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ABORTO: PRESENTATO A SAN MINIATO LIBRO SU RU486; PUO’ ESSERE MORTALE, 13 CASI IN MONDO

L’aborto chimico praticato con la pillola Ru486 è più rischioso, doloroso, traumatico di quello chirurgico. Ne sono convinte Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella, docenti universitarie e giornaliste che, invitate dall’associazione Scienza e Vita di Pisa e di Livorno, hanno presentato a San Miniato (Pisa) in anteprima il loro libro “La favola dell’aborto facile-Miti e realtà della pillola Ru486” (Franco Angeli editore).

“Le donne che hanno fatto esperienza della Ru486 – hanno detto le autrici – hanno segnalato spontaneamente centinaia di eventi avversi: infezioni, emorragie gravi, crampi violenti, allergie, complicazioni cardiache e respiratorie”.

Dati confermati anche dal dottor Renzo Puccetti, medico pisano presente all’incontro, da mesi impegnato a studiare i report scritti nei Paesi dove si fa uso ormai da anni della pillola abortiva: “non esiste un solo studio della letteratura mondiale – ha detto – che attesti il maggior grado di sicurezza dell’aborto farmacologico; anzi. L’aborto ottenuto con la RU486 ha effetti collaterali assai più negativi di un aborto chirurgico: il sanguinamento è tre volte e mezzo più intenso e la durata è sei volte e mezzo più prolungata, mentre dopo la procedura abortiva i livelli d’ansia e di stress sono più elevati rispetto alla procedura chirurgica”.

L’ultimo caso di eventi avversi, è stato detto, è avvenuto in Toscana, dove una donna sottoposta ad interruzione volontaria di gravidanza mediante metodica farmacologica (Ru 486 + farmaci) ha riportato una emorragia tale da rendere necessario il ricovero in un ospedale a Roma e la successiva revisione chirurgica della cavità uterina. “Ma, quel che è più grave – é scritto nel libro – è che di Ru486 si muore”.

Secondo Assuntina Morresi ed Eugenia Roccella “fino ad oggi sono 13 le donne morte nel mondo occidentale; ogni caso è stato scoperto e denunciato a fatica, da parenti, associazioni femministe o cristiane, e solo di rado dalle autorità sanitarie”. “La Food and Drug Administration, che aveva consentito nel 2000 l’uso del farmaco negli Usa – hanno spiegato le due docenti – è stata costretta a porsi ufficialmente il problema della rara infezione che ha ucciso quattro giovani donne in California in meno di due anni; e una tra le maggiori riviste mediche internazionali, il ‘New England journal of Medicine’, ha riportato, in un articolo di dicembre 2005, che l’aborto chimico ha una mortalità dieci volte superiore a quello chirurgico a parità di età gestazionale”.

Nel convegno promosso da Scienza & Vita si è parlato anche di eutanasia infantile, facendo anche riferimento alle recenti raccomandazioni promosse dall’ordine dei medici di Firenze (ed approvate da diverse società scientifiche) sul comportamento che i medici dovrebbero tenere nei confronti di bambini nati pre-termine. Il documento sembra portare a 25 settimane il limite di vitalità, giudicando straordinarie le cure prestate a neonati di età gestazionale inferiore. Un limite ritenuto troppo alto da numerosi colleghi. La neonatologa pisana Laura Guerrini ha riportato dati scientifici che dimostrano come, in alcuni centri, sopravvivano oltre il 50% dei bambini nati largamente pre-termine. “Nel dubbio di una diagnosi – ha detto Guerrini – è doveroso stare dalla parte della vita, ed evitare che comportamenti omissivi assumano un significato eutanasico. Rimane ferma la condanna di qualsiasi forma di accanimento terapeutico”. (ANSA).