Dossier

Un pezzo di Toscana sul pianeta rosso

di Andrea FagioliC’è qualcosa di nostro intorno a Marte, anzi, anche intorno a Saturno e presto intorno a Venere, alla Cometa Rosetta e persino a Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. A portare qualcosa di toscano nello spazio del nostro sistema solare è la Galileo Avionica, erede dal 2001 delle storiche Officine Galileo, nate a Firenze nel 1864.

Oggi, Galileo Avionica è presente in sette regioni d’Italia con 3 mila e 400 dipendenti, ma il grosso dell’azienda resta in Toscana, a Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, con mille addetti. E da qui è uscito il «sensore autonomo di stelle» montato sulla sonda Mars Express lanciata verso Marte nel giugno scorso dall’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Adesso Mars sta lavorando in coppia con Spirit.

Spirit cammina sul pianeta e manda immagini, Mars gli gira intorno e manda misure. «Pressappoco è così», ammette sorridendo Alberto Mensa, di Galileo Avionica, che poi spiega: «Le missioni possono essere di tipo diverso anche se fanno tutte parte del programma di esplorazione. Ci sono quelle che cercano di ottenere delle immagini e quelle che invece cercano di fare delle misure scientifiche. Spirit inoltre è americana e Mars europea, ma sono comunque complementari e gli scienziati le studiano in modo coordinato. Spirit è un veicolo che cammina sulla superfice di Marte e quindi fornisce immagini, informazioni sulla natura chimica del terreno e così via. Mars invece orbita intorno e da lì fa delle misure di telerilevamento».Spirit e Mars hanno ovviamente viaggiato con missili diversi, «ma poi le orbite – spiega il dirigente della Galileo – si sono inseguite, nel senso che la strada che è stata percorsa è più o meno la stessa». Ma cosa sono i «sensori autonomi di stelle»? «Sono una parte fondamentale per la missione nel suo complesso – risponde Mensa –, nel senso che sono gli strumenti che permettono di conoscere la posizione del satellite lungo l’orbita e poi permettono al satellite di inserirsi nell’orbita corretta. Li chiamiamo sensori stellari in quanto sono strumenti che riconoscono delle configurazioni di stelle in cielo e sulla base di queste configurazioni sono in grado di determinare qual è la posizione del satellite lungo l’orbita».

In poche parole, se durante la missione il satellite «perde la bussola», nessun problema: ci pensa il sensore a ricercare automaticamente la nuova posizione e a fornire le informazioni necessarie al computer di bordo del satellite riportandolo sulla rotta prestabilita.

I sensori della Galileo, oltre che su Mars Express, saranno montati sul «fratello» Mars Recognissance Orbiter, voluto dalla Nasa, che nel 2005 volerà verso Marte alla ricerca dell’acqua. Lo strumento principale della sonda si chiamerà Sharad, uscirà dagli stabilimenti toscani e dovrà fornire la mappa della distribuzione delle falde di acqua, allo stato liquido e solido, sotto la superficie di Marte.

Altri sensori della Galileo saranno montati su Venus Express, che sempre nel 2005 partirà per svelare i segreti che ancora circondano Venere, la «stella del mattino», mentre altri stanno guidando la sonda interplanetaria Cassini che, dopo aver visitato Giove nel dicembre 2000, sta girando intorno a Saturno e alla sua luna più grande, Titano. Poi sarà la volta di Messenger verso Mercurio e di Pluto-Kupier Belt verso Plutone, il pianeta più lontano dal sistema solare, e la sua luna Charon che visiterà nel 2015 per poi proseguire verso gli oggetti della «cintura di Kupier», il luogo ai confini del sistema solare da dove dovrebbero provenire le comete.

Qualche «pezzo» firmato Galileo finirà anche sul satellite per rilevazioni climatiche e meteorologiche Adm-Aeolus dell’Agenzia spaziale europea, il cui lancio è previsto nel 2006. Per essere più precisi, dalla fabbrica di Campi Bisenzio uscirà un trasmettitore laser cuore di uno strumento per la misurazione del vento. Le informazioni che saranno acquisite, oltre a rendere possibili previsioni del tempo più accurate, consentiranno osservazioni dettagliate sulla circolazione del vento sulla terra permettendo anche di interpretare fenomeni devastanti come i cicloni e i tornadi.

Rimettendo i piedi per terra, quali sono le ricadute scientifico-industriali sulla nostra regione?

«Per prima cosa questi risultati sono – dice Alberto Mensa – il frutto di una grande tradizione nel campo della strumentazione ottica. Prima come Officine Galileo e oggi come Galileo Avionica abbiamo fornito questi sistemi oltre che per le missioni spaziali europee anche per quelle americane, collocandoci in posizioni di grande prestigio in Europa, dove contendiamo il primato alla Francia, e nel resto del mondo. I sensori, ad esempio, sono parti estremamente costose e molto sofisticate dal punto di vista tecnologico e il fatto di essere adottate anche dalla Nasa, oltre che dalla Agenzia spaziale europea, testimonia l’elevato livello raggiunto da questa azienda. E in termini di prospettive per il futuro, la cosa molto importante è che questo tipo di sensori troverà applicazione, in parte la sta già trovando, in satelliti di tipo commerciale, quelli per le telecomunicazioni per capirci, che sono in generale meno difficili in termini di requisiti e di precisione, ma che sono molto più attraenti in termini industriali e puramente economici. Di satelliti per le telecomunicazioni se ne lanciano una ventina l’anno, mentre di missioni scientifiche come quelle di Marte se ne fanno due nell’arco di un decenni».

Se lavorare per le telecomunicazioni è relativamente più semplice, lavorare per i sensori tipo quelli di Mars quanto tempo richiede e quante persone coinvolge?

«È un lavoro che parte molto da lontano, nel senso che è il risultato di un processo di sviluppo, sia tecnologico che di prodotti, che può variare da tre a cinque anni e che comunque poggia sull’esperienza che la società ha acquisito e sviluppato nel tempo. In termini di riflessi occupazionali, possiamo dire, in modo del tutto indicativo, che un oggetto di questo tipo ha un costo industriale dell’ordine del miliardo di vecchie lire, oltre 500 mila euro. Infine, una delle caratteristiche più interessanti della nostra azienda – conclude il dirigente della Galileo Avionica – è il personale altamente qualificato, cresciuto in un processo di sviluppo durato anni. Non è un personale che si può facilmente trovare sul mercato».

Le tappe dell’esplorazione• Marte è un pianeta difficile da visitare. Sono state tentate almeno quaranta missioni e più della metà sono fallite.

• La prima missione su Marte, riuscita, Mariner 4, venne lanciata dalla Nasa il 28 novembre 1964. Passò a 9844 km dal pianeta, scattando, come programmato, 22 immagini.

• Il primo veicolo spaziale a orbitare intorno a Marte fu la sonda russa Mars 2 nel 1971. La sonda sorella, Mars 3, riuscì anch’essa nell’impresa e lasciò cadere con successo un lander sulla superficie. Fu operativo per soli 20 secondi: gli esperti sospettano che a distruggerlo sia stata una tempesta di polvere marziana. Nello stesso anno anche il primo orbiter della Nasa raggiunse l’orbita di Marte.

• Le missioni spaziali che tuttavia fecero dell’esplorazione di Marte un obiettivo fondamentale furono indubbiamente quelle delle sonde gemelle Viking a metà degli anni ’70. Entrambe erano composte da un orbiter e da un lander e scattarono le prime foto dettagliate della superficie marziana. Mostrarono un paesaggio desertico che, per la temperatura, era effettivamente più simile alla tundra terrestre. Gli orbiter riuscirono a mappare il 97% del pianeta.

• L’ulteriore esplorazione di Marte conobbe poi una pausa di oltre vent’anni, interrotta solamente da alcuni tentativi falliti o parzialmente riusciti (orbiter/lander sovietico Phobos 1, perso sulla rotta verso Marte nel 1989, Phobos 2, perso anch’esso vicino a Phobos, una luna di Marte e la sonda statunitense Mars Observer, persa prima dell’arrivo su Marte nel 1993).

• Mars Global Surveyor è stata la prima missione sul Pianeta Rosso ad avere successo in un arco di vent’anni. Lanciata nel 1996, raggiunse l’orbita nel 1997.

• Sempre nel 1997, la politica del «faster, cheaper, better», ovvero più in fretta, a minor prezzo e meglio, portò il Mars Pathfinder sulla superficie del Pianeta Rosso. Sojourner, il piccolo rover, è proceduto lentamente sulla superficie per molte settimane, analizzando rocce e catturando l’immaginazione del pubblico. Sfortunatamente quella missione non si è dimostrata essere l’inizio di un glorioso rinascimento: le quattro missioni successive sono fallite.

• L’orbiter e i lander russi Mars ’96, che trasportavano diversi esperimenti europei, sono andati persi nell’incidente di lancio del veicolo nel 1996. Il Mars Climate Orbiter statunitense si è perso all’arrivo su Marte nel 1999. Altrettanto è accaduto alle sonde statunitensi Mars Polar Lander/Deep Space 2 nel 1999.

• Tuttavia, nel 2001, la sonda statunitense Mars Odyssey è riuscita a raggiungere l’orbita con a bordo esperimenti scientifici per condurre osservazioni globali di Marte. Questo veicolo spaziale sarà inoltre operativo come ripetitore per le comunicazioni per il veicolo spaziale statunitense ed europeo che arriverà su Marte nel 2003 e nel 2004.

• L’anno 2003, comunque, ha conosciuto un rinnovato interesse per Marte, con un crescendo di missioni verso il Pianeta Rosso, il lancio da parte dell’Agenzia Spaziale Europea di Mars Express insieme a Beagle, il suo modulo lander, e i due rover della Nasa, Spirit e Opportunity.

• Domenica 4 gennaio 2004 la sonda Spirit si è posata su Marte e ha cominciato ha mandare sulla terra le immagini del Pianeta rosso.

Schiapparelli e padre Secchi i grandi precursoriGiovanni Virgilio Schiaparelli (1835-1910) è considerato il più grande astronomo italiano. A lui si devono importantissime osservazioni di Marte.

Nel 1877 durante un’opposizione di Marte estremamente favorevole Schiaparelli, allora direttore dell’Osservatorio di Milano, utilizzò il telescopio Merz, da 218 millimetri di diametro, della Specola situata sulla sommità del cinquecentesco palazzo di Brera, per iniziare una sistematica osservazione del Pianeta rosso. Le conoscenze sul pianeta erano, al tempo, alquanto scarse, anche se vari osservatori avevano già tracciato centinaia di disegni, mentre l’unica carta dettagliata disponibile era quella pubblicata da Proctor nel 1867. Al tempo delle sue prime osservazioni, Schiaparelli era già un astronomo famoso ed autorevole, per aver scoperto il pianetino Esperia, ed aver spiegato scientificamente la vera natura delle stelle cadenti. Durante le sue precise osservazioni scoprì nuovi mari, isole e continenti ma, soprattutto, segnalò la presenza di formazioni regolari che somigliavano a canali che scatenarono la fantasia di chi voleva il pianeta abitato da esseri intelligenti.

Il temine «canali», comunque, era già stato utilizzato nel 1859, dal gesuita padre Angelo Secchi che, durante le sue osservazioni di Marte, volle identificare in questo modo alcune lunghe e regolari striature che apparivano sulla sua superficie.

Nato a Reggio Emilia, padre Angelo Secchi entrò nella Compagnia di Gesù nel 1833, e nel 1835 andò a studiare astronomia, nel famoso Collegio Romano dell’ordine. Nel 1849 divenne direttore dell’osservatorio del Collegio Romano. Secchi è oggi principalmente ricordato come uno dei grandi pionieri della spettroscopia stellare, e planetaria. Ideò un nuovo sistema di classificazione per le stelle, che divise in quattro tipi (il sistema fu sostituito in seguito da quello di Harvard). Fu anche il primo a fotografare la corona solare. Oltre a pioniere della spettroscopia, Secchi fu anche maestro nell’osservazione del Sole e dei pianeti. Nel 1858, iniziò ad osservare Marte, utilizzando il rifrattore (costruito da Merz di 24 centimetri di diametro) installato sopra la chiesa di San Ignazio, nell’osservatorio del Collegio Romano di Roma.

Schiaparelli, inizialmente, associò i canali a formazioni di tipo naturale, ma in seguito considerò la possibilità che fossero di natura artificiale. In un articolo titolato «La vita su Marte», egli salì in groppa all’ippogrifo della fantasia, (una metafora che utilizzava quando soleva parlare delle sue ipotesi più ardite), ed immaginò il regime delle acque di Marte costruito e regolato dagli abitanti del pianeta rosso. Un’osservazione logica per quel tempo, in quanto era comune credenza che 1’acqua scorresse libera sulla superficie del pianeta, e che gli stagionali cambiamenti di colore, fossero da addebitarsi alla presenza di mari e grandi foreste.

A Schiaparelli si devono i primi planisferi dettagliati del pianeta nei quali utilizzò, per la prima volta, una nomenclatura in latino delle formazioni osservate. I nomi erano tratti dall’antica geografia e dalla mitologia.Questa nomenclatura, fu in seguito accettata universalmente dalla comunità scientifica. Solo di recente è stata in parte modificata, per meglio adattarla ai nuovi particolari ottenuti dalle sonde spaziali.

Lo sbarco sulla luna un evento per la tv

E al cinema siamo tutti un po’ marziani

In rete

La sezione italiana dell’Agenzia spaziale europea (Esa)

Le immagini da Marte di Mars Express

Missione Mars Pathfinder (in it.)

Missione Mars Pathfinder (in ing.)

Il sito della Nasa

Siti su missioni su Marte (sito Nasa)

Asi – Agenzia spaziale italiana

Sonda Viking (in italiano)