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IMMIGRAZIONE: MARSICO (CARITAS), SERVE RAZIONALITÀ NELLA GESTIONE DEI FLUSSI

Riguardo alla nuova situazione a Lampedusa e il dirottamento degli sbarchi verso la Sicilia, la Caritas lamenta “una modalità a volte strumentale nel gestire i flussi” e “una violenza inutile generata dal non governo delle situazioni”, da una “imponderatezza e inesistenza di motivazioni”. Lo dice oggi al SIR il vicedirettore Francesco Marsico, a conclusione del seminario di Caritas italiana-ufficio immigrazione sull’emergenza Nord Africa, che si è svolto ieri e oggi a Roma. “La nostra speranza – afferma Marsico – è che nessun altro, per nessuna ragione, faccia gli stessi errori. E’ necessario un sistema razionale di gestione dei flussi. Era stato il governo a teorizzare Lampedusa come porta d’accesso. Noi non ci siamo mai appassionati a questa idea, né ora ci appassioniamo alle rotte alternative. Il problema è dire quali sono le regole che un Paese civile come l’Italia può darsi e dare ai migranti, nel rispetto dei diritti umani e delle procedure previste dal diritto internazionale. Speriamo che queste regole vengano palesate in maniera chiara nei prossimi giorni”. Sull’ipotesi di tornare nuovamente ai respingimenti, precisa, “la nostra posizione è sempre la stessa: i respingimenti non sono compatibili con un Paese democratico e con l’ordinamento internazionale. Speriamo che questo non avvenga, e che le nuove modalità siano tali da evitare questo rischio”. A conclusione del seminario la Caritas propone il prolungamento dei permessi temporanei ai tunisini, e permessi per motivi umanitari ai richiedenti asilo dell’Africa sub-sahariana in fuga dalla Libia che hanno ricevuto il diniego (circa il 60% del totale) dopo essere stati accolti dall’Italia. “Non è un discorso buonista – puntualizza Marsico -, è un discorso di realismo, anche politico. Non ha senso accogliere e sbattere le persone fuori dalla porta un mese dopo. Bisogna porsi la domanda: cosa fare per le decine di migliaia di persone che sono nel nostro Paese in questo momento?” Questo perché, ricorda, “stanno scadendo i permessi di soggiorno temporanei, quindi il governo deve assumere una posizione determinata in questo senso. Non ci sembra realistica la prospettiva di accompagnamenti forzosi verso i rispettivi Paesi di provenienza”. Meglio prevedere, ad avviso della Caritas, “la possibilità, per i tunisini, di una reiterazione del permesso temporaneo, il cosiddetto articolo 20 per motivi umanitari, per capire meglio cosa fare e se ci sono prospettive effettive di rimpatrio, in questo caso non coatto”.Marsico mette in evidenza soprattutto “il grande dramma degli africani sub-sahariani fuggiti dalla Libia, che non hanno prospettive”. “Provengono da storie complesse, spesso sono stati forzati all’espatrio dalla Libia, e ora ricevono diniego alla richiesta di asilo – dice -. Il grande sforzo di accoglienza che il Paese e le chiese hanno fatto, non dovrebbe essere vanificato da un esito doloroso e inutile. Anche qui la prospettiva sarebbe quella di un permesso umanitario per i diniegati, altrimenti occorrerà iniziare dei ricorsi tecnici che non porteranno ad un esito positivo, ma che darebbero alle persone il tempo di scegliere cosa fare della propria vita”. Dall’incontro sono emerse numerose esperienze positive nelle diocesi ma anche “difficoltà nel rapporto con gli enti locali, a volte disinteresse e lentezza delle amministrazioni”. All’incontro hanno partecipato 120 rappresentanti delle 62 diocesi e Caritas coinvolte nell’accoglienza: nelle strutture diocesane sono ospitate 2.742 persone (capofila sono Lombardia, Triveneto e Sicilia), il 12,2% dei 22.264 profughi attualmente accolti sul territorio italiano, su 55.000 arrivi dall’inizio dell’anno. (Sir)