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CANNABIS: DON BATTAGLIA (FICT), «AI PROBLEMI COMPLESSI NON POSSONO ESSERE DATE RISPOSTE SEMPLICI»

Il decreto di ieri sera del ministero della Salute con il quale viene innalzato da 500 a 1.000 milligrammi il quantitativo massimo di cannabis a uso esclusivamente personale “ci lascia perplessi, non tanto per le conseguenze”. È quanto dice don Mimmo Battaglia, presidente della Fict (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche), parlando del decreto che modifica la tabella per la droga “cannabis”, raddoppiandone “la dose lecita” per uso personale. “Noi della Fict – aggiunge il sacerdote – abbiamo sempre ribadito che non attribuiamo alla punibilità la soluzione del male: la droga. Mandare in carcere i ragazzi che usano spinelli di certo non è una soluzione al loro disagio, a quello delle loro famiglie e a quello della comunità sociale tutta, che continua ad assistere impotente all’uso smodato di sostanze di ogni genere e all’incremento di una cultura che esalta il piacere momentaneo e la performance a discapito di valori etici e di responsabilità sociale; soprattutto se i protagonisti sono proprio le nuove generazioni, che sembrano incontrare un livello adulto che si ostina a pensare in termini di rimedi estemporanei e di male minore piuttosto che riflettere sulle conseguenze a lungo termine che l’attitudine allo sballo provoca”.

“Ritornare a parlare e a scontrarsi su logiche di quantità, oltre che a lasciarci dubbiosi, ci rinnova la preoccupazione che da diverso tempo stiamo cercando di condividere e denunciare”, afferma don Battaglia, che ribadisce la necessità di “formalizzare un dialogo tra veri esperti, garanzia di scientificità ed esperienza reale e non di mera lotta tra parti con strumentalizzazioni di vario genere”.

Don Battaglia ribadisce anche l’urgenza di “un confronto franco e sostanziale su livelli educativi e di prevenzione, veri strumenti di contrasto a ogni forma di dipendenza. Se la necessità di aumentare la quantità di sostanza è il sintomo della consapevolezza dell’aumento dell’uso e del dosaggio personale di cannabis tra i giovani e i giovanissimi, è questo che davvero deve allarmare e obbligare alla riflessione”.

Il nostro Paese ha bisogno di una riflessione “ampia e condivisa sui costumi giovanili e sulle dipendenze a cui non si può rispondere in maniera frettolosa e incompleta” e per questo “ancora una volta chiediamo di essere ascoltati. Non perché la verità sia in tasca di qualcuno di noi, ma perché il Paese si avvalga di esperienze multiple e tutti noi impariamo che ai problemi complessi non possono essere date risposte semplici”.Sir