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LAVAVETRI, LETTERA PM A DOMENICI: MEGLIO SEQUESTRI CHE DENUNCE

Per risolvere il problema dei lavavetri abusivi è forse più “ragionevole” procedere al sequestro cautelare, in via amministrativa, dei loro strumenti di lavoro che non a denunce penali. E’ questo il suggerimento al sindaco Leonardo Domenici dato dal procuratore capo di Firenze Ubaldo Nannucci in una lettera inviata stamani a Palazzo Vecchio e scritta “nello spirito di una cordiale collaborazione tra istituzioni che perseguono, nei rispettivi ruoli e responsabilità, l’interesse pubblico”. Alla lettera, si apprende dal Comune, Domenici ha risposto telefonando al procuratore per ringraziarlo del suggerimento e dell’attenzione al problema, manifestando l’intenzione di studiare e valutare nei prossimi giorni la proposta di Nannucci, che fa riferimento all’articolo 13 della legge 689 del 1981. Sui lavavetri Palazzo Vecchio e procuratore si erano ritrovati su posizioni non allineate: Nannucci aveva chiesto l’archiviazione delle denunce penali seguite all’applicazione dell’ordinanza comunale di agosto scorso, ritenendo la questione un illecito amministrativo. Il Comune aveva allora adottato una seconda ordinanza, tenuto conto delle osservazioni del pm, ma richiamando sempre la denuncia ex articolo 650 cp. “Forse il ricorso alla norma del codice penale dipende dalla sopravvalutazione dello strumento penale quale mezzo di dissuasione dei comportamenti devianti o illeciti”, osserva Nannucci secondo il quale “l’unico effetto utile” ai fini repressivi, nel caso in esame, di un procedimento penale per violazione dell’articolo 650 c.p., è il mancato uso degli strumenti di lavoro del lavavetri. Effetto perseguibile anche con un sequestro in via amministrativa. Senza ignorare poi che “il sistema di vita che ha dato luogo all’intervento del Comune presenta aspetti umani che la magistratura non può ignorare, anche in considerazione del fatto che l’iscrizione nel registro degli indagati non favorisce certo la possibilità di un utile inserimento lavorativo”. Nella lettera Nannucci, che afferma di voler dare un “contributo di conoscenze” che deriva dalla sua esperienza processuale, spiega il “complesso” e costoso meccanismo di un procedimento penale per una denuncia ex articolo 650 cp, considerato che nel caso in esame l’indagato è soggetto di difficile reperibilità per cui non si può ricorrere ai decreti penali di condanna ma si deve andare in giudizio. Per Nannucci occorrono così almeno due anni per arrivare ad una eventuale condanna. Questa sarà per lo più una pena pecuniaria la cui esecuzione è “singolarmente tortuosa”. Unico risultato “utile ai fini repressivi” sarà allora il mancato uso a tempo indeterminato degli strumenti di lavoro del lavavetri. Per questo, scrive Nannucci, “mi chiedo e rivolgo a lei la stessa domanda, se non sia ragionevole seguire un percorso che prescinda dalla denuncia penale, sempre che nei singoli fatti non si ravvisino estremi di condotte specificamente previste da altre fattispecie penali che potranno essere di volta in volta direttamente perseguite; e poiché vi sono fondate ragioni per ritenere ravvisabile nei fatti considerati dalle due ordinanze un illecito amministrativo, se non sia utilizzabile agli effetti che l’Amministrazione comunale considera essenziali la norma che consente alla polizia giudiziaria il sequestro cautelare delle cose che servirono per commettere il fatto”. “Ciò dicasi – conclude il procuratore – senza peraltro ignorare che, al di là del disturbo che le condotte stigmatizzate sopra richiamate arrecano alla cittadinanza, il sistema di vita che ha dato luogo all’intervento dell’amministrazione presenta aspetti umani che la magistratura non può ignorare anche in considerazione del fatto che l’iscrizione nel registro degli indagati, pur priva di reali effetti sanzionatori per quanto si è detto, non favorisce certo la possibilità di un utile inserimento lavorativo”. Il procuratore, parlando a margine della lettera, ha poi detto che “non spetta alla magistratura” risolvere problemi come quelli dei lavavetri, compete al ministero dell’interno. La magistratura, ha aggiunto, può dare suggerimenti. “Il magistrato – ha detto ancora – applica le norme esistenti senza avere riguardo se viene acclamato o vituperato. Questa è la linea che gli uffici giudiziari devono tenere”.

“La lettera che mi ha inviato Nannucci presenta elementi di notevole interesse e novità e si muove su un terreno propositivo e di piena collaborazione istituzionale; di questo l’ho ringraziato personalmente per telefono”. Così il sindaco Leonardo Domenici ha commentato la lettera inviatagli dal procuratore capo. “Mi pare – ha aggiunto – che il confronto si sposti sulla prospettiva, poiché è evidente che l’ordinanza ha un limite oggettivo di carattere temporale. Si tratta quindi di cominciare a riflettere su una soluzione che possa andare a regime, e non avere carattere temporaneo, pur avendo dimostrato l’ordinanza una indubbia efficacia pratica. La lettera di Nannucci rappresenta un utile contributo in questa direzione”. “D’altra parte – continua Domenici – le considerazioni del Procuratore mi sembra non si concentrino tanto sulla legittimità dell’ordinanza (ivi compreso il ricorso art. 650 cp), quanto sul lungo e complesso iter del meccanismo giudiziario connesso ai reati puniti con pena alternativa. Peraltro, è da ricordare che in questo momento (dopo l’archiviazione delle denunce da parte del Gip relative alla prima ordinanza), risultano denunciate solamente due persone, una delle quali è parlamentare della Repubblica. Il lavoro già previsto nei prossimi giorni da parte del Comune, per mettere a punto un dispositivo permanente di intervento su questo problema, si avvarrà quindi anche del contributo del Procuratore Nannucci”. ( (ANSA).