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Cassazione su Riina: vescovo di Monreale, «può morire anche in carcere dignitosamente»

«La sentenza della Corte va rispettata, perché non fa altro che ribadire dei principi costituzionali, perché lo Stato nei confronti della barbarie mafiosa non può e non deve amministrare la giustizia con spirito di vendetta: deve rispettare la dignità di ogni persona e quindi anche il diritto a morire dignitosamente», rileva mons. Pennisi, per il quale «la Corte non dice che deve essere scarcerato» ma «che la sentenza del giudice di sorveglianza deve essere meglio motivata per far sì che Riina, al quale si riconosce ancora un ruolo criminale di primo piano, possa rimanere in carcere». «In base alla Costituzione, lo Stato deve riservare ad una persona malata un adeguato trattamento di cura, lo Stato non può applicare né la legge del taglione, né la legge del contrappasso, né entrare in una faida perché la violenza genera violenza», aggiunge il vescovo, per il quale «sarebbe assurdo che Riina potesse risiedere a Corleone» perché «ci potrebbe essere il rischio che la sua casa diventi una specie di santuario negativo». «Bisogna evitare questo nel modo più assoluto, anche perché Totò Riina è ancora considerato il capo di Cosa Nostra», sottolinea Pennisi, ribadendo che «però va trattato con dignità all’interno del carcere o di altre strutture ospedaliere perché il diritto alla salute non si nega a nessuno». Il vescovo ricorda anche che «Riina è stato più volte invitato dai vescovi, ma soprattutto dai Papi alla conversione». Un «invito che io rivolgo, non solo a Totò Riina ma a tutti gli uomini della mafia», conclude Pennisi.