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Eutanasia: Boscia (Amci), il principio di proporzionalità delle cure

«Proprio in questa fase – spiega – i medici e tutti gli operatori sanitari attenti alla visione personalistica ritengono opportuno sottolineare i criteri di applicazione del cosiddetto principio di proporzionalità delle cure», che va rivalutata «tenendo conto nel tempo dell’evoluzione clinica della malattia». Certo «è difficile identificare il limite tra proporzionalità delle cure e sproporzione terapeutica, ovvero accanimento terapeutico». Perciò, «per tutti gli operatori sanitari si pone il problema di un‘adeguata preparazione proprio per non cadere nella tentazione di manifestazioni antitetiche e oppositorie». Occorre, poi, «gestire anche l‘incapacità psicologica ed emotiva degli operatori sanitari e dei familiari, ponendo in essere un discernimento clinico sempre più raffinato per definire con la massima attendibilità possibile i confini del proprio agire, operando così la scelta etica di continuare le terapie o sospendere tutte le attività intensivistiche che inutilmente prolungano solo i tempi dell‘agonia piuttosto che quelli della vita».

Per Boscia, «occorre molta attenzione per tutti affinché non si sfiori per il paziente né l‘isolamento né la solitudine: proprio in questo momento occorre lavorare per rappresentare affetto, solidarietà e contatti umani che sono atti di spessore e rilevanza estremamente importanti in ogni alleanza terapeutica e in ogni progetto relazionale e assistenziale». Il «drammatico appello» che i medici cattolici rivolgono a tutti gli operatori sanitari è «quello della più grande competenza e l‘attenzione a testimoniare la fedeltà affettiva senza riserve. Attenzione quindi alle varie forme di abbandono!». Perché, spiega il presidente dell’Amci, «oltre le cure mediche l’ammalato ha bisogno di amore, calore umano, comprensione e vicinanza da parte di tutti coloro che possono circondarlo di ‘care‘, di attenzioni e che sono i medici, gli infermieri, i genitori, i figli, cioè tutti coloro che gli sono vicini nel momento più critico della sua vita». Secondo la bioetica personalistica «morire con dignità umana e cristiana è un diritto reale e legittimo che il personale sanitario è chiamato a salvaguardare, curando il morente, accettando anche il naturale compimento della vita». «La Carta degli operatori sanitari – conclude Boscia – sottolinea che c‘è radicale differenza tra ‘dare la morte‘ e ‘consentire il morire‘: il primo è atto soppressivo della vita, il secondo accetta la vita fino alla morte».