Italia

Le morti bianche? Cisl: molte di più di quelle ufficiali

di Andrea Bernardini

Moreno Ferroni, 64 anni, agricoltore. Lavorava in una vigna a Pomonte, nella campagna di Scansano, in provincia di Grosseto. È morto, travolto dal trattore che stava guidando. Tharmi Elmahomoudi, marocchino, 47 anni, sposato e padre di due figli. Poco prima dell’imbrunire, indugiava in campo aperto in località Spicchiola, nel comune di Volterra. Alla guida di una rotopressa, raccoglieva il fieno e lo comprimeva in balle. Straziato dagli ingranaggi del mezzo che gli era stato affidato.

Da gennaio a fine maggio in Italia – secondo l’Osservatorio sulla sicurezza del lavoro Vega Engineering – 208 persone sono morte sul luogo di lavoro. Nella sola Toscana le morti bianche sono state 24. Centinaia i feriti. Come Andrea Viti, 48 anni. Stava lavorando in un laboratorio di marmo, quando una lastra è scivolata ed è caduta sul suo piede sinistro. Amputandolo.

I lavoratori muoiono o si feriscono gravemente perché cadono da una impalcatura o dal tetto, perché vengono schiacciati da un grave caduto dall’alto o perché restano intrappolati sotto il mezzo in movimento che si è ribaltato. In 9 casi su 100 sono vittima di un evento atmosferico – un temporale, un fulmine – o di un terremoto.Ma le statistiche «ufficiali» non tengono conto di tante altre morti bianche. Della storia di migliaia di operai la cui vita è spezzata da una malattia di origine professionale e non sempre indennizzata da Inail.

Ne è convinta la Cisl di Pisa che la mattina di venerdì 29 giugno – all’auditorium del polo tecnologico di Navacchio – mette a confronto diversi esperti per riflettere sulle malattie nate in ambienti di lavoro insalubri. Special guest i medici del lavoro Alfonso Cristaudo e Giovanni Guglielmi, il legale Paolo Bartalena, il presidente dell’amministrazione provinciale Andrea Pieroni, il vicepresidente di Inas nazionale Sante Marzotto, il responsabile del dipartimento ambiente della Cisl Giuseppe D’Ercole e il segretario confederale della Cisl Maurizio Petriccioli. Apriranno il convegno il segretario generale della Cisl di Pisa Gianluca Federici ed il segretario territoriale Gabriello Cima.

I conti non tornano. Roberto Chelucci, esperto dell’Inas di Pisa e coordinatore dell’associazione dei lavoratori ex esposti all’amianto commenta: «I rapporti annuali dell’Inail parlano di infortuni in diminuzione, di morti bianche in diminuzione. Insomma di una situazione grave, ma sotto controllo. Purtroppo così non è».

Perché? «Le statistiche sulle morti bianche non tengono conto delle migliaia di operai o artigiani che muoiono sul letto di casa o in ospedale, stroncati da una malattia di origine professionale. Mi riferisco a quanti vengono a contatto con agenti cancerogeni per periodi più o meno lunghi nel loro luogo di lavoro. Gli studi parlano chiaro. Lo studio europeo Carex, (Carcinogen Exposure), in particolare, ha valutato che su 21 milioni ed 800mila cittadini occupati in Italia, 4 milioni e 200 mila sono esposti ad agenti cancerogeni. Tra i 95 agenti “cancerogeni certi per l’uomo” classificati dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) 44 sono cancerogeni professionali. Ciò significa che ogni 100 tumori al polmone almeno 30 sono di origine professionale, così come molti tumori alla vescica, alla laringe e al colon sono nati in ambiente di lavoro. Pensi che in Italia, nel 2006, sono morti 172.098 persone per tumore. Se è vero che il 5% dei tumori è di origine professionale (ma secondo alcuni studiosi questa percentuale è molto prudenziale), ciò significa che almeno 8.600 di loro sono venuti in contatto con agenti cancerogeni i cui effetti si sono rilevati letali».

Ma le cause non sono facilmente identificabili… «Anche perché questi tumori, in molti casi si sviluppano molti anni dopo che il lavoratore aveva inalato o manipolato un agente cancerogeno. Un caso su tutti. L’amianto è fuorilegge dal 1992. Ma gli esperti stimano che il picco dei morti per malattie professionali originate dall’inalazione di fibre d’amianto si avrà solo nel 2018».

La scheda

920: i morti sul lavoro nel 2011 (dati Inail) in tutta Italia. 208 persone sono morte sul luogo di lavoro nel 2012 (dato fino a maggio). Nella sola Toscana (nel 2012) le morti bianche sono state 24

591: i morti per tumore di origine professionale nel 2009 in Toscana (stima Cisl). 11.825 i morti per tumore nel 2009 in Toscana (dati Istat). Il 5% (stima prudenziale) sono tumori di origine professionale

Inail, su incentivi rispondono 25 mila PmiIn tema di sicurezza sul lavoro «sul versante della prevenzione l’iniziativa di maggior spessore che ha visto impegnato l’istituto è senz’altro quello relativo agli “incentivi alle imprese”». Lo ha detto il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, intervenuto lunedì scorso 25 giugno alla Giornata nazionale sulla sicurezza sul lavoro a Palazzo Giustiniani alla presenza del Presidente Giorgio Napolitano. Sono oltre 25 mila i partecipanti ai bandi per gli incentivi a favore delle micro e piccole aziende per investimenti finalizzati al miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro.

L’intervista: Le malattie professionali «perdute»

Alfonso Cristaudo, 57 anni, è direttore  dell’unità operativa di Medicina preventiva del lavoro dell’azienda ospedaliero universitaria pisana. Un centro bazzicato ogni anno da centinaia di lavoratori che lavorano o hanno lavorato in aziende pisane, livornesi, del resto della Toscana e anche di altre regioni.Inail – dice l’esperto Roberto Chelucci – indennizza sola una parte delle vittime del lavoro. Quanti ne rimangono fuori?

«Le cosiddette “malattie professionali perdute” sono molte. Il sistema assicurativo nazionale riconosce quelle inserite in una black-list, che però dovrebbe essere meglio integrata. La colpa è anche di noi medici: i colleghi di medicina generale o altri  specialisti e ospedalieri hanno difficoltà a riconoscere che esiste un rapporto fra esposizioni lavorative, anche datate, e la patologia che stanno vedendo. E se non partono le denunce…»

Il dottor Cristaudo e la sua èquipe segue da tempo, in particolare, il caso di centinaia di ex esposti all’amianto. Una brutta bestia.

«Le fibre d’amianto sono causa di diverse patologie. L’asbestosi, le placche pleuriche, le pleuriti e le broncopatie asbestosiche ma soprattutto i tumori: il mesotelioma, il tumore del polmone, ma anche il tumore del colon, della laringe e altri. Queste patologie possono insorgere a distanza di anni: il mesotelioma maligno, ad esempio, può arrivare anche 40 anni dopo l’esposizione all’amianto»

A quali esami viene sottoposto un ex esposto che accetta di aderire al programma di sorveglianza sanitaria?

«La sorveglianza sanitaria consiste in un colloquio clinico, in cui informiamo il lavoratore del rischio a cui è esposto, di come egli possa prevenire malattie e complicanze (smettere di fumare, vaccinarsi ecc.). Durante la prima visita sottoponiamo il paziente ad una batteria di esami. Fra questi ricordo: una visita medica accurata a carico degli organi bersaglio, alcune prove di funzionalità respiratoria, la radiografia del torace e l’analisi sperimentale di un “marcatore” biologico nel sangue.  Se questi esame di base risultassero alterati, gli accertamenti proseguiranno con visite specialistiche (pneumologo) e altri esami specialistici (Tac, Risonanza magnetica nucleare)».

Dopo la prima visita, dovrà tornare per una seconda o una terza volta?

«La sorveglianza è periodica. Dopo un primo accesso sono previsti accertamenti successivi a distanza di uno, due o tre anni, a seconda delle condizioni di rischio e dei risultati degli accertamenti».

L’unità operativa di Medicina preventiva del lavoro dell’ospedale di Pisa è dei punti di riferimento regionale per gli ex esposti all’amianto. Quanti casi avete trattato? E cosa è emerso dai vostri accertamenti?

«Gli accertamenti hanno interessato fino ad ora oltre 800 lavoratori. Da tutte le analisi effettuate è risultato che circa il 50% di tutti coloro che si sono sottoposti ad esami presentavano patologie, più o meno gravi. Di queste la metà avevano come causa l’amianto. Per i lavoratori che sono risultati essere affetti da patologie professionali da amianto (anche nei casi più lievi) è stato inviato il primo certificato di malattia professionale all’Inail per il riconoscimento medico-legale della patologia».