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Etna: esplosione dal cratere, dieci feriti. Branca (Ingv-Oe), «fenomeno poco frequente»

Durante l’eruzione in corso da ieri mattina sull’Etna, «alle ore 12,43 (ora locale) di oggi, 16 marzo – si legge in un comunicato dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) -, si è verificata un’esplosione freato-magmatica in località Belvedere (bordo occidentale della Valle del Bove), a circa 2700 metri di quota sul mare». «L’esplosione – prosegue la nota – è avvenuta in corrispondenza del fronte della colata di lava che emerge da una bocca posta alla base del Nuovo Cratere di Sud-Est, a circa 3200 metri di quota sul mare. Attualmente la lava avanza con una temperatura superiore ai 1000 gradi centigradi in una zona ricoperta di neve. La neve, al contatto con la lava, tende a sciogliersi, formando delle pozze d’acqua che possono venire ricoperte dalla lava in avanzamento». In quel caso, spiega l’Ingv, «l’acqua sotto la colata lavica tende a vaporizzare e può causare esplosioni freato-magmatiche come quella avvenuta oggi». Nel fenomeno esplosivo è stato coinvolto anche un vulcanologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Osservatorio Etneo (Ingv-Oe), Boris Behncke, che ha riportato lievi escoriazioni. In tutto sono dieci i feriti. Il personale Ingv-Oe continua a monitorare con costanza l’evoluzione dei fenomeni.

«Quello che è successo oggi sull’Etna è un piccolo ‘accidente’ che può capitare: si tratta di fenomeni poco frequenti che si verificano per l’improvvisa vaporizzazione di acqua, in questo caso neve, al contatto con la colata lavica, che è molto calda». Lo spiega al Sir Stefano Branca, responsabile del monitoraggio vulcanologico dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv-Oe), commentando quanto è avvenuto oggi in località Belvedere (bordo occidentale della Valle del Bove), a circa 2700 metri di quota sul mare. L’esplosione c’è stata in corrispondenza del fronte della colata di lava che emerge da una bocca posta alla base del Nuovo Cratere di Sud-Est, a circa 3200 metri di quota sul mare. «Si è creata una sovrapressione per tutto il vapore che si è formato improvvisamente al di sotto della calata lavica che ha fatto da tappo – chiarisce l’esperto -. In questo modo la sovrapressione ha creato l’esplosione con lanci di frammenti di lava».

Può ripetersi il fenomeno? «Devono crearsi queste condizioni particolari, con molta acqua a disposizione o, come nel nostro caso, quando la colata lavica trova una sacca di neve, ma, in generale, sono eventi molto rari. Infatti, quest’inverno ci sono state tante eruzioni sull’Etna, ma finora non era successo niente. Si devono creare proprio situazioni molto particolari che permettono questa grossa vaporizzazione». Se, infatti, «la vaporizzazione non è grande, la neve si scioglie in una piccola colatina di acqua e fango; oggi, invece, la vaporizzazione è stata più intensa e ha provocato l’esplosione». Non ci sono, allora, pericoli? «I pericoli sono sempre gli stessi, come quando si va a fare alpinismo sul Monte Bianco. Il rischio c’è, anche se sono eventi rari».

Quando c’è stata l’esplosione, che ha causato dieci feriti, c’erano anche due colleghi di Branca, presenti in loco per monitorare l’attività eruttiva dell’Etna: «Uno dei due si è ferito lievemente – racconta -, ma si tratta di un graffio».