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Referendum, seminario di Retinopera e Cnal: le ragioni del sì e quelle del no

«Non prendiamo posizione per il sì o per il no – ha spiegato Miano introducendo l’incontro – ma vogliamo proporre un momento di informazione e di riflessione, elementi di cui c’è un grande bisogno in vista di un appuntamento così importante, che richiede un esercizio di responsabilità personale. Il referendum sulla riforma costituzionale, infatti, non può essere affidato agli slogan o a valutazioni di tipo partitico, ma richiede a tutti uno sguardo ampio e lungimirante».

Perché sì: Ceccanti, le due scelte qualificanti della riforma costituzionale.  «Si vota pro o contro la riforma costituzionale, non sul governo o sui partiti», per cui è importante informarsi bene sui contenuti e non dare «un voto fideistico o di appartenenza», ha detto Stefano Ceccanti, ordinario di diritto pubblico comparato all’Università La Sapienza. Secondo Ceccanti, la riforma risponde innanzitutto all’esigenza di superare il rischio costante (dal ‘94 in 4 consultazioni elettorali su 6) di avere nei due rami del Parlamento maggioranze diverse, esigenza che si è manifestata in modo «quasi drammatico» dopo le ultime elezioni politiche, quando non si riusciva né a fare il governo né a eleggere il presidente della Repubblica. Il superamento del «bicameralismo perfetto» è quindi una scelta qualificante della riforma, che assegna alla sola Camera il potere di dare la fiducia al governo. Evitare che il Senato sia un «inutile doppione», come ha sostenuto Ceccanti citando il costituzionalista Costantino Mortati, conferisce all’esecutivo una stabilità sempre più necessaria anche a livello internazionale e interviene alla radice sul «livello di follia» che è stato raggiunto dal nostro iter formazione delle leggi.

Ma allora perché non abolire del tutto il Senato? La spiegazione di Ceccanti è che sia fondamentale avere un’assemblea in cui siano rappresentati i legislatori regionali (come diventerebbe il Senato con la riforma ) e che riduca drasticamente il contenzioso con lo Stato. «Sembra una questione molto tecnica – ha osservato il giurista – ma bisogna tener conto che questo contenzioso impegna il cinquanta per cento dell’attività della Corte costituzionale e crea una prolungata incertezza nell’applicazione delle leggi».

Perché no: Mirabelli, i cinque punti problematici della riforma costituzionale . La riforma costituzionale non risolve i principali problemi per cui è stata pensata, problemi che potevano essere affrontati efficacemente con altri strumenti. È questo il senso complessivo dell’intervento di Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale.

Secondo Mirabelli, il problema dei tempi del procedimento legislativo non è legato inevitabilmente al «bicameralismo paritario» ma dipende soprattutto dalla volontà politica. E la «soluzione ibrida», che la riforma adotta per il Senato, non supera del tutto l’attuale assetto e apre la porta al rischio di un’«opposizione istituzionale» da parte dei rappresentanti delle Regioni. Quanto alla stabilità dei governi e al loro prestigio internazionale, Mirabelli afferma che dipendono dalla legge elettorale e dalle condizioni politiche reali, che non sono materia costituzionale. Così pure l’esigenza di tempi certi per l’approvazione delle leggi può essere garantita attraverso i regolamenti parlamentari. Sul rapporto Stato-Regioni, Mirabelli si dice convinto che la riforma non risolverà il problema del contenzioso. Il quinto tema è quello del rischio che «forze politiche antisistema possano avere strumenti per la conquista del potere». Il presidente emerito della Consulta tiene a sottolineare che questo rischio oggi non sussiste, né è direttamente agevolato dalla riforma, ma «qualche indebolimento c’è» e siccome le Costituzioni restano in vigore per tempi lunghi è necessario tenerne conto. Mirabelli ha concluso auspicando che il tempo che ci separa dal referendum possa essere utilizzato per un approfondimento serio e documentato che eviti «le impostazioni emotive e sloganistiche».