Italia

Greenaccord, appello ai governi sul clima in vista del Cop21

«Nessuno pensi, nella casa comune che è il nostro pianeta, di potersi sentire al sicuro, chiuso nella sua bella stanza ordinata, senza adoperarsi per consolidare le fondamenta che scricchiolano, perché se la casa crolla a poco gli serviranno le ricchezze che può avervi accumulato». Si chiude così il documento finale di una intensa tre giorni tenuta a Rieti (città che vanta almeno due simpatiche curiosità, sintetizzate in altrettanti monumenti: il ricordo della vecchia lira e la – dicono – esatta centralità geografica nello stivale) da una associazione cui non mancano le singolarità. Si tratta di Greenaccord, un onlus italiana presente ormai da molti anni nel panorama delle associazioni che si occupano di ambiente: un piccolo gruppo che riunisce uomini e donne di penna (giornalisti, comunicatori) con colleghe e colleghi di pensiero (scienziati, esperti).

Il forum internazionale 2015 – e non poteva essere altrimenti, vista la scelta di tenerlo alla vigilia della Cop21, la conferenza sul clima che sta per iniziare nella Parigi colpita dalla ferocia del fanatismo «religioso» – è stato tutto dedicato proprio ai mutamenti climatici e alle conseguenze di questo fenomeno, per cui siamo davvero in molti a portare la responsabilità, su quella che papa Francesco ci invita a ricordare come «casa comune».

Giornalisti e scienziati da tutto il mondo, ma anche politici ed esponenti di fedi religiose, si sono confrontati («Clima, ultima chiamata») anche sulla base di uno slogan di facile traducibilità («people building future») che ogni anno accompagna questi incontri greenaccordinani nel giusto convenire che i cambiamenti necessari per affrontare le grandi scelte (il clima quest’anno, il cibo lo scorso anno, i rifiuti l’anno precedente) devono necessariamente coinvolgere tutti i cittadini.

L’altro concetto che a Greenaccord piace molto è, infatti, legato alla necessità, oggi diventata obbligo, di nuovi stili di vita: senza essi, senza la consapevolezza che con questo modello di sviluppo non andiamo lontani, anzi andiamo verso la morte, ogni sforzo di conoscenza può risultare vano.

Presieduta da Alfonso Cauteruccio, sotto il profilo scientifico Greenaccord è diretta da Andrea Masullo. Ed è toccato a lui l’ascolto delle diverse sessioni di forum (il quadro scientifico e quello politico, il ruolo delle religioni e della finanza, le conseguenze dei mutamenti climatici sulle attività produttive, il ruolo dei media) per poi stilare un assai apprezzato documento finale.

Documento che non poteva non partire dal clima di terrore in cui un certo fanatismo vorrebbe restringere il mondo mettendolo a confronto con un altro tipo di «terrore», verso cui siamo – diciamoci la verità – assai meno avvertiti («Se la cintura esplosiva dei terroristi ci fa paura perché può ucciderci in un istante, non dimostriamo la stessa capacità reattiva di fronte ai cambiamenti climatici che producono sull’umanità effetti comparabili a centinaia di bombe atomiche che esplodono al rallentatore. Noi le stiamo sganciando, ma gli effetti ricadranno sui nostri figli, nipoti e pronipoti»).

Mutamenti climatici, ma anche sconvolgimenti terroristici, non sono – sottolinea Masullo – semplici «incidenti di percorso» ma anche il frutto di un «sistema di valori»: quello («i valori mercantili prioritari sui valori umani«) sul quale si fonda la fase più recente della nostra civiltà moderna.

Portando esempi inquietanti emersi dal dibattito reatino (l’ex ministro indiano dell’ambiente Jaram Ramesh che ricorda i 300 milioni di suoi connazionali a rischio di vedere sommerse le loro aree costiere; l’accademico polacco Zbigniew Kundzewicz che ammonisce sui due miliardi e mezzo di persone che fra 10 anni non avranno accesso ad acque potabili sicure rispetto al «solo» miliardo odierno; il tedesco Hans Joachim Schellnhuber, un’autorità nello sviluppo sostenibile, con il suo monito: se la nostra civiltà si è sviluppata grazie agli ultimi 11 mila anni di stabilità climatica, ciò che sta accadendo al clima rischia di segnare la fine della civiltà entro 200/300 anni), in base a questi esempi, oggi coerenti con il messaggio di papa Francesco nella sua enciclica «verde», il documento di Greenaccord si traduce in una speranza e in un appello.

Per uscire dalla «trappola micidiale che noi stessi ci siamo costruiti», una risposta può essere trovata nel metodo indicato in una delle sessioni: quando uomini di pensiero ed esponenti delle religioni monoteiste  hanno convenuto sulla necessità di un nuovo paradigma culturale («La scienza si accorge di aver perso di vista il benessere umano e di aver bisogno di un’etica, religiosa o laica che sia, per costruire un nuovo umanesimo fatto non solo di cose e di consumi ma anche di valori non materiali»).

Fra gli esempi concreti, nella sessione introdotta da Leonardo Becchetti su «giustizia climatica, debito ecologico, ecologia dei poveri», quello che un tempo poteva essere considerato alla stregua di un ossimoro, una contraddizione in termini, ma che oggi così, forse, più non è: una «finanza responsabile e sostenibile».

Da qui l’appello che scienziati, giornalisti, cittadini riuniti da Greenaccord (ma anche una amministrazione comunale parsa molto attenta e coinvolta, al punto di ipotizzare – proprio su Rieti – la imminente nascita di un osservatorio sull’etica ambientale) hanno rivolto ai governi che si stanno riunendo a Parigi per la Cop21. Un appello alla «responsabilità». Perché Parigi, specie la Parigi oggi impaurita e ferita dalle bombe, può segnare un punto di svolta anche per quanto concerne il rispetto dell’ambiente.

PS)- A dire la verità, in diverse – fra le relazioni ascoltate a Rieti – è parso di leggere un atteggiamento di sconforto sulla reale capacità dei governi di firmare l’accordo fino a ieri giudicato indispensabile (l’impegno inderogabile a non sforare «quota 2 gradi centigradi» per quanto riguarda l’innalzamento nella temperatura mondiale). Colossali, com’è ovvio, gli interessi in gioco. Ma di evidente significato anche i richiami di certe masse (India e Cina su tutte) il cui stile di vita non è certo uguale al nostro e che se volessero imitarci aumenterebbero, e di molto, la malattia del clima globale.

E’ giusto scaricare contraddizioni nostre solo su quei popoli? Parigi dirà qualcosa di importante? Sarà un nuovo fallimento? Imboccherà strade intermedie? Pochi giorni e vedremo.