Dossier
Dopo 25 anni un film «riapre» il caso Moro
Il dopo Moro si presenta all’insegna dell’incertezza, abbondano le recriminazioni e le dietrologie, quelle che ancora ci portiamo dietro.
Il 31 gennaio 1979 il quarto governo Andreotti, nato nei giorni del rapimento Moro, si dimette: è venuta meno la maggioranza di solidarietà nazionale. Durano quattro mesi i tentativi di formare un nuovo governo. Il 3-4 giugno si vota ancora: Dc e Psi confermano i voti del ’76, i laici recuperano qualcosa, il Pci perde il 4% a beneficio dei radicali.
Un dato nuovo caratterizza i primi anni ’80: dopo 36 anni la Dc perde la presidenza del Consiglio, il repubblicano Giovanni Spadolini succede ad Arnaldo Forlani, il cui governo è caduto nel clima arroventato delle prime rivelazioni sulla loggia massonica P2.
Si assiste, intanto, al progressivo svuotamento del significato politico delle competizioni elettorali, partiti sempre più simili si contendono il consenso degli elettori solo per la definizione del proprio potere. Un particolare che non sfugge all’elettorato e che si manifesta nel progressivo aumento dell’astensionismo nelle ripetute consultazioni elettorali.
Domenica 9 giugno 1991, quasi 30 milioni di italiani, nonostante i partiti li avessero più volte sconsigliati, vanno alle urne per votare a favore della preferenza unica, è il primo passo verso la seconda Repubblica. Il sorprendente risultato il 95,5% degli elettori dà un voto anti-partiti è la prima “spallata” al sistema dei partiti. La seconda sarà data il 17 febbraio 1992 con l’inizio di «mani pulite».
La scheda: I misteri del caso Moro