosi”, intesi in senso lato, nonché di privati.

La materia dei beni culturali interessa direttamente la Chiesa Cattolica, poiché molte opere d’arte, oltre ad essere di proprietà di quest’ultima, sono ubicate in chiese, conventi, musei e biblioteche ecclesiastici (e di pertinenza di tali enti o soggetti ecclesiastici). In relazione a tali beni si manifesta la necessità di garantire forme adeguate di protezione e di tutela, ma altresì forme di fruizione e di promozione, al fine di suscitare e sostenere le attività sia pastorali (liturgiche, catechistiche ecc.) che culturali.

Sulla base di questi presupposti nel 1996 è stata raggiunta un’intesa tra C.E.I. e Stato (d.P.R. n. 571/1996) attraverso la quale sono stati individuati i soggetti competenti sia per parte statale, che per parte ecclesiastica ai fini della realizzazione di forme di collaborazione e del raggiungimento delle predette finalità. Compiti specifici sono stati, poi, demandati – in armonia con le esigenze di decentramento realizzate dallo Stato italiano – alle conferenze episcopali regionali, all’interno delle quali è stata prevista un’apposita consulta per la gestione delle “questioni di carattere generale ed in particolare per tutto quanto riguarda i rapporti tra le diocesi e le amministrazioni locali (regioni, province, comuni) e gli organi del Ministero per i beni culturali ed ambientali”.

In tempi relativamente recenti il d.P.R. n. 189/2000, che ha recepito i contenuti di un’ulteriore intesa tra Stato e C.E.I. sulla materia, ha previsto forme di raccordo e di collaborazione tra autonomie locali ed enti ecclesiastici per la tutela, valorizzazione ed organizzazione di archivi e biblioteche ecclesiastiche, attraverso l’impegno assunto dall’autorità religiosa dell’apertura e messa a disposizione dell’ingente patrimonio ecclesiastico ed archivistico posseduto da enti ed istituzioni ecclesiastiche.Relativamente poi al ruolo delle regioni nel settore dei beni culturali, va ricordato che la recente riforma del Titolo V della Costituzione, ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato, demandando alla potestà legislativa concorrente delle regioni la valorizzazione, organizzazione e promozione dei beni culturali.

Non v’è chi non veda come le regioni dopo la riforma costituzionale saranno sempre più chiamate ad essere soggetti attivi e promozionali nel settore dei beni culturali.

In armonia con le recenti innovazioni normative, la Regione Toscana ha varato, col decreto n. 4130 dell’8.8.2002, un programma pluriennale di interventi strategici nel settore dei beni culturali, predisponendo all’uopo un bando di accesso ai finanziamenti accessibili anche per i beni culturali appartenenti alla Chiesa cattolica ubicati nelle zone indicate (la scadenza per la presentazione delle domande era fissata per il 31.12.2002).

Attraverso questo programma speciale di investimenti, la Regione Toscana ha stanziato 33,5 milioni di euro per cofinanziamento di interventi volti a favorire la conservazione, il restauro, la valorizzazione, la messa in sicurezza e la manutenzione dei beni culturali ed artistici situate in aree escluse dagli interventi strutturali dell’Unione Europea. Tale provvedimento è volto a colmare ed integrare le azioni già pianificate, secondo l’accordo di programma quadro, con il Ministero per i beni culturali e ambientali e quelli attivati con le risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale, attraverso il documento unico di programmazione per gli anni 2000-2006 che riguarda le aree obiettivo 2 e le aree soggette a sostegno transitorio.

Tale programma si prefigge di realizzare la qualificazione dell’offerta pubblica culturale ed altresì valorizzare, facendo leva sul patrimonio artistico, le attività connesse ai beni culturali ed ai servizi alla persona.

A tal fine, è stato realizzato il progetto “Toscana museo diffuso”.Il sostegno economico straordinario si articolerà in tre fasi:• 11.878.508 euro per il 2003• 11.878.508 euro per il 2004• 9.812.681 euro per il 2005.La finalizzazione dei contributi è la seguente: • favorire la tutela ed il restauro architettonico, paesaggistico, ambientale di aree di interesse artistico e storico, per ristrutturare e riqualificare musei e sedi espositive, aree e parchi archeologici, teatri e strutture per lo spettacolo, istituzioni documentarie (25.822.845 Euro);• adeguare i musei agli standards indicati dal Ministero per i beni e le attività culturali (2.582.284 Euro);• completare il riordino e la sistemazione delle collezioni e delle raccolte dei musei non statali (5.164.569 Euro).

Tali misure di sostegno economico costituiscono, oltre alla testimonianza di una maturata consapevolezza della necessità di collaborazione tra il pubblico e il privato come pure tra i rappresentanti delle istituzioni civili e le autorità religiose, altresì un primo esempio di impegno attivo della regione Toscana nella politica di tutela e conservazione dei beni culturali.

LA SCHEDAVa segnalata la sensibilità e la vivacità che, nel corso degli anni, hanno caratterizzato l’attività della Regione Toscana in materia di beni culturali, avendo altresì particolare riguardo ai rapporti con la Conferenza episcopale Toscana. Si ricorda, a titolo meramente esemplificativo, la previsione all’art. 2 lett. h) della legge regionale n. 61/1975 sull’istituzione della Consulta regionale Toscana dei beni culturali, che prevede la presenza in quest’ultima di tre rappresentanti designati dalla Conferenza episcopale toscana; la previsione di cui all’art. 8 della legge regionale n. 89/1980 “Norme in materia di musei e di raccolte di enti locali e di interesse locale” che assegna notevoli spazi di intervento all’autorità ecclesiastica relativamente ai musei ecclesiastici di interesse locale; la legge regionale n. 86/1982 che prevede il coinvolgimento nel sistema bibliotecario regionale delle biblioteche ecclesiastiche ed infine la legge regionale n. 35/1999 “disciplina in materia di biblioteche di enti locali e di interesse locale e di archivi di enti locali” che, all’art.1, nell’individuare il contenuto e le finalità del provvedimento, ricorda al secondo comma la valorizzazione delle biblioteche e degli archivi di enti ecclesiastici da rendere fruibili tramite accordi con gli enti locali.

L’atto più significativo resta l’intesa siglata il 18 dicembre 1992 tra il Presidente della regione Vannino Chiti e il Card. Silvani Piovanelli, Presidente della C.E.T., per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico della Toscana, volta a favorire “un intervento coordinato tra Autorità ecclesiastiche, Governo regionale ed Enti locali al fine di ottimizzare gli interventi tesi alla valorizzazione dei beni culturali di interesse regionale e locale”. Tale intesa può essere la base di un’ulteriore sinergia per accogliere la sfida che Giovanni Paolo II, in visita pastorale a Firenze, lanciò ai toscani con queste parole: “Strappate a questi vostri antenati il segreto della fioritura del bello, del buono, del vero”.