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Lampedusa, naufragio choc: tragedia immane

Un naufragio causato da un incendio a bordo. L’allarme è stato dato da due pescherecci che transitavano nella zona. Secondo i carabinieri i migranti, quasi tutti eritrei e somali, per farsi notare dagli isolani hanno dato fuoco a una coperta e questa potrebbe essere stata la causa dell’incendio che si è sviluppato a bordo. «Una tragedia immane» l’ha definita il sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini. A confermarlo anche il medico responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa Pietro Bartolo: «Dal punto di vista dei numeri delle vittime è una tragedia senza precedenti. In tanti anni di lavoro qui non ho mai visto nulla di simile». Sulla banchina del porto si trovano, oltre ai soccorritori, molte ambulanze con medici rianimatori ma, aggiunge Bartolo, «abbiamo bisogno di carri funebri». Intanto prosegue l’opera di soccorso e di ricerca dei dispersi da parte delle motovedette della Guardia Costiera. I soccorsi vengono seguiti dalla sala dei Vigili del Fuoco del Viminale dal ministro degli Interni, Angelino Alfano, che è partito per Lampedusa e domani riferirà alla Camera. Parallelamente la Polizia sta interrogando alcuni dei superstiti del naufragio nell’ambito delle indagini avviate per identificare e arrestare gli scafisti del barcone.

Le parole del Papa. La tragedia a largo di Lampedusa ha fatto gridare a Papa Francesco un forte «È una vergogna, è una vergogna!», parole dette ‘a braccio’, e risuonate durante l’udienza in Vaticano ai convegnisti per il 50° anniversario dell’enciclica «Pacem in terris». «Parlando di pace, della disumana crisi economica mondiale, sintomo di una grave mancanza di rispetto dell’uomo – ha detto il Papa – non posso non ricordare con grande dolore le ennesime vittime del grande naufragio al largo di Lampedusa. È una vergogna, è una vergogna!». «Uniamo le nostre forze perché non si ripetano più simili tragedie. Solo la decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenire tali tragedie», ha aggiunto il Pontefice che poco prima aveva affidato a Twitter il suo invito a pregare «Dio per le vittime del tragico naufragio». Tristezza e indignazione sono state espresse al Sir da monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni (Cemi). «Una notizia che fa sorgere sentimenti di tristezza e indignazione perché non possiamo continuare a contare morti come se fossimo semplicemente testimoni». «Le storie di persone che si mettono in viaggio, come ha detto il Papa a Lampedusa – ha aggiunto mons. Montenegro -, sono storie che si intrecciano con le nostre e quindi ci interessano. Papa Francesco ci ha interrogato se questi morti ci causano lacrime. Ecco perché non possiamo solo tenere una contabilità o rassegnarci passivamente».

La testimonianza del parroco. «È una mattanza che deve essere fermata, non so come, ma non è possibile che questi fratelli e sorelle in umanità, muoiano in questo modo». È sconvolto don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, per pochi giorni ancora, a breve arriverà don Mimmo Zambito, quando racconta al Sir del naufragio. Appena appresa la notizia don Stefano si è recato sulla panchina del molo Favarolo, lo stesso luogo in cui lo scorso 8 luglio Papa Francesco sbarcò dopo avere deposto una corona di fiori ed avere pregato per le tante vittime di quel mare Mediterraneo trasformatosi ormai da anni in un cimitero liquido. «Sono 87 – dice don Stefano, la voce rotta dal pianto – i cadaveri in questo momenti giunti qui sul molo ma sono solo numeri provvisori perché altri cadaveri sono stati già trasferiti nell’hangar dell’aeroporto e altri ancora sono a bordo delle navi dei pescatori che stanno affiancando le motovedette della Capitaneria di Porto, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, nel recupero degli oltre 250 dispersi in mare». Tra i cadaveri anche i corpi di due bambini. «Non ho avuto il coraggio – prosegue don Stefano – di accostarmi ad essi. Siamo nel pianto. È la più grande tragedia del mare che i lampedusani ricordino a memoria d’uomo. In questo momento di dolore, non possiamo non ricordare e fare nostre le parole di Papa Francesco pronunciate qui lo scorso 8 luglio. Siamo nel pianto e come comunità ecclesiale viviamo il lutto per questi figli. Noi li piangiamo per chi non li piange, li piangiamo con chi non ha più lacrime per piangerli. Ma adesso è necessario che questa mattanza venga fermata e subito!».

La Caritas di Agrigento. «È uno dei momenti più tragici della storia delle migrazioni degli ultimi anni», è il commento del direttore della Caritas diocesana della diocesi di Agrigento, Valerio Landri. «È paradossale – afferma Landri – che ci siano voluti i morti per ricominciare a parlare dell’argomento ed è triste che si sentano anche delle considerazioni da parte di alcuni esponenti politici che indicano nella presidente Boldrini e nel ministro Kyenge i responsabili morali di questa tragedia. Si continua a fare politica sulla pelle della gente. È un momento di grande sofferenza – prosegue Landri – in cui ogni parola è superflua, questo è il momento di fermarsi e riflettere su una legge che va rivista. Ci auguriamo che questo ulteriore versamento di sangue possa essere l’occasione propizia per lanciare diversamente un nuovo sistema di politiche dell’accoglienza». Intanto per volere dell’arcivescovo di Agrigento mons. Francesco Montenegro, che nella Conferenza episcopale siciliana è vescovo delegato per la carità e la salute, il 7 e l’8 ottobre avrà luogo proprio a Lampedusa l’incontro della delegazione regionale delle Caritas diocesane per una riflessione sui temi dell’immigrazione e per pensare ad un sistema di accoglienza unitario integrato, capace di intervenire nelle emergenze degli sbarchi come nella quotidianità dei flussi migratori».

Le reazioni del mondo politico e istituzionale. La politica davanti alla tragedia si è fermata: annullate conferenze stampa e incontri politici in programma stamattina, mentre sono unanimi le dichiarazioni di cordoglio e sgomento, a cominciare da quella del presidente del Consiglio Enrico Letta, che da Palazzo Chigi, parla di «tragedia immane». Per il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi «bisogna fare tutto il possibile per fermare i trafficanti di morte che sfruttano la speranza dei poveri». «Dopo anni di disgrazie questo Governo deve impegnarsi con l’Ue per evitare drammatici episodi come quello di oggi con soluzioni urgenti e condivise dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo», è il parere del ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Massimo Bray. La presidente della Camera Laura Boldrini ha telefonato al sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, ringraziandola per l’impegno e l’umanità messa in campo in questa ennesima tragedia. Nelle prossime ore, compatibilmente con lo svolgimento dei lavori d’aula, Boldrini dovrebbe recarsi nell’isola a portare «la solidarietà e il cordoglio della Camera dei deputati». «Stroncare il traffico criminale di esseri umani in cooperazione con i Paesi di provenienza dei flussi di emigranti e richiedenti asilo» è quanto chiede il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per il quale sono «indispensabili presidi adeguati lungo le coste da cui partono questi viaggi di disperazione e di morte».

Dopo Scicli. Il naufragio di questa mattina a Lampedusa segue di soli quattro giorni quello di Scicli (Ragusa) dove lunedì mattina sulla spiaggia di Sampieri erano annegati 13 eritrei nelle secche a pochi metri dalla riva dove si era arenato il loro barcone. Per quello sbarco sono stati arrestati 7 scafisti, 5 siriani e due egiziani, accusati di aver frustato i migranti per farli saltare in mare. Nel corso del 2013 (fino a settembre), secondo dati forniti da Save the Children, sono stati 21870 i migranti arrivati via mare a Lampedusa e lungo le coste di Sicilia, Calabria e Puglia, di cui 2710 donne e 4050 minori, per la maggior parte non accompagnati (2914) e originari prevalentemente dalla Siria (1324)

Preghiera a Firenze. Venerdì 4 ottobre 2013, nel giorno di San Francesco, la Comunità di Sant’Egidio di Firenze si riunisce alle ore 20.30 in una preghiera aperta a tutti e in particolare agli immigrati, nella chiesa di San Tommaso, in via della Pergola 8, per ricordare le vittime della tragedia di Lampedusa. “Nessun volto umano può essere per noi clandestino – spiegano i promotori della preghiera – né vogliamo essere anonimi per quanti da quelle imbarcazioni fragilissime e cariche di disperazione chiedono aiuto”