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Fattore Famiglia: un fisco a misura di famiglia

Il sostegno alla famiglia è una questione troppo seria e concreta per riempirsi la bocca con parole roboanti che poi alla fine risultano vuote. Quando si dice che l’adozione del Fattore Famiglia da parte della Lombardia rappresenta una svolta culturale, bisogna quindi subito aggiungere che questa novità porterà benefici reali alle famiglie della regione. Ma la svolta culturale c’è davvero. «È un momento storico non solo per la Regione Lombardia, ma per tutto il Paese», ha dichiarato il presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo. Sono anni che il Forum ha elaborato il Fattore Famiglia e il voto lombardo suona anche come un premio agli sforzi compiuti sia sul piano nazionale che a livello regionale. Per le altre Regioni e per lo stesso governo italiano, ha sottolineato ancora De Palo, il messaggio è chiaro: «Si può fare!».

Ma in che cosa consiste esattamente il Fattore Famiglia (FF)? Bisogna partire da una considerazione di fondo: l’attuale sistema fiscale non solo non aiuta la famiglia, ma per certi versi addirittura la penalizza. Lo scopo del FF è allora quello di riequilibrare il sistema alla luce degli effettivi carichi familiari. L’art. 53 della Costituzione afferma che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» e che «il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Che la tassazione aumenti con il crescere del reddito (progressività) è un dato acquisito, ma è sul modo di quantificare la «capacità contributiva» che interviene il FF per correggere l’iniquità del meccanismo attuale.

Si comincia con l’individuare un livello minimo di reddito non tassabile (no tax area) che coincide con la soglia di povertà relativa calcolata annualmente dall’Istat. Questo livello minimo viene moltiplicato per un fattore proporzionale (il FF, appunto) ai carichi familiari: coniuge e figli a carico, con l’aggiunta di altri elementi che contribuiscono a rendere più gravosa la situazione economica, come disabilità, monogenitorialità, vedovanza ecc. Quindi maggiore è il carico familiare, maggiore è il livello di reddito non tassabile. Secondo la scala di equivalenza esemplificata da Roberto Bolzonaro, membro del Consiglio direttivo del Forum famiglie e «tecnico» della materia, si va dai 7.000 euro per un solo componente ai 42.000 per nuclei di 8 componenti (nel caso non sussistano gli altri elementi di carico aggiuntivo). Oltre la no tax area le aliquote di tassazione si calcolano normalmente secondo il principio costituzionale della progressività. Per i cosiddetti «incapienti», cioè coloro che hanno un reddito inferiore al limite della non tassabilità, si applica per così dire una tassazione negativa: in pratica viene erogato un assegno calcolato sulla base della differenza tra il reddito di questi soggetti e quello che definisce la no tax area.

Come si vede (e qui si è cercato di essenzializzare al massimo) si tratta di una proposta molto rigorosa e tecnicamente credibile, ma il principio di fondo è semplice: un fisco a misura di famiglia.

E quanto costerebbe allo Stato? La stima a regime è di 14 miliardi. Una somma che può spaventare (anche se è ipotizzabile un percorso graduale), ma rimodulando sulla base del FF le detrazioni già introdotte e costate circa 10 miliardi di euro, spiega Bolzonaro, il costo scenderebbe a 4 miliardi. Peraltro, uno studio commissionato dall’associazione di tributaristi Lapet ha provato a calcolare gli effetti generali del FF, con esiti molto interessanti: 12,7 miliardi di maggiori consumi; 2,5 miliardi di recupero Iva; 3,8 miliardi di maggiori introiti fiscali; 200mila posti di lavoro; 1 milione di famiglie fuori dalla fascia delle povertà.

Uno dei pregi del FF è anche quello di poter essere applicato non solo alla fiscalità generale. Negli enti locali, per esempio, diventa uno strumento prezioso per integrare l’Isee e rendere a misura di famiglia (sostituendo la scala di equivalenza attuale con il FF) anche l’accesso ai servizi e alle diverse prestazioni. Tra le Regioni, la Lombardia è finora l’unica a essersi mossa in questo senso, applicando per ora il FF alle spese per la «dote scuola», i progetti d’inserimento lavorativo, i contratti di locazione a canone concordato e il trasporto pubblico locale. Ma sono invece tanti i Comuni che hanno fatto la loro scelta per il FF. Molti di loro hanno deciso di collegarsi in rete, stipulando anche accordi con le università, come ha fatto Castelnuovo del Garda – autentico pioniere del FF – con l’ateneo di Verona. Ma il numero dei Comuni amici della famiglia cresce continuamente e in tutta Italia: tra gli arrivi più recenti Santa Maria la Carità (Napoli) e Nissoria (Enna).