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Card. Vallini: sui rom «inaccettabili e da condannare gli inviti a vendicarsi»

Quanto accaduto, scrive il cardinale in un articolo, che sarà pubblicato domani (31 maggio) sul settimanale diocesano «Roma Sette», «mi ha suscitato grande dolore e comprendo le giuste reazioni e i commenti molto severi, che ripropongono sulla ‘questione Rom’ giudizi e opinioni diverse ma non sempre obiettive. Inaccettabili comunque e da condannare severamente sono gli inviti a vendicarsi e le sconsiderate e gravi dichiarazioni di alcuni politici».

Intanto, osserva Vallini, «si dovrebbe partire col ricordare che, in un mondo che va sempre più globalizzandosi, i Rom sono qui da generazioni e la gran parte sono giovani famiglie che con i loro figli sono nati a Roma. È necessario allora far crescere, nel rispetto della legalità, la cultura dell’accoglienza e dell’inclusione sociale e non quella del rifiuto e del disprezzo, sul presupposto da non dimenticare mai che queste persone sono uomini e donne come tutti, nostri fratelli e sorelle, spesso già provati da sofferenze, privazioni e paure. Nessuno si muoverebbe dalla propria terra di origine se vivesse una vita serena e tranquilla».

In secondo luogo, prosegue il cardinale nell’articolo su «Roma Sette», «i campi di accoglienza, comprensibili come soluzioni di emergenza e temporanee, non si giustificano se sono diventati di fatto definitivi. Questo è il punto veramente dolente della questione. Perché si tratta di accampamenti dove il disagio, il malessere, la lotta tra etnie diverse, l’emarginazione sociale ghettizzano le persone, la gran parte delle quali soffrono, subiscono e si adattano, non potendo e spesso non sapendo fare altro, alla sopravvivenza e non di rado all’illegalità e alla devianza».

Il card. Vallini fa sapere di aver visitato tutti i campi: «Conosco personalmente tante famiglie Rom, le seguo e con loro perseguo strade per superare la marginalità e sperimento con dolore quanta prevenzione c’è verso queste persone che vorrebbero uscire da questa condizione, avere un lavoro, affittare una casa e vivere dignitosamente senza sottoporsi all’umiliazione di chiedere l’elemosina o di darsi ad altri espedienti per sopravvivere. L’Unione europea ha dato da alcuni anni indicazioni ai Governi nazionali per l’inclusione sociale di Rom, Sinti e Camminanti, indicazioni volte al superamento degli accampamenti, ma purtroppo da noi non si è fatto quasi nulla. Comprendo le difficoltà economiche, ma ci sono ancora troppi pregiudizi».

Nell’articolo pubblicato sul settimanale diocesano il cardinale Vallini pone alcune domande: «I fondi usati per mantenere i campi non potrebbero essere meglio utilizzati, almeno in parte, per progetti di inclusione sociale che facciano superare per sempre la marginalizzazione? Ricordate il rogo che, alcuni anni or sono, arse vivi quattro fratellini nella loro baracca? Nella commozione del momento si disse che sarebbero partiti subito progetti che, nel giro di alcuni anni, avrebbero superato definitivamente i campi». Eppure, prosegue il cardinale, «se tutti i Rom presenti in città non superano le 8.000 unità, o forse meno, perché nel frattempo un po’ di famiglie sono ritornate nei Paesi di origine dei loro nonni, credo che qualche scelta oculata possa essere fatta. Smantellare i campi va bene, ma la soluzione non è quella di rinchiudere le famiglie sfrattate in altre strutture emarginanti».

Il Vicariato, ricorda Vallini, «attraverso la Caritas diocesana, ha elaborato progetti di inclusione sociale che sono stati messi a disposizione delle istituzioni competenti. Purtroppo siamo ancora in attesa di essere chiamati». A Roma, continua il cardinale, «abbiamo otto campi cosiddetti attrezzati, dieci sono quelli riconosciuti o tollerati e 500 persone circa sono presenti in campi abusivi. Un numero non eccessivo per promuovere gradualmente – sottolineo ‘gradualmente’, perché so bene che il governo della città è cosa complessa da far tremare i polsi – politiche sagge ed efficaci di intervento su queste sacche di emarginazione; significherebbe sviluppare processi sociali virtuosi, educativi e di responsabilizzazione delle persone, che gioverebbero a tutti e alla pace sociale». Il card. Vallini, infine, assicura la sua vicinanza alla famiglia della vittima dell’incidente: «Prego per la signora Corazon ed auguro ai feriti una rapida guarigione. Fatti come quello accaduto sono da condannare severamente e i responsabili da consegnare alla giustizia, ma se non si interviene sulle cause del degrado e del disagio sociale rischiamo di ritrovarci ancora – Dio non voglia! – a piangere altri morti».