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Meeting Rimini: card. Tauran, «risolvere i conflitti applicando il diritto internazionale»

«Mai abbiamo avuto un arsenale di convenzioni così complete e raffinate. Si possono risolvere tutti i conflitti applicando il diritto internazionale. Purtroppo molte volte non lo si conosce o non lo si vuole conoscere, non si vuole prendere in considerazione la storia dei popoli e la loro psicologia, passando accanto alle soluzioni. Per questo il dialogo diventa ineludibile, ma occorre molta energia e molta onestà». Lo ha detto al Sir il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, a margine della sessione inaugurale della XXXVI edizione del Meeting che si è aperto oggi a Rimini (fino al 26 agosto). Parlando sul tema «Le religioni sono parte della soluzione, non il problema» il cardinale ha ribadito che «non sono le religioni a essere presenti nei conflitti ma i loro seguaci, che sono uomini e donne macchiati dal peccato originale. La dichiarazione conciliare Gaudium et Spes dice che ci sarà la violenza fino alla fine del mondo. Dobbiamo essere capaci di gestire la violenza. Il male si vince con il bene. Far prevalere la forza della legge sulla legge della forza».

«Le religioni – ha aggiunto il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso – sono parte della soluzione e non il problema perché i conflitti hanno ragioni politiche. Non si può capire il mondo di oggi senza la religione. Questo è il grande paradosso: c’è un detto che afferma che Dio è morto ma vediamo invece che è molto presente. Mai si è parlato così tanto di Dio come oggi. È un paradosso che ci spinge a dialogare perché Dio è parte della vita dell’uomo di oggi. L’uomo, infatti, è un animale religioso». Per il porporato «il dialogo interreligioso non riposa sull’ambiguità, ma sull’identità, sul sapere chi sono, in cosa credo, sulla conoscenza della propria fede». Tre sono le sfide che cristiani, ebrei e musulmani devono affrontare: «Quella dell’identità, non si può imbastire un dialogo senza avere un’idea precisa della nostra fede. La seconda sfida è quella dell’alterità, chi prega e pensa in altra maniera non è necessariamente un nemico ma qualcuno con cui camminare insieme. L’ultima sfida, la terza, è la sincerità delle intenzioni. Non si dialoga per convertire l’altro, il dialogo può favorire la conversione ma non è lo scopo. L’obiettivo è fare un pezzo di cammino verso la verità».