Italia

300 mila in marcia per un Europa di pace

di Patrizia Caiffa Una Marcia della pace con 300.000 persone, diversa da quella degli altri anni: per la prima volta, oltre alla partecipazione massiccia delle organizzazioni, domenica erano presenti soprattutto singoli cittadini e famiglie, per chiedere “un’Europa di pace” ed impegnarsi in prima persona per costruirla. Giovanni Paolo II, tramite un messaggio indirizzato a mons. Sergio Goretti, vescovo di Assisi, si è rivolto ai partecipanti alla Perugia-Assisi rallegrandosi “con gli organizzatori ed i protagonisti, che in questa benemerita iniziativa hanno voluto unire le due dimensioni: ‘l’Europa e la pace’. Potremmo dire che esse si sostengono a vicenda: l’una richiama l’altra”. “Da giovane – scrive nel messaggio -, ho potuto constatare per esperienza personale il dramma di un’Europa priva della pace. Ciò mi ha ancor più spinto ad operare instancabilmente perché l’Europa ritrovasse la solidarietà nella pace e divenisse, tra gli altri Continenti, artefice di pace, dentro e fuori dei suoi confini”. Il Papa riconosce “che forse in questi anni non si è investito molto per difendere la pace, preferendo piuttosto, talora, destinare ingenti risorse all’acquisto di armi”. “E’ stato come se si ‘sprecasse’ la pace – afferma -. Non poche speranze si sono spente. La cronaca quotidiana ci ricorda che le guerre continuano ad avvelenare la vita dei popoli, soprattutto dei Paesi più poveri”. Di fronte a tanti drammi “che fare?”, si chiede il Papa: “Malgrado le difficoltà – sottolinea -, non bisogna perdere la fiducia. E’ doveroso continuare a operare per la pace, ad essere artefici di pace”. Ecco alcune voci raccolte lungo la strada, tra le migliaia di bandiere arcobaleno e a stelle gialle sul blu dell’Europa.

Le voci delle organizzazioni… La presenza spontanea di tante persone non organizzate, secondo Rosario Lembo, presidente del Cipsi, il coordinamento di 30 ong di solidarietà internazionale, è il segno che “in Italia c’è una maggiore partecipazione e responsabilità – afferma -. Si comincia a capire che bisogna impegnarsi in prima persona per l’affermazione di alcuni diritti fondamentali e per dire che tipo di Europa vogliamo. E’ il momento che la classe politica italiana ed europea cominci a prenderne consapevolezza, perché non può più prescindere dalle volontà e dai desideri di ciascun cittadino”. Conferma Sergio Marelli, presidente di Volontari nel mondo-Focsiv, il coordinamento di 57 ong cristiane, “è un bel segnale”. “Non si può più non ascoltare questo popolo della pace – sottolinea -, che non fa richieste astruse e utopiche, ma chiede che l’Europa si doti di una Costituzione in cui la pace sia un valore fondamentale e gli strumenti per raggiungerla siano la solidarietà, la cooperazione, i diritti garantiti per tutti. Questa Europa coinvolge ciascuno di noi: o ognuno si assume il suo pezzettino di responsabilità oppure sappiamo come vanno a finire le decisioni prese solo dai grandi della terra”. A suo avviso “c’è un pensare europeo e una coscienza che sta crescendo, assieme alla volontà di individuare delle soluzioni per fare delle proposte concrete”.

Secondo don Tonio Dell’Olio, coordinatore di Pax Christi Italia, “se l’Europa vuole davvero porsi come soggetto nuovo, non può non investire in un diritto internazionale che garantisca davvero la pace dei popoli. E’ la richiesta grande e forte che viene da questa manifestazione: inserire nella Costituzione europea l’articolo 11 della Costituzione italiana che ripudia la guerra”. Anche le Acli, per voce del presidente Luigi Bobba, chiede “alla politica di dire con chiarezza sulla pace i suoi ‘Sì, sì. No, no”.

…e del “popolo della pace”. “L’Europa costruttrice di pace per ora è ancora un sogno”, afferma Fabio, 32 anni, insegnante di st oria e filosofia: “La strada da percorrere è di farsi promotrice di reale sviluppo nel mondo, allargando l’Unione e rapportandosi ad altre realtà, ad esempio ai Paesi musulmani, senza criteri di dominio o imperialistici o colonialisti a livello economico”. A suo parere “sottolineare l’identità cristiana dell’Europa è buono, purché non sia un distinguersi dalle altre identità culturali, perché la contrapposizione che ne è spesso figlia non porta nulla, tanto meno la pace. L’Europa potrebbe essere fautrice di pace se riuscisse in qualche modo a controbilanciare i grandi poteri presenti oggi nel mondo. Che purtroppo non sono solo poteri politici, ma sono lo strapotere delle multinazionali, che hanno grossi appoggi anche in Europa”. Cristiano, 27 anni, dottorando in economia dello sviluppo, auspica invece che l’Europa possa “svolgere un ruolo diverso e più autonomo”. E sogna “un’Europa capace di dare segni di pace e non di fare solo dei passi verso la corsa agli armamenti, come è successo in Italia con la riforma della legge sull’esportazione di armi”. Pensa che la “società civile europea possa assumere sempre più importanza perché piano piano sta coinvolgendo strati sempre più ampi di popolazione. La situazione interna è tutt’altro che positiva, allora sempre più persone si accorgono che bisogna cambiare il modello che stiamo seguendo. In questo momento c’è un’Europa dei governi e un’Europa dei popoli, che sta uscendo allo scoperto con molta difficoltà, ma che vuole dire la sua”. Giulia, 20 anni, studia agraria a Firenze e manifesta il suo ottimismo pur riconoscendo che “è dura”: “Tutta questa gente oggi significa che ognuno con il suo piccolo contributo può cambiare la realtà. Perché ogni persona che crede nella pace è già di per sé un piccolo profeta”.

Tavola per la pace