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CORTE DI STRASBURGO: ROMANO (SCIENZA E VITA), SENTENZA CHE NON FA CHIAREZZA

«La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, non definitiva perché suscettibile di rivisitazione alla Grande Chambre, non cancella le problematiche etiche connesse alla diagnosi genetica preimpianto»: Lucio Romano, presidente nazionale dell’associazione Scienza & vita, commenta il pronunciamento odierno della Corte di Strasburgo. «È bene ricordare che da genitori portatori di fibrosi cistica il 25% dei bambini ha probabilità di nascere malato, il 50% probabilità di nascere sano ma portatore e il 25% probabilità di nascere sano e non portatore», specifica Romano. «Con la tecnica della diagnosi genetica preimpianto, che richiede necessariamente una sovrapproduzione di embrioni, è implicito che anche embrioni sani, portatori e non, saranno soppressi». «Inoltre – prosegue il responsabile di Scienza & vita – giustificare la diagnosi genetica preimpianto sulla base di un ‘riconosciuto’ diritto all’aborto esplicita tangibilmente la finalità selettiva eugenetica della tecnica stessa».

Lucio Romano conclude che la legge 40, contro la quale è intervenuta la Corte di Strasburgo, «non è una legge né ideologica né confessionale, ma pensata per la tutela dei diritti di tutti i soggetti coinvolti, ivi compresi quelli del concepito». «La sentenza della Corte europea rivela invece un atteggiamento di riduzionismo antropologico e di discriminazione nei confronti dell’embrione, considerato meramente ‘materiale di laboratorio’, in palese contraddizione con la recente sentenza» della Corte di giustizia dell’Unione europea (con sede a Lussemburgo) in materia di brevettabilità degli embrioni «che riconosce la dignità di essere umano anche al concepito». (Sir)