Italia

Formazione: rapporto Ocse, solo il 20% dei giovani italiani è laureato

I dati mettono in evidenza una forbice che divide il 6% dei lavoratori che non hanno le competenze e il 21% che non hanno le qualifiche adeguate rispetto a una percentuale vicina al 30% di lavoratori che hanno più competenze e qualifiche rispetto a quelle richieste dai ruoli che svolgono. Per di più il 35% dei lavoratori italiani svolgono un’occupazione non legata agli studi compiuti. Il rapporto plaude al Jobs act, alla riforma della «Buona scuola» e al piano nazionale per la digitalizzazione nelle scuole e nell’industria, riforme che «vanno nella giusta direzione», ma mette in guardia: occorrono «ulteriori politiche» per sostenere l’acquisizione di competenze, investimenti nelle nuove tecnologie, stimolare la crescita produttiva e migliorare la distribuzione della forza lavoro.

Tra le sfide che il Rapporto Ocse identifica, la prima è «sviluppare le competenze»: se adesso gli studenti italiani padroneggiano la matematica come i compagni europei, non sono altrettanto bravi nella lettura e nelle scienze. E soprattutto vi sono variazioni nei livelli dei risultati tra le regioni al punto che la differenza di risultati tra gli studenti campani e quelli di Bolzano corrisponde a «più di un anno di scuola». Tra i consigli: migliorare l’accesso alla scuola dell’infanzia al Sud, migliorare la formazione permanente degli insegnanti, riconoscere con incentivi gli insegnanti che si impegnano a raggiungere gli obiettivi di apprendimento nelle scuole che sono in ritardo.

Solo il 20% dei giovani italiani ha una laurea. L’Italia deve migliorare l’accesso all’università e risolvere la discrasia tra i bassi tassi di occupazione dei laureati e la difficoltà delle industrie a trovare lavoratori con alte qualifiche. C’è poi il problema dei 13 milioni di adulti che hanno «scarse competenze di base», a cui solo il 14% è disponibile a porre rimedio con percorsi formativi per adulti. Il Rapporto spiega come la disoccupazione, ai livelli più bassi dell’area Ocse, e soprattutto la disoccupazione protratta siano un altro dato problematico. Rispetto alla bassa partecipazione di giovani e donne al mercato del lavoro, la disamina indica alcune raccomandazioni: incoraggiare e aumentare le misure per il congedo di paternità; incentivare le aziende verso forme di lavoro flessibile, garantire l’accessibilità di strutture per la prima infanzia e gli anziani per «sgravare le donne dal peso della cura».

Bisogna poi lavorare di più e meglio per investire in formazione di alto livello onde attrezzare i lavoratori alle esigenze del mercato e allo stesso tempo incentivare soprattutto le piccole aziende all’innovazione manageriale e imprenditoriale. Il rapporto Ocse punta il dito sul «basso livello di risorse per la ricerca e lo sviluppo (1.2% del Pil in Italia, la metà rispetto alla media Ocse)» come una delle cause della «lenta produttività» di questi anni. Da migliorare è anche la capacità di previsione rispetto alle competenze di cui il mercato del lavoro avrà bisogno. Infine per l’Ocse bisogna investire di più nello sviluppo delle competenze: tra l’altro l’Italia beneficia di contributi significativi provenienti dai Fondi strutturali della Commissione ma «fatica a spenderli in modo efficace».