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FIRENZE, CONFERENZA EURO-AFRICANA SULLA COOPERAZIONE A FAVORE DI ENTI LOCALI

“Questa conferenza nacque nel 2004 non con l’idea di un risarcimento storico o come una forma paternalistica o di mecenatismo verso i paesi dell’Africa sub-sahariana ma per impostare un lavoro condiviso con le nuove classi dirigenziali africane”.  Con queste parole il presidente del Consiglio regionale Riccardo Nencini, venerdì 6 novembre a Palazzo Vecchio, ha aperto la seconda Conferenza euro-africana sulla cooperazione a favore degli enti locali. Nencini, citando il sociologo tedesco Ralf Dahrendorf, richiama il crollo del Muro di Berlino che creò “un’occasione per scrivere un tavolato di diritti comuni, anche se pochi ma fondamentali e condivisi”. “Con la seconda conferenza delle istituzioni regionali e locali europee e africane vorremmo mettere le basi per garantire a ciascuno un patrimonio di conoscenze minime per favorire l’accrescimento delle classi dirigenti dei paesi africani e dare maggiore autorevolezza ai governi locali. Infine, consentire un governo autonomo a questi paesi affinché le ricchezze in loro possesso siano utilizzate al meglio. A oggi se riuscissimo a raggiungere questi tre obbiettivi avremmo esaudito parte dei nostri desideri”. In apertura della conferenza il saluto di Dario Nardella, vicesindaco di Firenze che ha ribadito l’impegno del Comune verso la cooperazione per lo sviluppo tra realtà istituzionali toscane e africane. Nardella ha richiamato l’articolo V della Costituzione nel quale si promuovono le autonomie locali e il decentramento amministrativo. “Solo se combiniamo il decentramento istituzionale – ha detto Nardella – con l’efficacia, l’efficienza e l’imparzialità della pubblica amministrazione riusciremo a costruire modelli virtuosi per la nostra comunità”.“Non tutti i progetti di sviluppo per l’Africa sono stati realizzati”, ha detto Pierre Mupira, ministro del decentramento e dello sviluppo comunale del Burundi intervenendo durante la sessione di apertura della II Conferenza delle istituzioni regionali e locali europee e africane in corsa a Palazzo Vecchio, a Firenze. “Per questo lancio un appello – ha aggiunto – affinché le istituzioni locale europee continuino a fornire il loro sostegno al partenariato decentrato”.Secondo Marcello Fondi, direttore generale Cooperazione allo sviluppo del ministero degli esteri italiano, la cooperazione decentrata rappresenta “un modello innovativo, che supera quello tradizionale in cui c’era un benefattore e un beneficiario”. La questione, in questi anni di crisi, sarà quella di gestire al meglio le risorse per la cooperazione e lo sviluppo, che “subiranno una diminuzione”.Carolyn Hannan, direttrice per la Promozione della donna del Dipartimento degli affari economici e sociali dell’Onu, ha detto che l’attività della cooperazione decentrata svolta in questi anni “è stata preziosa per la formazione degli amministratori locali e per il rafforzamento degli enti locali africani”. Fondamentale, ha aggiunto, è che in questo processo siano sempre di più coinvolte le donne africane.Il presidente della Calre (Conferenza delle assemblee legislative regionali europee), Giovanni Kessler, ha sottilneato l’importanza della Conferenza fiorentina “perché si riconosce che lo sviluppo non si misura solo con gli indicatori economici ma anche sull’affermarsi e il crescere della libertà, dei diritti delle persone e della gestione democratica del potere”. La Calre, ha concluso, “intende porsi come strumento di servizio per il trasferimento di esperienze e capacità di governo delle nostre assemblee alle assemblee africane”.Terminata la sessione di apertura, i lavori sono proseguiti con il discorso di apertura affidato a John-Mary Kauzya, direttore del settore Governance e pubblica amministrazione dell’Onu. “I governi locali – ha detto – hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella risposta alla crisi economica”. Per questo Kauzya ha criticato l’abbandono da parte dei governi, a partire dagli anni Ottanta, del ruolo di attori economici. “In Africa è stato più grave che altrove – ha aggiunto – perché qui il privato e i cittadini non erano pronti agli effetti della liberalizzazione”. Inoltre, la crisi attuale dell’economia va ad assomarci, in Africa, alla crisi storica connotata con povertà, fame, mancanza di assistenza sanitaria e mancanza di diritto allo studio. “Adesso – ha concluso – è necessario che il pubblico riprenda un ruolo di attore economico per rimediare al fallimento del mercato”. Lo sviluppo sostenibile “è il tema determinante per la realizzazione del decentramento in Africa”. Questo è quanto ha sostenuto Abder Kader Sibidé, preidente dell’associazione delle municipalità del Mali e vicepresidente del Comitato per la cooperazione decentrata, nell’aprire la sessione dei lavori che la Conferenza di Firenze ha dedicato a “Decentramento e sviluppo sostenibile: le risorse territoriali nella lotta alla povertà e per il raggiungimento degli obiettivi del millennio”. Secondo Sedipé, che ha denunciato la diminuzione degli aiuti in questo periodo di crisi economica mondiale, la cooperazione decentrata dovrà lavorare, oltre che sulla scuola, la salute e le risorse idriche, anche sulla realizzione di infrastrutture locali, senza le quali è difficile guardare allo sviluppo economico.Di “bilancio modesto dei risultati raggiunti” rispetto agli obiettivi fissati a livello internazionale per il 2015 ha parlato Lambert Yapi, sindaco di Tiassalé (Costa d’Avorio). Yapi ha spiegato che il modello di decentramento del suo paese non è riuscito a dare forza agli enti locali e che, anzi, ha prodotto una frammentazione troppo accentuata. “Il problema – ha detto – è che abbiamo tanti progetti messi sulla carta ma nessuna realizzazione. Rischiamo di arrivare al 2015 senza aver conseguito risultati utili rispetto agli obiettivi che si erano dati all’Africa”.Michael Smalley, direttore generale di Amref, organizzazione che si occupa di sanità e salute, ha lamentato che la sanità africana è troppo sbilanciata sulla terapia e tralascia quasi completamente la prevenzione. Passi in avanti per sovvertire questo trend sta tentando il Kenya “ma la strada è ancora lunga”. Per ottenere risultati, ha concluso, “serve non solo trasferire agli ospedali locali le responsabilità, ma anche l’autorità e le risorse economiche”.Per affrontare il futuro a livello globalizzato e a livello della cooperazione decentrata è “necessario ridefinire al meglio il ruolo del pubblico, che non può essere più quello che delega tutto al mercato ma non può più essere nemmeno quello troppo ingerente del passato”. Questo il pensiero di Nicola Bellini, direttore dell’Irpet (Istituto regionale di programmazione economica della Toscana). “La cooperazione decentrata – ha aggiunto – rappresenta un modello importante per i temi dello sviluppo e che può far veicolare dal Nord al Sud del mondo, e viceversa, conoscenza, capacità e creatività”. In tutto questo, “fondamentale è la qualità delle istituzioni”.“La questione africana, in occidente, deve essere assunta come fondamentale per tutti i livelli istituzionali dall’Europa agli stati nazionali alle amministrazioni locali. La Toscana ha interesse a mantenere sempre alta l’attenzione su questo continente, i cui problemi specifici si intrecciano con quelli di tutti noi, come ad esempio per le ripercussioni sul cambiamento climatico o dell’emigrazione”. La presa di posizione è arrivata dal presiente della Regione Toscana, Claudio Martini, che ha criticato la variabilità degli impegni, dimostrata dalle istituzioni internazionali, le quali affrontano il tema Africa secondo le diverse congiunture e l’evolversi dei fenomeni di attualità enfatizzati anche dai media. “Non è un caso –ha detto Martini- che l’Africa esce dall’agenda dei grandi quando ci sono altre emergenze con maggiore notiziabilità come quelle dell’Afghanistan o del Medio Oriente, oppure adesso per la questione del nucleare iraniano. Mentre, al contrario, serve un’attività continuativa per l’Africa, che rimane centrale se vogliano affrontare un futuro migliore per tutti noi”.Sull’insufficienza delle grandi politiche di cooperazione internazionale si è concentrato il secondo aspetto dell’intervento del presidente della Regione Toscana, il quale ha insistito sulla necessità di un maggiore impegno delle istituzioni multilaterali ed internazionali finalizzato ad ampliare gli spazi di intervento da affidare alle autonomie locali, per una cooperazione mirata a valorizzare soprattutto la crescita dei sistemi di democrazia e di partecipazione dal basso.“Ci dobbiamo impegnare a rispondere alla domanda che viene dalle comunità locali africane per la formazione di una nuova classe dirigente, sia politica che tecnica, che sia in grado di gestire il processo di decentramento. Da parte nostra, come sistema delle istituzioni territoriali, possiamo fornire principalmente le competenze che abbiamo –ha continuato Martini- per permettere uno sviluppo autonomo e compatibile. Questo modello lo abbiamo già messo a punto, come Toscana, con le comunità locali del Burkina Faso, a sostegno della rete dei produttori agricoli per le coltivazioni e la commercializzazione dei fagiolini”.“Noi vogliamo stimolare il protagonismo sul territorio con il trasferimento delle conoscenze e la formazione di capitale umano, senza esportare ‘sic et simpliciter’ il nostro modello di autonomia locale. Intrecciamo con le comunità dell’Africa le nostre competenze e con il tempo potremmo cambiare le cose. Questo è il contributo che sicuramente possiamo dare per mantenere, in modo duraturo, la questione dell’Africa ai primi posti dell’agenda politica, senza mia dimenticare anche le grandi questioni che occorre saper gestire assieme”.George W. Matovu, direttore regionale dello sviluppo e del partenariato (Sudafrica), ha fatto l’analisi degli utimi 5 anni di cooperazione decentrata ed ha evidenziato due risultati oggettivi: il partenariato tra enti locali è oramai avviato; gli impatti del processo di decentramento sono in via di emersione con anche gli aspetti negativi di questa nuova politica.“Il decentramento –ha detto Motuvu- ha aperto le porte a nuovi attori: studenti, sindacati, associazioni agricole, camere di commercio ed altri con vantaggi evidenti per l’avvicinarsi delle competenze ai cittadini amministrati. Ci sono anche criticità in crescita, come la mancanza di una normativa chiara, il dilatarsi della tempistica di attuazione, l’assenza di un monitoraggio di valutazione. Una risorsa istituzionale ancora non sfruttata è quella del dialogo Sud-Sud, cioè integrare il lavoro e lo scambio di esperienze tra le diverse comunità locali africane, per adottare i modelli migliori e già riusciti”.La sessione della mattina della Conferenza è stata conclusa da Andrea de Guttry, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il quale ha sintetizzato come il rapporto tra Europa ed Africa passi dagli Enti locali.“L’interesse europeo per l’Africa è dimostrato da quattro elementi: l’importanza assunta anche autonomamente dagli Enti locali nella cooperazione decentrata; le risorse europee destinate alle autonomie locali africane; l’utilità già dimostrata per lo sviluppo sostenibile e per la pace; l’accesso degli enti locali europei ai finanziamenti dell’Unione europea per le politiche di cooperazione decentrata”. “Inoltre –ha continuato l’accademico del Sant’Anna di Pisa- le politiche a favore del decentramento toccano in Europa circa il 15% del budget comunitario”.“Se c’è una classe dirigente africana sana ed intelligente – ha concluso de Guttry – essa può fare una propria programmazione con questa base di risorse, con le norme in vigore e le discipline per il partenariato già concretamente realizzate tra autonomie locali europee ed africane”. (cs)