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Aggressione migranti: Caritas Roma, «parole dei politici possono scatenare violenza del branco»

Prima gli insulti, come «sporco negro», poi le botte. Aggressione a sfondo razziale nella notte tra sabato e domenica, nel centro di Roma. Le vittime, un cittadino del Bangladesh e un egiziano, sono stati circondati da cinque ragazzi in piazza Cairoli e aggrediti, dopo essere stati insultati. Ad avere la peggio il ventisettenne del Bangladesh, trasportato in ospedale con traumi al volto giudicati guaribili in 30 giorni. La polizia ha bloccato cinque ragazzi tra i 17 e i 19 anni. Uno di loro è stato arrestato con l’accusa di tentato omicidio. Per gli investigatori si sarebbe accanito sulla vittima quando era già a terra, colpendola ripetutamente con calci al volto.     

«Bisogna far capire ai politici che le loro parole incitano all’odio e possono scatenare la violenza nelle teste calde. Devono stare attenti a ciò che dicono: serve una coscienza culturale che non contribuisca ad aizzare il branco». Così mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, commenta oggi al Sir l’aggressione a sfondo razziale. «Quando avvengono questi episodi mi chiedo le ragioni per cui questi ragazzi agiscano con tanta violenza gratuita – dice Feroci -. Senza giustificarli, penso molti ragazzi che vivono nelle periferie, senza Stato e senza famiglia, spesso ascoltano e ripetono  quello che sentono dall’alto. Sono anche loro vittime degli agitatori politici che affermano le solite falsità sui migranti: ‘ci rubano il lavoro, la casa, ci invadono’. Il rischio è che per guadagnare quattro voti in più poi si aizzino queste teste calde». Mons. Feroci invita alcuni esponenti politici «ad avere maggiore consapevolezza delle conseguenze delle loro parole, a fare uno sforzo di conoscenza del fenomeno migratorio, altrimenti si fomentano delle guerre tra poveri in una società che annaspa nel malessere di non avere casa e lavoro. Altrimenti chi si sente forte davanti al debole, in questo caso poveretti inermi, agisce per far vedere chi è che comanda». A suo avviso si tratta di «una questione culturale: bisogna far attenzione ai messaggi che si danno, perché chi ha la testa piccola li recepisce in modo sbagliato e agisce con violenza». Nonostante ciò Feroci non si sente di dire che Roma è diventata più razzista perché «gli esempi di accoglienza sono molti di più di questi pochi episodi negativi».

La Comunità di Sant’Egidio esprime vicinanza e solidarietà ai due cittadini stranieri, vittime di un agguato mentre tornavano dal lavoro che svolgono in un ristorante del centro storico. «La violenza, accompagnata da un linguaggio di disprezzo, è spesso il frutto di una ‘predicazione dell’odio’ nei confronti di chi si ritiene diverso, alimentata da pregiudizi e ignoranza o da colpevoli strumentalizzazioni – osserva Sant’Egidio -. A farne le spese sono, troppo spesso, persone innocenti, in questo caso lavoratori già inseriti nel tessuto produttivo della città». «Roma non può accettare che prevalga questo clima – sottolinea -: c’è bisogno di costruire una rete che favorisca l’incontro fra realtà diverse, la conoscenza e l’integrazione tra i suoi abitanti, soprattutto nelle periferie. Il fatto che gli autori dell’agguato siano tutti giovanissimi richiede inoltre un impegno importante di educazione al rispetto e alla non violenza che deve coinvolgere tutti, a partire dalle scuole e dalle famiglie».