Italia

Biotestamento: don Angelelli (Cei), «tutela medici e strutture sanitarie, ma non i malati»

La tutela della persona nella sua interezza, nel momento della malattia e, soprattutto, al termine della vita, dovrebbe essere al primo posto, per questo «non possiamo riconoscerci in una legge che tutela i medici sollevandoli da ogni responsabilità e le strutture sanitarie pubbliche, ma non i malati». Boccia la legge approvata oggi al Senato sul cosiddetto biotestamento don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale di pastorale della salute della Cei, per il quale pur essendo «necessaria» una legge sul tema, il testo approvato presenta «lacune» e incontrerà «difficoltà nell’applicazione» perché «si possono già ipotizzare dei conflitti nell’interpretazione delle norme». Tra i punti più insidiosi della nuova legge, per gli ospedali cattolici, l’articolo che considera idratazione e nutrizione un trattamento sanitario: «Le strutture di cura cattoliche, che hanno come riferimento il Magistero della Chiesa e, quindi, la difesa della vita, non daranno seguito alla richiesta di un paziente di sospendere l’idratazione e la nutrizione artificiali senza motivazioni cliniche. La limitazione della libertà di coscienza e di obiezione del medico è legittima dal punto di vista Costituzionale?», si chiede don Angelelli, che propone di basare la relazione terapeutica di cura su tre elementi: «L’informazione corretta sulla patologia; la comunicazione chiara da parte del medico sulla situazione; la capacità empatica di accogliere il vissuto del malato per accompagnarlo nel cammino terapeutico».

Da parte sua Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita e prorettore dell’Università Europea di Roma commenta: «La stragrande maggioranza di medici, specialisti, oncologi, bioeticisti, giuristi, associazioni di cittadini auditi dal Senato (ben 37 su 42) hanno argomentato che il disegno di legge andava modificato, ognuno portando, con competenza, motivazioni serie e puntuali. Perché ora il Senato sia rimasto sordo a questi rilievi ed abbia approvato un testo non condiviso dalla stragrande maggioranza di coloro che si occupano da sempre di sanità e fragilità dei pazienti non è un mistero ed è chiaramente legato ad un intento elettoralistico, ma rimane un grave errore politico e culturale, una vera e propria eclissi della ragione, con sicure ricadute sociali». «Saremo sommersi da slogan che inneggeranno alla vittoria dei diritti civili – prosegue Gambino – e, così, qualcuno penserà di ricompattare un elettorato, che prima o poi – però – si accorgerà sulla sua pelle del drammatico peggioramento delle prassi sanitarie italiane provocate dall’approvazione di una legge, monca della doverosa doppia lettura che il Senato – salvato dagli elettori referendari – non ha voluto effettuare». «Ora ci impegneremo – conclude il presidente di Scienza & Vita – per scongiurare derive di abbandono terapeutico dei pazienti più fragili e indifesi provocate dalla lettura autodeterministica di questa legge».

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