Italia

Migranti: Codice di condotta, solo tre Ong sottoscrivono il documento. Contrari Medici senza frontiere e Jugend Rettet

Il documento è stato sottoscritto da Migrant offshore aid station (Moas) e Save the Children, mentre Medici senza frontiere (Msf) e la tedesca Jugent Rettet non hanno firmato. Proactiva open arms ha fatto pervenire una comunicazione con la quale ha annunciato la volontà di sottoscrivere l’accordo. Non erano presenti all’incontro Sea watch, Sea Eye, Association Europeenne de sauvetage en mer Méditerranée (Sos Méditerranée).

Ad essere contestati sono soprattutto l’impegno ad accogliere a bordo delle navi la polizia giudiziaria e quello ad evitare il trasbordo di migranti su altre navi. In una nota, il Ministero dell’interno ha fatto sapere che «l’aver rifiutato l’accettazione e la firma pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse».

Medici senza frontiere, con una nota, ha spiegato perché non ha firmato il Codice di condotta per le navi delle Ong impegnate in attività di soccorso nel Mediterraneo: «alcuni degli impegni presentati nel Codice – si legge nella nota – rischiano infatti di ridurre l’efficienza e la capacità di ricerca e soccorso attuali e di entrare in contrasto con i principi umanitari fondamentali».

Nonostante la mancata adesione al documento, Msf «continuerà a condurre le operazioni di ricerca e soccorso sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana (Mrcc) e in conformità con tutte le leggi internazionali e marittime pertinenti», spiega Gabriele Eminente, direttore generale di Msf. «Anche se non siamo nelle condizioni di poter firmare questo Codice di condotta nella sua forma attuale – aggiunge – Msf rispetta già molte delle disposizioni che non rientrano tra le nostre preoccupazioni principali, come ad esempio la trasparenza finanziaria». Per Msf – prosegue la nota – «alcuni degli impegni presentati nel Codice di condotta potrebbero ridurre l’efficienza e la capacità dell’attuale sistema di ricerca e soccorso (Sar) con gravi conseguenze umanitarie». «Alcune proposte – in particolare quella secondo cui di regola le navi impegnate in un soccorso devono sbarcare i sopravvissuti in un posto sicuro invece di trasferirli su altre navi – rappresentano limitazioni non necessarie ai mezzi che sono oggi a disposizione». Secondo l’organizzazione umanitaria, «un sistema di andata e ritorno di tutte le navi di soccorso verso i punti di sbarco comporterebbe una riduzione delle navi di soccorso presenti nella zona SAR, e questo indebolirebbe la già insufficiente capacità attuale». Msf solleva perplessità anche sulla presenza di funzionari di polizia armati a bordo delle navi.