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RAPPORTO ISTAT: FORTI DISEGUAGLIANZE DEI REDDITI, GIOVANI E ANZIANI TRA I PIU’ PENALIZZATI

Forte la disuguaglianza dei redditi nel nostro paese, maggiore a quella dei principali paesi europei, ma inferiore a quella di Stati Uniti e Regno Unito. È il Mezzogiorno a mostrare il grado maggiore di disuguaglianza al suo interno, dipendente più dalle differenze interne ai gruppi di famiglie e alle ripartizioni, soprattutto da Sud e Isole, che dal divario tra i redditi medi. E’ quanto emerge dal Rapporto annuale Istat sulla situazione del Paese nel 2005 presentato oggi alla Camera dei deputati. Illustrando le varie forme di precarietà l’Istat elenca 4 gruppi di soggetti più a rischio di vulnerabilità sociale: i lavoratori a basso reddito e gli anziani. I giovani con difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e a fermarvicisi stabilmente; i gruppi di lavoratori con bassi livelli di istruzione o che non possono valorizzare il loro capitale umano. l’associarsi di queste condizioni individuali con aree di disagio familiare e di contesto territoriale possono portare a povertà e deprivazione materiale.È bassa l’incidenza del lavoro a termine e si possono riscontrare due tipologie: giovani con alti livelli di capitale umano individuale e/o familiare, cha hanno maggiori potenzialità occupazionali e tutele per il futuro, e giovani con livelli di istruzione ed esperienze lavorative meno spendibili sul mercato del lavoro e che vivono in contesti familiari più precari.

Secondo il Rapporto la struttura di reddito familiare più diffusa è quella in cui il titolare è pensionato (20,6%), al secondo posto quella di chi percepisce un reddito da lavoro dipendente (15,3%), poi quelle con 2 o più percettori di reddito da lavoro dipendente (13,4%), quelle con 2 o più percettori da soli trasferimenti pubblici (11,2%). Dai dati emerge anche che sono stati 4,2 milioni i percettori di basso reddito da lavoro, in media soli 507 euro al mese, e 2,4 milioni di loro lavorano 30 o più ore a settimana. 1,5 milioni vivono in famiglie che soffrono di disagio economico, e si tratta soprattutto di giovani con redditi da lavoro autonomo e dipendenti con orari full time e a tempo determinato. Il fenomeno riguarda maggiormente le donne (28% contro il 12 degli uomini), i giovani sotto i 25 anni (36%), le persone con livello di istruzione inferiore alla licenza media (32%) e i lavoratori del settore privato (21% contro il 5 degli impiegati del settore pubblico). Sono i redditi da pensione una fonte importante ma sono forti le differenze: gli importi maggiori – pensioni di anzianità e di vecchiaia – sono al Nord e permettono anche trasferimenti all’interno della famiglia. Nel Mezzogiorno, invece, se sono soli, i redditi da pensione portano a situazioni di povertà. La casa rappresenta un fattore di protezione sociale per gli anziani. Per i giovani invece il costo dell’abitazione costituisce un peso rilevante in oltre il 30% dei casi.

Si concentra nel Mezzogiorno la povertà relativa (determinata da un valore convenzionale del livello di spesa per i consumi), e inoltre nelle famiglie numerose, tra gli anziani soli, nelle famiglie dove ci sono disoccupati. Sono quattro i gruppi di famiglie povere: le coppie anziane (circa il 33%), le donne anziane (20%), le famiglie con persona in cerca di occupazione nel Mezzogiorno (circa 8%) e le famiglie con lavoratori a basso profilo professionale (quasi il 40%). Sono deprivazione materiale e insicurezza i risultati del disagio economico: sono infatti il 7,5% le famiglie che hanno difficoltà nel consumare un pasto adeguato ogni due giorni, oltre il 30% quelle che hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese con il reddito e oltre 30% quelle che non riescono a fare fronte a spese impreviste dell’ordine di 1.000 euro; anche tra queste le più rappresentate sono le famiglie di giovani con redditi da lavoro autonomo, le famiglie numerose e quelle residenti nel Mezzogiorno. La presenza di reddito per entrambi i coniugi riduce il rischio di disagio, ma si riscontra pressione nei tempi di vita quando la rete dei servizi sociali è più debole, soprattutto nel Mezzogiorno.

Secondo i risultati dell’indagine sul reddito e le condizioni di vita contenuta nel Rapporto Istat, il 5,3% delle famiglie dichiara di avere scarse risorse per comprare il cibo, l’8,0% per il trasporto, il 12,2% per pagare le cure in caso di malattia e oltre il 13% per le tasse e per acquistare i vestiti necessari. Altre difficoltà si dichiarano anche per arretrati con il pagamento dei debiti per acquisto di mobili o altri beni a rate (14,4% delle famiglie), con le utenze (9%), con l’affitto o il mutuo (3,8%). A livello di territorio sono le famiglie del Mezzogiorno e quelle residenti nelle periferie delle aree metropolitane a mostrare le percentuali di disagio maggiore; a livello di tipologia sono le famiglie con figli minori e quelle composte da persone sole più spesso associate a condizioni di disagio e più esposte a ritardi nei pagamenti. Dal Rapporto emerge anche che cresce e si trasforma la domanda di protezione sociale. Tra i motivi: i bisogni derivati dalla crescita della popolazione immigrata. Se il valore medio per abitante in Italia supera di poco i 3 mila euro annui, i valori maggiori si trovano nelle regioni centro-settentrionali e quelli più bassi al Sud. Anche nella sanità emergono modelli differenziati: minore ospedalizzazione, in Sicilia e Campania prevale il modello dell’offerta in convenzione pubblico-privato, nelle aree metropolitane è forte la presenza di grandi ospedali. Sir