Italia

Morta dopo aborto: Gigli (Mpv), «evidente la caccia agli obiettori di coscienza»

I familiari della donna hanno affermato che il medico di servizio all’ospedale Cannizzaro di Catania si sarebbe rifiutato di intervenire perché obiettore di coscienza. Circostanza decisamente smentita  dal direttore generale dell’ospedale Cannizzaro, Angelo Pellicanò. «Non c’è stata alcuna obiezione di coscienza da parte del medico – ha osservato – perché non c’era un’interruzione volontaria di gravidanza, ma obbligatoria e chiaramente dettata dalla gravità della situazione. Escludo che un medico possa aver detto quello che sostengono i familiari della povera ragazza morta, che non voleva operare perché obiettore di coscienza. Purtroppo nel caso di Valentina è intervenuto uno choc settico e, quindi, nello spazio di 12 ore la situazione è precipitata». Sulla vicenda la magistratura ha aperto un’inchiesta e il Ministro della salute ha inviato i suoi ispettori.

«La caccia agli obiettori di coscienza è ormai tra gli sport preferiti di alcuni media e di alcuni politici del nostro Paese. La tragedia di Catania è solo l’ultimo caso, ma basta guardare cosa avviene in molte aziende sanitarie, dove i medici obiettori vengono discriminati nell’accesso alla professione o nelle carriere, attraverso concorsi riservati per non obiettori». Lo ha detto Gian Luigi Gigli, capogruppo di ‘Democrazia Solidale-Centro Democratico’ in Commissione Affari Costituzionali della Camera e presidente del Movimento per la Vita Italiano, nell’aprire a Bibione i lavori del 36° Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita e delle Case di accoglienza per le gestanti in difficoltà. Il Convegno è stato preceduto da un incontro dei responsabili della Rete europea dei Centri di aiuto alla vita e della rete americana di Heartbeat International. Gigli ha invitato gli oltre 500 volontari presenti «a essere consapevoli della propria identità e a costruire unità per rendere più efficace la missione accoglienza che ci caratterizza». «Con la testimonianza delle opere – ha concluso Gigli – dobbiamo generare per tutta la società un futuro alternativo alla cultura dello scarto che non riconosce significato alla vita dei nascituri, dei disabili, dei profughi, dei morenti. In quest’opera dobbiamo costruire alleanze con tutti coloro a cui sta a cuore il destino dell’uomo e il futuro della democrazia in Italia».

Sulla vicenda interviene anche l’Associazione medici cattolici italiani, riunita a Roma in occasione del convegno su «Fragilità e dolore nel contesto giubilare della misericordia», in corso all’Università Urbaniana. L’Amci, si legge in una nota, è «da sempre impegnata a sollecitare i medici ad esercitare l’obiezione di coscienza come esercizio di un diritto di valore costituzionale recepito nel codice di deontologia medica» e, in relazione a quanto avvenuto a Catania, «ritiene doveroso ribadire che non può essere invocata l’obiezione di coscienza quando la donna versa in pericolo di vita». Un’ipotesi, ricorda Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici, «prevista nell’ultimo comma dell’art. 9 della legge 194». «Di fronte al pericolo di morte della madre – conclude Boscia -, deve scattare l’obbligo grave e irrinunciabile per il medico di fare tutto il possibile per salvarla».