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MINORI STRANIERI, RAPPORTO CARITAS/UNICEF: 491.000 IN ITALIA, MA RARI SEGNALI DI CONFLITTUALITÀ E DEVIANZA

Sono 491.000 i minori stranieri che vivono attualmente in Italia (il 17,6% della popolazione straniera), di cui 29.000 sono nuovi ingressi, e 48.000 nuovi nati. Gli adolescenti sono solo il 12,8%, ma “allo stato attuale, non sembra siano presenti in Italia segnali di conflittualità e devianza delle seconde generazioni di adolescenti, come invece è accaduto in altri Paesi europei”. E’ quanto emerge dal primo Rapporto congiunto Caritas/Unicef sui minori stranieri, presentato oggi a Roma e intitolato “Uscire dall’invisibilità. Bambini e adolescenti di origine straniera in Italia”.

Il rapporto è suddiviso in cinque aree tematiche: la presenza di minori di origine straniera nel nostro paese, l’integrazione sociale, la devianza; l’inserimento scolastico; la dimensione familiare. Il testo riporta anche approfondimenti su situazioni locali e specifiche (minori magrebini, pastori macedoni, ragazzi di strada, minori adottati, ecc). “È raro che i protagonisti di atti devianti siano giovani di origine straniera nati in Italia e cresciuti nel nostro paese – ha precisato mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana -, mentre è molto più frequente il coinvolgimento di ragazzi non accompagnati e di minori vittime di traffico, tra cui in modo particolare i minori di origine rumena, già ragazzi di strada in Romania”.

Il rapporto, ha aggiunto, nasce “dall’esigenza di avere dati non governativi, in grado di analizzare il vissuto reale dei bambini stranieri”. Il tasso di natalità degli immigrati – si legge – è circa il doppio del dato medio della popolazione italiana. Nel 2004, si sono registrate 48.384 nuove nascite da entrambi i genitori stranieri, con un’incidenza sul totale delle nascite dell’8,6%. Mentre sono 42.577 le famiglie straniere con un solo genitore, pari al 9,7% di tutti i nuclei familiari stranieri.

Nel 2002, sono stati denunciati alla Giustizia Penale Minorile 10.009 minorenni stranieri, pari al 24,6% di tutti i minorenni denunciati. La componente straniera, dopo un paio d’anni di diminuzione, appare di nuovo in aumento: erano il 22% nel 2001 ed il 23% nel 2000. Nel 2002 le denunce a carico di italiani infra 14enni costituivano il 13,4% del totale, mentre tra gli stranieri della stessa fascia d’età erano il 26,6% del totale. “Tale differenza – evidenzia il Rapporto – spesso è dovuta al peso della componente nomade tra i minori stranieri, che fa sì che nella grande maggioranza dei casi si assista ad un forte grado di recidività”.

A fronte di un consistente numero di denunce a carico di minorenni, si rileva però un numero contenuto di soggetti che giungono fino alla sentenza di condanna definitiva. Nel 2002 su 40.588 denunce a carico di minori italiani e stranieri, si riscontra un totale di 3.506 condanne, pari all’8,6% sul totale. Sono invece 5.573 i minori stranieri non accompagnati nel nostro paese, con una diminuzione del 28,7% rispetto al 2001. La regione con il numero più elevato di minori non accompagnati è la Lombardia (1.347, pari al 24,2% del totale), seguita da Lazio (913, 16,4%) e Friuli Venezia Giulia (593, 10,6%). L’80,6% dei minori non accompagnati è di sesso maschile. I minori stranieri ospiti degli istituti rappresentavano invece il 17,6% (452) del totale dei bambini in istituto.

I bambini stranieri “non nascono già malati”, non vanno spesso dal pediatra solo perché “pagano le abitudini culturali” della famiglia di origine, non è vero che hanno “corsie” agevolate di accesso agli asili nido, anzi, il più delle volte, vengono rimandati al loro Paese perché per i genitori che lavorano diventa difficile l’accudimento. Famiglie italiane e straniere si frequentano poco non a causa di barriere culturali, ma per la differenze sociali ed economiche. Sono i pregiudizi da sfatare che ha elencato mons. Vittorio Nozza, direttore della Caritas nazionale, durante la presentazione oggi a Roma del Rapporto Caritas/Unicef sull’infanzia straniera. Da studi condotti in 25 città italiane, infatti, “non sembra più rilevabile il forte gap di salute alla nascita, registrabile fino a pochi anni fa tra bambini italiani e stranieri”. Ossia non ci sono grosse differenze tra italiani e stranieri ad esempio nei nati pretermine e nei bambini con basso peso alla nascita. Semmai le difficoltà arrivano nei mesi successivi, ha detto mons. Nozza, “a causa di condizioni di vita difficile e scarsa esposizione ai raggi solari, anche delle mamme che allattano”. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria solo il 41% degli immigrati regolari con figli al seguito si rivolge al pediatra di base. Ma “non perché sono tutti irregolari – ha sottolineato -, ma perché le famiglie di origine non sono abituate ad un discorso di medicina preventiva”.

I problemi maggiori nascono nel periodo dell’accudimento: “La lista di attesa, la rigidità degli orari, le modalità di iscrizione e le difficoltà lavorative e burocratiche di molte famiglie straniere determinano comunque difficoltà nell’iscrizione all’asilo-nido, con tutti i problemi facilmente immaginabili”. Le difficoltà di accudimento ed inserimento possono dunque “spingere le famiglie ad inviare il figlio nel paese di origine”. A proposito dello scarso incontro tra famiglie italiane e straniere, mons. Nozza ha fatto notare che gli ostacoli non “sono sempre riconducibili alla presenza di barriere culturali: in molti casi, la situazione di disagio economico della famiglie straniere ostacola la frequentazione. Come ricambiare un regalo ricevuto o una festa di compleanno in casa di un compagno di classe italiano – si è chiesto – quando si vive in un monolocale seminterrato?”.

Ha denunciato invece “scarse politiche sociali ed istituzionali per i bambini e gli adolescenti stranieri in Italia” mons. Franco Montenegro, vescovo di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela e presidente di Caritas italiana. Mons. Montenegro ha ricordato l’importanza dell’infanzia straniera: perché “la presenza crescente delle famiglie e dei bambini determina una riduzione delle situazioni di clandestinità e di lavoro sommerso” e perché “impone il miglioramento delle strutture e dei percorsi di accoglienza”, come pure dei servizi sociali locali, con “ripercussioni positive sulla vita dei bambini e delle stesse famiglie italiane”. Riguardo all’immigrazione in generale, mons. Montenegro ha invitato ad evitare la “logica dell’usa e getta che ha ispirato gli aspetti restrittivi della più recente legge italiana”.Sir