Italia

Corridoi umanitari, accolti in Italia i primi 25 profughi africani

«Benvenuti! È stato bello sentirmi dire ‘ci sentiamo già a casa nostra’». Così mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha accolto stamattina  all’aeroporto di Fiumicino (Roma) i primi 25 profughi africani (un terzo sono bambini) arrivati dai campi in Etiopia grazie ai corridoi umanitari, nell’ambito del protocollo di intesa con lo Stato italiano, siglato dalla Cei – che agisce attraverso Caritas Italiana e Fondazione Migrantes – e dalla Comunità di Sant’Egidio. Il protocollo, finanziato con fondi Cei 8xmille, prevede il trasferimento dall’Etiopia di 500 profughi in due anni. Già 50 diocesi hanno dato disponibilità all’accoglienza. Mons. Galantino ha ringraziato il governo italiano che ha accolto la proposta di aprire questo ulteriore canale umanitario. «La speranza è che il reiterarsi di questa esperienza possa diventare la prassi consolidata, la strada perché chi ne ha bisogno possa realizzare il suo sogno di vivere con dignità», questo il suo auspicio.

Il segretario generale della Cei ha ricordato che l’esperienza dei corridoi umanitari «non nasce oggi, non è un fatto nuovo, ma affianca altre iniziative che la Chiesa italiana sta sviluppando da più di 30 anni in maniera non organizzata attraverso i missionari, le missionarie e i laici da sempre presenti nelle vostre terre». «È desiderio e progetto della Chiesa italiana – ha affermato – creare le condizioni per cui le persone possano rimanere nei Paesi in cui stanno». A questo proposito ha ricordato il progetto «Liberi di partire, liberi di restare», al quale la Cei ha destinato 30 milioni di euro dell’otto per mille e le tante famiglie, parrocchie e comunità che hanno accolto già 30.000 persone con vari progetti.

«Con grande piacere noto una accresciuta e lodevole sensibilità nei confronti degli animali. Mi piacerebbe che la stessa sensibilità venisse estesa a tutte le persone che vivono situazioni di fragilità», ha poi osservato mons. Galantino. «Ho visto in tv dei blitz per liberare gli animali dai canili – ha detto poi a margine -. Mi piacerebbe ci fossero blitz per liberare anche le persone, non chiuderle». Questa «lodevole sensibilità e condivisa attenzione per la sorte di tanti animali e qualità della loro vita è un fatto bello – ha precisato -. Mi piacerebbe che un po’ di questa sensibilità venisse estesa a tutte le persone che vivono situazione di fragilità, quale sia il motivo per cui si trovano qui. Bisognerebbe sviluppare una sensibilità meno ad intermittenza e fare entrambe le cose: stare attenti alle persone e agli animali. Vorrei diventasse uno stile di tutti gli italiani».

«Non dovete avere paura, siete benvenuti nel cuore dell’Italia, costituita da famiglie, da comunità cristiane. Da oggi iniziate un percorso nuovo che vi porterà a diventare nuovi italiani e nuovi europei». Queste le parole con cui  Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha accolto stamattina all’aeroporto di Fiumicino i primi 25 profughi dal Corno d’Africa. Una pratica «oramai consolidata dell’aiuto umanitario in Italia e altri Paesi europei», ha detto Impagliazzo, che segue il criterio fondamentale della «vulnerabilità»: «Un terzo di queste persone sono bambini, con le loro madri e famiglie. Questo ha mosso il cuore di molti italiani». E poi, rivolgendosi ai profughi: «Voi non siete accolti da una istituzione fredda ma da madri, padri, famiglie. Questo è il segno di una nuova unità tra Italia e Africa. Con questo progetto Italia e Africa sono ancora più vicine e si vogliono ancora più bene. Noi italiani non abbiamo paura di voi, anzi vi accogliamo con grande gioia ed affetto. Siete già da oggi nostri fratelli».

Il progetto dei corridoi umanitari, «iniziato come una piccola sperimentazione è diventato il progetto con la I maiuscola e la strada del futuro», ha affermato il prefetto Mario Morcone, consulente del ministero dell’Interno. «Questa è la strada nella quale noi crediamo e attraverso la quale pensiamo di dare un contributo a tutte le persone che hanno diritto alla protezione internazionale – ha precisato Morcone -. Vogliamo con forza che le persone non rischino più la vita nel deserto o in mare, per rispondere al rispetto dei loro diritti. Questo è il senso e il significato dell’accordo che consentirà di avere, già dai Paesi di origine e dalla Libia in particolare, attraverso corridoi umanitari e resettlement, di portare le persone nei nostri Paesi. E’ tempo di una svolta importante nella politica del nostro Paese». Anche Luigi Vignali, del ministero Affari esteri, ha definito «un successo» l’esperimento dei corridoi umanitari, «un modello che oramai ci viene copiato anche in altri Paesi ed è stato portato anche alle Nazioni Unite». Per la prima volta, ha detto, «i corridoi umanitari vanno in Africa sub-sahariana, nei campi in Etiopia, sempre con l’attenzione ai migranti in situazione di vulnerabilità». La protezione dei diritti umani, ha ricordato, «è al centro della nostra politica migratoria, in particolare migranti vulnerabili, donne e bambini. Un modello che riesce ad unire solidarietà e sicurezza e vuole confermare il nostro forte impegno nei Paesi di transito dei flussi migratori».