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G8 Genova: Corte Strasburgo condanna Italia. Alla Diaz «fu tortura»

«In base alle circostanze esposte», i maltrattamenti compiuti dalle Forze dell‘ordine italiane nell‘irruzione alla Diaz, il 21 luglio 2001 a conclusione del G8 di Genova, «devono essere qualificati come tortura», e «la risposta delle autorità italiane» di fronte a questi gravi fatti «è stata inadeguata». Lo stabilisce oggi la Corte europea dei diritti dell’uomo, condannando l‘Italia al pagamento di un risarcimento di 45mila euro per danni morali al ricorrente Arnaldo Cestaro, un manifestante che ha riferito di essere stato picchiato dalla polizia così brutalmente da dover essere operato, e da riportare ancora oggi le conseguenze del pestaggio.

In un sentenza di Chambre (pertanto non definitiva giacché le parti possono chiedere entro tre mesi il rinvio del caso alla Grande Chambre), la Corte riconosce all’unanimità nei maltrattamenti operati dalle forze dell’ordine la violazione dell’art. 3 (divieto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tenuto conto della gravità dei fatti», proseguono i giudici, «la risposta delle autorità italiane è stata inadeguata» e quindi «incompatibile con gli obblighi procedurali» derivanti sempre dall’art. 3 della Cedu.

«L’identificazione degli autori materiali dei maltrattamenti – scrive ancora la Corte – deriva in parte dalla difficoltà oggettiva di procedere a identificazioni certe, ma anche da mancanza di cooperazione della polizia». Secondo i giudici di Strasburgo, inoltre, «la legislazione penale italiana applicata al caso di specie si è rivelata inadeguata rispetto all’esigenza sanzionatoria degli atti di tortura in questione, e priva dell’effetto dissuasivo necessario per impedire in futuro altre possibili violazioni dell’art.3».

È quindi necessario, concludono i giudici, che «l’ordinamento giuridico italiano si doti di strumenti giuridici idonei a sanzionare adeguatamente i responsabili di atti di tortura o di altri maltrattamenti», e ad «impedire che essi possano beneficiare di misure in contrasto con la giurisprudenza della Corte».