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Mine anti persona, una bonifica ancora lenta

A 5 anni dalla sua entrata in vigore, si svolgerà dal 29 novembre al 3 dicembre, a Nairobi, in Kenya, la prima conferenza di esame della Convenzione sull’interdizione delle mine antipersona. Essa ha rappresentato una norma fondamentale del “corpus” del diritto umanitario internazionale e un esempio di solidarietà internazionale. La Conferenza sarà presieduta dal Rappresentante permanente dell’Austria presso l’Onu a Ginevra, Wolfgang Petrisch. In questa occasione verrà adottata una ‘dichiarazione’ politica e un piano di azione diretto a rafforzare il processo per il conseguimento degli obiettivi della Convenzione.

Un po’ di storia. La Convenzione è stata aperta alla firma nel dicembre del 1997, alla conclusione del processo di Ottawa. Quest’ultimo traeva spunto da una risoluzione dell’Onu, approvata all’unanimità, che sollecitava un impegno preciso per raggiungere un accordo internazionale che vieti l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento delle mine antipersona.

Questo processo è stato caratterizzato da una notevole rapidità (poco più di un anno) e dal coinvolgimento di più 100 Stati tra i quali non erano presenti Cina, Russia, India, Iraq e Libia mentre gli Usa si sono ritirati a metà cammino. In poco tempo, dunque, grazie alla mobilitazione delle Ong e dell’opinione pubblica mondiale la Convenzione è diventata una norma fondamentale del diritto umanitario internazionale. Nel 1997 la Campagna internazionale delle Ong per il bando delle mine antipersona ha vinto il premio Nobel per la pace. Celeri sono stati anche i tempi per l’entrata in vigore della Convenzione: 1 marzo 1999. La Santa Sede è stato il terzo Stato a ratificarla, firmata il 4 dicembre 1997 e ratificata il 17 febbraio 1998. Al 1° di settembre 2004 erano 141 gli Stati parte della Convenzione.

Contenuti della Convenzione. L’obiettivo della Convenzione è la proibizione dell’uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento delle mine antipersona e la loro distruzione. Tra gli obblighi principali a cui gli Stati devono sottostare c’è quello della distruzione delle mine immagazzinate entro 4 anni dall’entrata in vigore della Convenzione. Sono stati 116 i Paesi che hanno distrutto il proprio stock di mine antipersona, pari a 31 milioni di ordigni. Lo sminamento completo è previsto entro 10 anni dall’entrata in vigore (un solo Paese, la Costa Rica, ha dichiarato di averlo completato).

Gli Stati firmatari della Convenzione hanno anche l’obbligo di reciproca assistenza finanziaria e tecnica per conseguire gli obiettivi della Convenzione insieme all’obbligo di redigere un rapporto annuale sull’implementazione della Convenzione.

Sono circa 20 i Paesi (soprattutto in Africa e in Asia) che registrano un gran numero di vittime delle mine antipersona e che dovranno compiere un grande sforzo per curare, riabilitare e reintegrare le stesse vittime. A riguardo la Convenzione contiene una triplice definizione della vittima che include gli individui direttamente colpiti, le loro famiglie e le comunità coinvolte. Tuttavia è da notare che dal 2002 si registra una diminuzione dei fondi assegnati all’assistenza delle vittime, che sono il 22% di quanto destinato al problema delle mine antipersona.

SANTA SEDE E CONVENZIONE. A Nairobi sarà presente anche un rappresentante della Santa Sede che porterà un messaggio di sostegno del Pontefice. Nell’Angelus del 28 febbraio 1999 – vigilia dell’entrata in vigore della Convenzione – Giovanni Paolo II ricordò “il lungo cammino” ancora da percorrere per liberare l’umanità dai rischi delle mine. Tre le sfide indicate: ‘universalizzazione della Convenzione’. Nel mondo restano ancora 230 milioni di mine. Il 90% di queste si trovano in Stati non parte come Usa, Cina, Russia, India, Pakistan, Israele che spesso hanno sottolineato il ruolo di legittima difesa delle mine; ‘l’assistenza alle vittime’.

Sono 15 mila le vittime ogni anno e decine di migliaia quelle ferite e rese disabili; ‘il processo di sminamento’. Se il processo di distruzione dello stock di mine avviene con un certo rispetto delle scadenze fissate dalla Convenzione, stessa cosa non si può dire per il processo di sminamento che richiede risorse tecniche e finanziarie di una certa entità. Va infatti detto che non vi è facilità nel trasferimento di tecnologie nel campo dello sminamento a causa degli interessi nazionali per avere l’esclusiva di tali tecnologie.

Per la Santa Sede la Convenzione ha un carattere umanitario e non ha solo il valore di Trattato. Per questo si è sempre impegnata, anche attraverso le Ong cattoliche, affinché alle vittime venga garantita l’integrazione socioeconomica, la società civile venga sensibilizzata al problema anche con iniziative di solidarietà. Il 28 novembre, giorno prima dell’inizio dell’incontro di Nairobi, infine, verrà celebrata una messa a ricordo di tutte le vittime delle mine.