Italia
Careggi, bufera per un aborto
E’ morto per emorragia cerebrale il piccolo sopravvisuto per qualche giorno a un intervento di aborto terapeutico, alla 22 settimana, effettuato all’ospedale fiorentino di Careggi. Lo ha stabilito l’autopsia effettuata il 9 marzo. Del caso si discuterà in Consiglio regionale il mercoledì 14 marzo, dopo una comunicazione dell’assessore alla salute Enrico Rossi. «Ai genitori mi sento di dire che la Chiesa è vicina a loro, ha cura di loro, che vuole accompagnarli a superare la tragica vicenda, ma nella chiarezza etica dei principi», ha detto l’arcivescovo di Firenze card. Ennio Antonelli.
Dopo aver ricordato che la sanità si occupa di temi su cui tutti sentono “il bisogno di una riflessione pacata, consapevole, non affrettata”, senza clamori e senza indulgenza all’ “orrore”, Rossi difende i sanitari di Careggi e del Meyer. “Risulta chiaro che nessun errore è stato commesso e che la 194 è stata pienamente rispettata”, aggiunge oltre al fatto che è “stata davvero garantita con umanità da tutti gli operatori la presa in carico del caso”. Per l’assessore, eventuali responsabilità non possono quindi essere attribuite alla sanità toscana ma, semmai, “sono complessivamente di ordine più culturale e politico”.
“Dispiace che su questa vicenda, a differenza di quanto è avvenuto per i trapianti – conclude l’assessore regionale -, ci siano stati tentativi strumentali, giudizi sommari, e si sia tentato di affastellare insieme casi diversi, che non servono ad altro se non a gettare gratuitamente discredito e fango sugli operatori del nostro servizio sanitario, che meritano rispetto”.(ANSA).
7 marzo. Un dramma nel dramma. Una madre che al quinto mese di gravidanza rinuncia al figlio perché malformato e che poi, nella disperazione, prega per la sua sopravvivenza perché malformato non era. Una vicenda che, a distanza di pochi giorni da quella dei trapianti di organi infetti da virus Hiv, ha coinvolto nuovamente l’ospedale fiorentino di Careggi dove sono stati effettuati gli esami dai quali risultava il rischio, rivelatosi poi infondato, di malformazione allo stomaco.
La mamma del bambino, stando ai medici, avrebbe fatto «tutto il percorso di indagini previsto in questi casi».
Il gruppo Udc in Consiglio regionale ha rivolto un’interrogazione urgente al presidente della Regione Toscana chiedendo chiarimenti sulle procedure adottate, ma soprattutto mettendo in evidenza che quanto accaduto è addirittura contro la legge 194. «La norma è chiara spiega il capogruppo Marco Carraresi : quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto la legge dice che l’aborto è possibile solo in caso di pericolo per la vita della madre, e non si può più addurre come ragione il grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Questo dice la legge. E allora come hanno fatto a Careggi ad autorizzare un’interruzione di gravidanza alla ventiduesima settimana, per il rischio di malformazione del nascituro? Per questo conclude il capogruppo Udc chiediamo ai responsabili della sanità regionale se in questo caso si sia in presenza di una grave e palese violazione della legge».
Anche il caso di falso positivo (ovvero la rilevazione di una malformazione in realtà inesistente) verificatosi per il piccolo nato a Firenze, sano, dopo un aborto alla 22/ma settimana per sospetta atresia dell’esofago, non è un’eccezione pur trattandosi di una eventualità non frequente: l’incidenza di questo tipo di errore va infatti, afferma l’esperta, dallo 0,02% (2 casi su 10.000) allo 0,5% (5 casi su 1.000).
Più frequenti sono, invece, i casi di ‘falsi negativi (malformazioni presenti e non riconosciute) da ecografia: circa il 50%, ovvero, solo una malformazione su 2 e’ evidenziata da questo esame. Un dato confermato dalla casistica medica: nell’ecografia alla ventesima settimana sono in media diagnosticate, ad esempio, il 75% delle malformazioni a carico del sistema nervoso centrale, il 50% di quelle polmonari, il 42% di quelle gastro-intestinali (come nel caso del piccolo di Firenze), il 67% dei disturbi del tratto urinario, ma solo il 24% delle malformazioni scheletriche e il 17% di quelle cardiache.
Insomma, “occorre che le donne siano consapevoli della reale efficacia di questa tecnica diagnostica, che non supera comunque – ribadisce Todros – il 50%”. Come dire, la certezza del bambino sano e bello resta, nella realtà, un’utopia, anche perché, oltre all’ecografia, non vi sono molti altri esami disponibili: l’amniocentesi è infatti praticata per la rilevazione delle anomalie genetiche, mentre la risonanza magnetica è consigliata nel caso di sospetti disturbi a carico del sistema nervoso centrale. Non esiste cioé, rileva l’esperta, un esame che dica con certezza assoluta se il feto è affetto o meno da qualche tipo di malformazione.
Che fare allora? Eseguire gli esami consigliati, pur con i limiti presenti, e senza eccedere inutilmente: “Le ecografie previste – spiega Todros – sono essenzialmente due: entro la dodicesima settimana, per la rilevazione della sindrome di Down, e alla ventesima, per varie malformazioni; in caso di necessità, poi, un’ulteriore eco è consigliata alla 30/ma settimana”.
Nel caso del piccolo di Firenze, l’atresia dell’esofago ha un’incidenza di 1 su 2.500 nati vivi: “Si tratta di un’ostruzione dell’esofago, il ‘tubo’ che collega la bocca allo stomaco, e può essere di varia gravità. L’eco però – spiega la specialista – non è in grado di rilevare la gravità della malformazione e può anche succedere che, in determinate circostanze, non visualizzi lo stomaco del feto. Quando ciò accade ripetutamente, e in presenza di molto liquido amniotico, si può ipotizzare la diagnosi di atrofia”. A questo punto, afferma Todros, “non vi sono ulteriori esami certi e per valutare la gravità del disturbo bisogna attendere la nascita del bambino per, eventualmente, intervenire chirurgicamente”. (ANSA).
Va inoltre verificato se la donna era stata informata del fatto che un neonato del peso di 500 grammi ha una discreta possibilità di sopravvivenza, compresa fra il 30% e il 40%, e che in seguito alla tecnica di interruzione di gravidanza il neonato avrebbe potuto riportare un’alta percentuale di danni cerebrali. Difficile anche rendersi conto della decisione di abortire presa in seguito al risultato dell’ecografia: “da questo esame si possono avere soltanto segni indiretti di atresia esofagea ed é quindi difficile avere una diagnosi certa. E’ quindi opportuno approfondire con ulteriori esami, come la Risonanza Magnetica Nucleare”. (ANSA).
E’ morto il piccolo nato dopo l’aborto terapeutico
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