Italia

RAPPORTO EURISPES: PESSIMISMO IN CRESCITA E POVERTA’ FLUTTUANTE

“Il 52% della nuova occupazione, in gran parte giovanile, creata tra il 2002 e il 2003, è atipica e per la prima volta nel nostro Paese i nuovi lavoratori portano i caratteri di una precarietà e di una incertezza che di fatto non trovano sostegno nel sistema previdenziale, né in quello creditizio, né in quello professionale”: lo dice il “Rapporto Italia 2005” dell’Eurispes, presentato questa mattina a Roma dal suo presidente, Gian Maria Fara. Intitolato “L’Italia alla ricerca di un progetto”, il rapporto è dedicato ai temi che più preoccupano oggi nel nostro paese: la perdita di potere d’acquisto degli stipendi, una crescente povertà anche tra i ceti medi, i giovani che non riescono a trovare se non lavori saltuari e poco qualificanti.

“Nel 2005 diminuisce ulteriormente la fiducia dei cittadini rispetto alla situazione economica del Paese: il 54% degli italiani si dichiara fortemente pessimista”: è questo uno dei primi tratti indicativi del clima sociale italiano, secondo l’Eurispesk, con la percezione altissima (96,7%) dell’aumento dei prezzi, “un sentimento di delusione dell’elettorato verso la politica economica del Governo”, un aumento altrettanto rilevante delle “paure”, quali il terrorismo, il rischio di perdita del lavoro, la criminalità organizzata, la “lesione del diritto alla salute”.

Tra gli elementi sociali che “tengono”, l’Eurispes cita la Chiesa, verso la quale comunque la fiducia è leggermente diminuita: dal 68,3% dello scorso anno al 62,8%. Cala anche la fiducia nei sindacati (dal 32,1% al 22,8%), nella pubblica amministrazione (dal 28,7% al 22,8%), nei partiti (dal 13,6% all’8,8%). L’allarme più rilevante è sulla povertà in aumento: l’Eurispes ha calcolato che oltre 4,7 milioni di famiglie (cioè il 22% del totale) e oltre 14 milioni di persone “siano sicuramente poveri o quasi poveri”. Nella “società del rischio” – aggiunge il rapporto – è possibile individuare un nuovo attributo per la povertà, ossia “fluttuante”, volendo indicare con questo termine una “precaria condizione socio-economica, culturale e assistenziale”. “Il lavoratore a tempo determinato è una metafora del nostro Paese. L’Italia dei lavoratori a progetto è, paradossalmente, un Paese senza un progetto, incagliato nel quotidiano. La questione lavoro deve diventare prioritaria. La stabilità del lavoro e delle professioni è un prerequisito essenziale per lo sviluppo e la crescita dell’economia nel suo complesso”: è questo – ad avviso del presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara – il punto centrale dell’odierno dibattito sul percorso di sviluppo del nostro paese. L'”instabilità” odierna è dovuta a molti fattori, analizzati nel rapporto presentato questa mattina a Roma.

Dalla perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni (del 23,9% per gli impiegati al 20,4% per gli operai, ecc.) all’avvento di quella che il rapporto chiama la “povertà in giacca e cravatta”. “Non è raro – dice il rapporto a questo riguardo – che sempre più spesso gli ‘utenti’ dei centri Caritas appartengano a classi sociali tradizionalmente lontane dalla fruizione dei servizi di assistenza. Non è raro infatti che nelle mense o presso i centri di ascolto della Caritas si incontrino soggetti ‘normali’ appartenenti ad un ceto medio che arranca: sono per lo più persone che hanno perso un reddito e un lavoro, magari precario, e si ritrovano in condizioni di estremo disagio”. Tutto ciò è dovuto, tra l’altro, al fatto che nel nostro Paese “l’economia è ferma, la fiducia dei consumatori e delle imprese è ai minimi storici, la domanda è insufficiente, si assiste al ritorno di pericolose forme di disuguaglianza sociale, economica e culturale”. Oltretutto – ha denunciato Fara – “l’evasione fiscale ha ormai raggiunto i 134 miliardi di euro documentati nel 2004 e secondo le nostre previsioni arriveranno a circa 145 nel 2005”. Il rischio è che passi la considerazione che sommerso ed evasione fiscale abbiano una propria “valenza funzionale” (ormai sono vicini al 28% del Pil) “considerandoli come elementi positivi e necessari a sostenere il normale funzionamento della trama economica”.

Da tutto questo deriva “un’Italia a propulsione segmentata” con settori che tirano e “assorbono come un’idrovora gli elementi e le risorse disponibili” dando allo sviluppo territoriale i caratteri della “straordinaria casualità e indefinitezza”. Con questi tratti il nostro Paese – secondo l’Eurispes – rischia di avere una “dissolvenza delle identità”, disperdendo il proprio patrimonio industriale e affidandosi al caso e alle spinte del momento. Il rapporto dedica attenzione anche al tema del federalismo (che comporta “un costo, dovuto alla duplicazione degli apparati burocratici, stimabile in 30-40 miliardi di euro”), all’Unione Europea (con “tre italiani su quattro ottimisti o fiduciosi nei confronti del processo di unificazione”), alle “famiglie digitalizzate” (con un aumento di spesa per apparati tecnologici del 22% all’anno). L’auspicio finale del rapporto è che la nostra classe dirigente si impegni “per essere all’altezza delle sfide e delle attese”.Sir

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