Italia

POVERTÀ IN ITALIA: RAPPORTO CARITAS/ZANCAN, POLITICHE ASSISTENZIALI UNA SCONFITTA

La lotta alla povertà in Italia è stata in questi anni una “sconfitta”, per via di “una logica perversa di un assistenzialismo” che sta dando “risultati scarsi”. Nel Sud d’Italia la povertà è infatti quattro-cinque volte maggiore rispetto al Nord, un divario che “non ha corrispondenti in Europa”, con un aumento complessivo del 20% delle persone che chiedono aiuto ai Centri di ascolto (più 10% di italiani dal 2007 al 2008): è quanto emerge dal IX Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia a cura di Caritas italiana e Fondazione Zancan, presentato oggi a Roma. Nella prima parte del rapporto viene evidenziato lo squilibrio tra Nord e Sud Italia in termini di spesa e di interventi per l’assistenza sociale e, quindi, per la povertà. Nel 2005, ad esempio, “i comuni hanno speso 5,7 milioni di euro per l’assistenza sociale, cioè 98 euro per ogni abitante; di questa spesa, il 7,4%, pari a 423 milioni di euro, è stato destinato a contrastare la povertà” ossia 7,22 euro per ogni abitante. “Si va da un minimo regionale di 1,91 euro a un massimo di 21,75 euro, cioè 11 volte di più”. L’”anomalia tutta italiana” è, secondo il rapporto, “che si spende di più per contrastare la povertà nelle regioni laddove ci sono meno poveri”, ad esempio in Trentino Alto Adige.Anche quando s’investe per combattere la povertà, “si tende a dare soldi piuttosto che fornire servizi durevoli nel tempo, piccoli benefici economici che sono solo un palliativo e non la soluzione al problema povertà”. “Ciò porta gli enti pubblici a investire cifre molto alte per dare una piccola risposta a molti” osserva il rapporto, citando i “192 milioni di euro spesi per la carta acquisti, l’abolizione dell’Ici e il bonus elettrico” per cui “solo 91 mila famiglie, su un milione, non sono più povere in senso assoluto”. Tali dati – si legge – “danno l’idea di un’Italia che non sa affrontare la povertà come si dovrebbe, se si considera che altri paesi investono di più e con migliori risultati”. In Italia, infatti, “si riesce a ridurre la povertà delle famiglie con bambini solo dell’1,7% contro una media dei Paesi Ocse del 40% (in Francia al 73% e in Danimarca si arriva all’80%)”. In questa situazione chi ci rimette di più sono le famiglie povere o a rischio di impoverimento, “il cui numero è sensibilmente cresciuto a causa della crisi economica che attanaglia il Paese”. Secondo le rilevazioni nei Centri di ascolto Caritas, ai quali nel 2007 si sono rivolte oltre 80.000 persone (il 70,3% sono stranieri), il 7,7% del totale (5 mila famiglie) dichiara problemi di “reddito insufficiente rispetto alle normali esigenze della vita”.La metà (52,8% dei casi) delle “nuove famiglie povere” italiane non si rivolgono alla Caritas per “orgoglio”, “vergogna” o “dignità”, denuncia il Rapporto Caritas/Zancan, insieme ad altri gravi rischi derivanti dalla crisi e dall’impoverimento delle famiglie. Nel Mezzogiorno l’incremento del “rischio usura” dato dal “sovraindebitamento delle famiglie, il difficile accesso al credito, il crollo della borsa, il boom delle carte di credito revolving e del gioco d’azzardo, la rateizzazione delle imposte, rischiano di far scivolare migliaia di famiglie nella rete dell’usura”. E le “ripercussioni sul diritto allo studio: la crisi economica e reddituale delle famiglie si scaricherà con ogni probabilità sugli studi universitari dei più giovani: vi è il concreto rischio, nel medio lungo periodo, di una ricaduta ‘classista’ sugli studi, con conseguenze pesantissime sulla ‘coesione sociale’ e sulla ‘mobilità sociale’ delle nuove generazioni”. Le interviste con gli operatori di Centri di ascolto hanno segnalato anche il fenomeno delle “povertà sommerse”. Si segnala l’assenza soprattutto degli italiani (48%), degli anziani (17%), delle famiglie italiane “sovra indebitate” o vittime dell’usura (10,2%), delle persone in situazione di solitudine, dei malati psichici e dei tossicodipendenti (7,1%), delle situazioni di povertà estrema e assoluta (4,7%).“Fare della social card l’unico veicolo di immissione e utilizzo dei trasferimenti monetari, non solo pubblici (ai diversi livelli) ma derivanti anche dalla solidarietà privata”. E’ la proposta contenuta nel IX Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia, presentato oggi a Roma. “Cosa impedirebbe che oltre allo Stato anche i comuni, i centri di ascolto delle Caritas, delle San Vincenzo… possano caricare soldi, veicolandoli in un unico contenitore? È necessario aumentare la possibilità di controllo delle quantità monetarie immesse per meglio monitorare l’utilizzo di tali trasferimenti e verificare le condizioni di efficacia dell’aiuto prestato. Mettere soldi nello stesso canale può significare meno perdite, meno sprechi, maggiore controllo e soprattutto maggiore aiuto”. Anche gli assegni familiari, per i quali sono stati spesi nel 2008 circa 6.607 milioni di euro per far arrivare più di 10 euro al mese per ogni beneficiario sono, secondo Caritas e Zancan “un grande investimento per un piccolo risultato”. La strada proposta nel Rapporto 2009 è “trasformare gli attuali trasferimenti monetari (o parte di essi) in servizi da erogare alle famiglie a basso reddito con figli, a titolo gratuito o con una significativa riduzione del costo di fruizione”.Sir