Italia

43° RAPPORTO CENSIS: IN ITALIA UNA SOCIETÀ TESTARDAMENTE REPLICANTE

Una società “testardamente replicante”, che da quel “non saremo più come prima”, che un anno fa dominava la psicologia collettiva è passata ad un “siamo sempre gli stessi” che “l’appiattisce alla contingenza ma non la deprime”. Una società resistente alla crisi perché “non ha esasperato il primato della finanza sull’economia reale, perché le banche hanno mantenuto un forte aggancio al territorio, perché il sistema economico è caratterizzato da una diffusissima e molecolare presenza di piccole aziende, perché il suo mercato del lavoro è elastico (si pensi al sommerso di dimensioni crescenti) e protetto (si pensi al lavoro fisso e agli ammortizzatori sociali), perché le famiglie sono patrimonializzate (risparmi e proprietà della casa)”. E’ l’immagine della società italiana che emerge dal 43° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato oggi a Roma. Se la nostra società ha passato senza troppi danni il 2009, afferma il Censis, lo deve “all’intrecciarsi quotidiano di queste componenti socioeconomiche”. Non è stata una “reazione casuale o improvvisata ma di un ricorrente riflesso condizionato”: la società italiana ha messo in campo “il tradizionale modello adattativo-reattivo”. Tuttavia “il rieccolo” del paesone italiano non è mai “un ritorno all’eguale” in quanto, avverte il Censis sono in corso alcuni processi di trasformazione che preparano il dopo”. “La dura ristrutturazione del terziario e lo sfarinamento del ciclo dell’individualismo” sono due di queste trasformazioni, afferma il Censis. Nel terziario “sono confluiti nel tempo servizi alle imprese sovradimensionati rispetto alle esigenze. Il rallentamento dello sviluppo, dei consumi, delle disponibilità di spesa ha oggi ridotto queste ‘cavalcate espansive’ affermando “meccanismi di selezione e razionalizzazione, con una concentrazione qualitativa della domanda che mette fuori gioco una parte consistente di una offerta abituata ad una falsa facilità del mercato”. Dal Rapporto emerge come “il protagonismo individuale che, dagli anni ’70 in poi, si è affermato con la crescita del lavoro autonomo e della piccola impresa, della personalizzazione del potere politico, della ideologia della competizione e del mercato, sia destinato a sfarinarsi”. L’individualismo, infatti, “è sempre meno capace di risolvere i problemi della complessità che lo trascende e il soggettivismo etico mostra la corda rispetto all’esigenza di valori condivisi”. Sul “dopo” il Censis afferma che “c’è una propensione a pensare a una società capace di migliorarsi” anche se le discussioni in corso “guardano indietro”, oppure “fuggono in avanti, rincorrendo una fantasmatica ipotesi di nuova ontologia”, individuata talvolta nel fondamentalismo dei valori e della loro radice religiosa o della scienza”.Occupazione persa nel Mezzogiorno e nel paralavoro; 162 mila imprese chiuse nel commercio e nel terziario. Stringere la cinta non basta più: per la ripresa del 2010 gli italiani chiedono maggiore sostegno per famiglie, giovani e piccole imprese. Sono alcuni dati che emergono dal 43° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato oggi a Roma. “La stressata resistenza delle famiglie” viene così descritta: “nel mezzo della crisi, per il 71,5% delle famiglie italiane il reddito mensile è sufficiente a coprire le spese. Il dato sale al 78,9% al Nord-Est, al 76,7% al Nord-Ovest, al 71% al Centro, al Sud scende al 63,5%. Il 28,5% delle famiglie che hanno avuto difficoltà a coprire le spese mensili con il proprio reddito ha fatto ricorso a una pluralità di fonti alternative, con una miscela che si è dimostrata efficace”. Negli ultimi 18 mesi, poi, “più dell’83% delle famiglie ha modificato le proprie abitudini alimentari, contenendo sprechi (40%), cercando prezzi convenienti (39,7%). Riguardo al futuro le famiglie con figli (49,7%) e i giovani (48,8%) sono i soggetti che devono essere aiutati per favorire la ripresa. Nell’economia, oltre il 33% del campione ritiene importante aiutare la piccola impresa”.Secondo il Censis, fino a oggi il mercato del lavoro in Italia ha retto anche se la tenuta non c’è stata in tutto il Paese. A metà del 2009 risultavano persi, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, 378 mila posti di lavoro (-1,6%), meglio di Spagna e Gran Bretagna ma peggio di Francia e Germania. Gli effetti negativi hanno riguardato solo i soggetti meno tutelati: il lavoro autonomo, il “paralavoro” (162 mila posti in meno, -4,3%), il lavoro a termine (-229 mila lavoratori, -9,4%), le collaborazioni a progetto (-12,1%) e quelle occasionali (-19,9%), mentre il popolo delle partite Iva è aumentato, raggiungendo quasi quota un milione (+132 mila, +16,3%). Il lavoro tradizionale, dipendente e a tempo indeterminato, ha invece continuato a crescere, registrando nel periodo 2008-2009 un +0,4% (oltre 60 mila posti in più). Ma la tenuta non c’è stata in tutto il Paese. Al Sud sono stati bruciati 271 mila posti di lavoro (-4,1%). L’intero settore terziario è in una fase di profonda trasformazione, con un saldo fortemente negativo tra iscrizioni e cancellazioni di imprese, quest’ultime sono ben 162.000. I comparti più in difficoltà sono trasporti e magazzinaggio (-29,1 per 1.000 imprese attive), immobiliare (-16,9), attività finanziarie e assicurative (-12,5), servizi di informazione e comunicazione (-8,5), servizi di turismo (-6,5).Sir