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CARABINIERE UCCISO IN AFGHANISTAN: MONS. PELVI (ORDINARIO), «NON CI SI PUÒ FERMARE»

Una notizia che «ancora una volta ferisce il cuore di ogni italiano», ma «non ci si può fermare: il lavoro di addestramento che compiono i nostri militari in Afghanistan, in particolare Carabinieri e Guardia di finanza, è per la protezione e la sicurezza di quella gente». Così mons. Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, parla al Sir della morte del carabiniere scelto Manuele Braj, 30enne originario di Galatina (Lecce), e del ferimento di due suoi commilitoni, in seguito a un’esplosione avvenuta questa mattina ad Adraskan, a Ovest di Kabul. La vittima lascia la moglie 28enne e il figlio di 8 mesi. I tre, assieme a un quarto militare rimasto illeso, facevano parte di uno speciale nucleo addestrativo della polizia afghana. Una circostanza sulla quale riflette il vescovo castrense: «L’addestramento è prima di tutto far capire la logica dell’aiuto reciproco, della fraternità, per vivere nel proprio Paese proteggendo i più deboli, stando vicini ai più bisognosi». Mons. Pelvi sottolinea come «nella professione militare l’attenzione all’uomo sia un compito». «I nostri militari – aggiunge – decidono di farsi dono agli altri perché possano vivere in sicurezza. Non ci può essere ricerca della giustizia e della pace senza il rispetto dell’umanità di ogni persona. La pace, prima che traguardo, è cammino, e i nostri militari mettono loro stessi a servizio perché una pace giusta si concretizzi». (Sir)