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ABORTO: APPELLO AL PARLAMENTO PER CONTARE I BAMBINI VIVI

“Contare i vivi, e non soltanto i morti”. E’ la prima tesi del V Rapporto al Parlamento del Movimento per la Vita (Mpv), presentata oggi a Torino. Città, questa, scelta “provocatoriamente” dall’Mpv anche per protestare contro l’eventuale sperimentazione nel capoluogo piemontese – per la prima volta in Italia – dell’aborto chimico. “Contare i vivi – i bambini nati nonostante un precedente orientamento o addirittura una già presa decisione di aborto – e non soltanto i morti”, cioè le interruzioni volontarie di gravidanza che si eseguono ogni anno in Italia: è formulato in questi termini, nel Rapporto, il principio di “preferenza per la nascita”, che per Mpv è “coerente con la legge 194, quella sull’aborto, secondo la quale il ministro della sanità deve riferire al Parlamento sull’attuazione della legge anche in ordine alla prevenzione”.

In questa prospettiva, i risultati ottenuti in questi anni dai circa 300 Centri di aiuto alla vita (Cav),oggetto della seconda tesi del Rapporto, sono per gli estensori del documento “un modello di ciò che le articolazioni dello Stato dovrebbero fare”. Negli ultimi14 anni di attività dei Cav, informa il Rapporto sulla base di “dati-campione” che ne rappresentano circa la metà, sono circa 55 mila i “bambini nati” con l’intervento dei Cav. Su oltre 5 mila donne che si sono rivolte ai Cav e che avevano già deciso l’interruzione volontaria della gravidanza, oltre il 70%, inoltre, hanno proseguito la gestazione e solo il 28% (140 donne) hanno abortito; dei bambini nati, infine, 27.164 sono rimasti con le madri, 227 (0,8%) sono andati in adozione e 199 (0,7%) in affido”. “Avviare una riforma dei consultori familiari in modo che essi per composizione, funzione, controlli, manifestino la volontà dello Stato, anche quando rinuncia al divieto penale dell’aborto. Prevedere particolari forme di valorizzazione di volontariato a servizio della vita nascente mediante la collaborazione con i consultori e i presidi sanitari”. Sono alcune proposte concrete contenute nel V Rapporto al Parlamento del Movimento per la vita (Mpv), in cui si chiede anche “che l’educazione al rispetto del diritto alla vita fin dal concepimento trovi adeguato spazio nella scuola e nei mezzi di informazione” e che “siano stanziate somme adeguate da gestire sotto rigoroso controllo pubblico dai consultori e dalle strutture di volontariato a servizio della vita, affinché nessuna donna possa dire di essere stata costretta ad abortire per difficoltà economiche”. Oltre a quella dei Cav, Mpv cita esperienze come “Sos vita” (numero verde 8008.13000), che opera dal 1994 e che ha ricevuto 17.272 chiamate da 10.521 persone: donne in difficoltà (ma anche minorenni), con gravidanza difficile o orientate ad abortire: su 370 casi, “239 donne hanno partorito un bimbo e solo 69 hanno abortito”. C’è poi “Telefono rosso” (06.3050077), gestito dall’Istituto di clinica ostetrica e ginecologica dell’Università Cattolica, che in due anni – si legge nel Rapporto – ha effettuato 7545 consulenze gratuite, delle quali “il 10% riguardava donne già indirizzate all’aborto perché consigliate da medici o da partenti”. Altra esperienza è “Progetto Gemma”; una “forma di adozione a distanza ravvicinata”, tramite la quale nell’arco di 8 anni “sono state adottate 6.553 madri con i loro bambini erogando la somma di 18.275.450 euro”: se la prospettiva dell’aborto ha cause economiche, spiega Mpv, “una famiglia o un gruppo si fa carico per 18 mesi di erogare alla madre 160 euro al mese”.Sir